Sicurezza sul lavoro a Messina: nei cantieri edili si continua a rischiare la vita

Sicurezza sul lavoro a Messina: nei cantieri edili si continua a rischiare la vita

Sicurezza sul lavoro a Messina: nei cantieri edili si continua a rischiare la vita

venerdì 21 Dicembre 2007 - 14:05

Dalla nostra inchiesta fotografica emerge un quadro allucinante: norme non rispettate, cantieri irregolari, operai che fanno gli equilibristi a decine di metri d'altezza. Le considerazioni di Bernava (Cisl)

Tavole di legno posizionate alla meno peggio, ponteggi instabili, protezioni precarie se non inesistenti, operai a decine di metri d’altezza senza imbracature e senza casco, costretti a fare gli equilibristi, interi cantieri assolutamente fuori legge. Il quadro che emerge da un nostro reportage fatto per le vie della città, visibile nella photogallery allegata, è allucinante, da allarme rosso: non esiste sicurezza lavorativa nella stragrande maggioranza dei cantieri edili. Con il rischio quotidiano e costante che ci scappi il morto. Il tema è dei più delicati, e ha radici precise: nel sacco edilizio che sta stravolgendo la città, nel bisogno della gente di avere un lavoro, e nella conseguenza più immediata di tutto questo, ovvero nella necessità di cedere al ricatto di condizioni lavorative al limite pur di portare a casa lo stipendio.

Il risultato è una città disseminata di cantieri non a norma, nei quali la legge sulla sicurezza sul lavoro non si sa nemmeno cosa sia, e gli operai rischiano la propria incolumità giorno dopo giorno. Abbiamo sfogliato il nostro reportage insieme a Maurizio Bernava, segretario provinciale della Cisl, il quale riconosce come la situazione sia proprio quella fotografata: semplicemente drammatica.

Alcune delle persone da voi immortalate – ci spiega Bernava – non potrebbero nemmeno stare lì, e anche quelli che potrebbero, non sono imbracati e dunque a norma. Alcuni di questi cantieri sono completamente fuori legge, nessuno ha il casco, questi sono proprio i classici esempi di lavoratori a rischio, perché il 70 per cento delle morti in cantieri edilizi avviene per caduta dall’alto. In una foto ci sono delle assi d’acciaio sollevate da una gru, ma sono imbracate male. Nessuno, tra l’altro, potrebbe stare nell’area di manovra di una gru, mentre nella foto vediamo che chi c’è non ha nemmeno il casco di protezione». In un’altra immagine una gru tocca e quasi trascina con sé un filo elettrico, in altre ancora si nota come manchino del tutto i ponteggi, mentre quelli che ci sono per la maggior parte sono irregolari, perché troppo bassi o perché realizzati in misura minore rispetto a quanto previsto dalla legge. In alcuni casi si può parlare anche di incoscienza degli operai stessi: come si evince dalle foto, i lavoratori non si fanno scrupolo ad affacciarsi senza alcuna protezione o addirittura a fare gli equilibristi sul solaio di un tetto spiovente, privi della minima imbracatura.

«Su questa terrazza – dice Bernava indicandoci un’altra foto – c’è persino il tavolo dove si lavora il legno a pochi centimetri dal bordo della stessa. Cose del genere non le si vede nemmeno in Kenia». Bernava è duro con i responsabili di tutto questo, che prima di ogni cosa sono i datori di lavoro e i titolari delle ditte. «Il problema è che molti di questi cantieri non sono nemmeno affidate ad imprese, perché il sistema è fitto e contorto, ed è anche questo frutto di un autentico scempio edilizio che ha coinvolto Messina». I riferimenti normativi d’altronde sono più che precisi, su tutti la legge 123 del 3 agosto 2007 e soprattutto il decreto legislativo 464 del 14 agosto 1996 sulle “direttive concernenti le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei e mobili-. Direttive seguite con superficialità, se non del tutto ignorate. «La legge – sottolinea Bernava – prevede la presenza di un coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ma anche di esecuzione. Inoltre si specifica che le responsabilità sono anche del committente dell’opera edilizia, sia esso un privato o un ente pubblico». Precise anche le sanzioni previste, da una minima pena amministrativa ad un massimo di quattro mesi di prigione. «Senza contare che andrebbero sospese le attività, chiusi i cantieri, e in certi casi andrebbero colpevolizzati quei dirigenti comunali che permettono certe concessioni edilizie». Il segretario provinciale della Cisl non usa mezzi termini: «Chi fa lavorare gli operai in queste condizioni andrebbe accusato di tentato omicidio».

(foto a cura di Dino Sturiale)

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