Da giovedì alla Sala Laudamo il romanzo tragicomico di una telefonista precaria da call center

Da giovedì alla Sala Laudamo il romanzo tragicomico di una telefonista precaria da call center

Da giovedì alla Sala Laudamo il romanzo tragicomico di una telefonista precaria da call center

mercoledì 01 Aprile 2009 - 08:48

Lo spettacolo rientra nell’ambito della rassegna “Paradosso dell’autore” a cura di Dario Tomasello

Dal 2 al 5 aprile sarà in scena alla Sala Laudamo – nell’ambito della rassegna dedicata alla nuova drammaturgia “Paradosso sull’Autore” a cura di Dario Tomasello – Il mondo deve sapere – romanzo tragicomico di una telefonista precaria (dal libro omonimo di Michela Murgia da cui Paolo Virzì ha tratto il suo film Tutta la vita davanti). Il progetto è stato voluto e adattato da Teresa Saponangelo (in tv ne La squadra e tante altre fiction) con la collaborazione di Gianluca Greco e David Emmer, quest’ultimo anche regista dello spettacolo. In scena, con la stessa Teresa Saponangelo, sono Fortunato Cerlino e Carmine Borrino.

Il mondo deve sapere è il diario in presa diretta di un mese vissuto nell’inferno del telemarketing raccontato in modo divertente ed ironico. Partendo dall’esperienza privata in un call center, si arriva a parlare più in generale di un modello lavorativo che, soltanto in Italia, impiega quasi 200.000 persone. Per lo più donne, vincolate da un contratto capestro. Donne di tutti i tipi, che spesso si vergognano di dire agli amici e conoscenti che tipo di lavoro fanno, che si danno da fare nell’ombra di un ufficio piccolissimo, suddiviso in postazioni piccolissime, all’incirca la metà di un banco di scuola, dove c’è spazio solo per un pc ed un telefono, con la faccia rivolta-schiacciata-ad un muro, messe tra loro in competizione, divise solo da un sottile pezzo di compensato. Un ambiente claustrofobico, che tanto ricorda le batterie dei polli di allevamento, dove le operatrici offrono buoni omaggio alle casalinghe, sperando che poi i venditori riescano ad appioppare alle sventurate signore un elettrodomestico. La parola è lo strumento e la chiave di volta delle ‘lavoratrici precarie’ ma è la violenza delle parole a essere messa in scena.

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