Dalla Wicca alla Dea Madre, buona Candelora ai messinesi

Dalla Wicca alla Dea Madre, buona Candelora ai messinesi

Daniele Ferrara

Dalla Wicca alla Dea Madre, buona Candelora ai messinesi

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sabato 08 Febbraio 2020 - 08:15

Origini e tradizioni della festa della Candelora

Pochi giorni fa è stata la Candelora, o, come viene chiamata in ambito cattolico, Festa della Presentazione al Tempio. Parliamo delle origini, di qualche tradizione nostra, e d’una morale.

La Festa della purificazione

Inizialmente nella liturgia cristiana questa era la Festa della Purificazione della Beata Vergine, ossia la commemorazione di quando Maria, essendo divenuta impura a causa del sangue durante il parto (secondo l’antica credenza ebraica) si purificò. Solo da poco tempo, e da ciò il nome liturgico, si festeggia piuttosto la presentazione del neonato Gesù al Tempio del Signore in Gerusalemme conforme alle disposizioni della Torà. Eppure, proprio nelle candele benedette che dànno il nome alla solennità si rivela un elemento che le sgancia dal significato cristiano.

Giunge un po’ in ritardo l’articolo, ma la Candelora di cui noi parliamo non è strettamente quella cattolica, ma quella più antica, che si dispiega a metà del mese; perciò facciamola durare una settimana, anche di più, perché se davvero concentriamo tutto in un solo giorno, possiamo bellamente scordarci di adempiere alla purificazione auspicata.

Dalla wicca alla dea Madre

Anche questa, è una festa antichissima che precede il Cristianesimo, nonché una delle otto fondamentali festività oggigiorno osservate da buona parte delle religioni neopagane. In particolare, nella Wicca – che raccoglie svariate tradizioni religiose in una – è uno degli otto Sabba (e uno dei quattro maggiori) con il nome gaelico Imbolc, originatosi dal Druidismo, variamente interpretato come “nel ventre” riferito alle pecore gravide che devono partorire, oppure “latte di capra” o come la “geminazione” delle piante. È una festa riferita alla femminilità: la gestazione delle pecore può essere teologicamente spiegata come la gravidanza della Dea Madre (della quale Maria è l’incarnazione cristiana), che nel suo utero sta producendo i nuovi frutti che in primavera inizieranno a spuntare, intendendosi sia quelli materiali che quelli immateriali. Questa festa è distante da noisolo geograficamente, tant’è che l’Imbolc e la Candelora cadono sostanzialmente nella stessa data: l’1 e il 2 Febbraio (nell’Emisfero Boreale).

Nell’antichità

Presso di noi, la radice era un’arcaica festa romana in onore d’una Giunone-Februa, l’1 Febbraio, ma tutta la prima metà del mese aveva funzione catartica e, infatti, il nome della Candelora deriva da un uso delle Februalia e Lupercalia, le feste italiche in onore rispettivamente di Februo e Febre – dio e dea di malattia/morte e cura/rinascita (che dànno il nome a Febbraio, Februarius) – e di Fauno o Luperco, dio della campagna e degli armenti; esse coincidevano e si svolgevano nei giorni 13, 14 e 15 di Febbraio. Considerato che il nuovo anno iniziava a Marzo, queste festività avevano (e teoricamente hanno ancora) caratteristiche tipiche della fine dell’anno e prevedevano complesse purificazioni rituali; durante la processione dei giovani sacerdoti vestiti in pelle di lupo, si benedicevano delle candele (ed ecco!). Gli usi che se ne sono conservati per la Candelora sono soltanto quelli più discreti e conciliabili con l’etica cristiana, mentre quelli più estatici e movimentati sono stati dirottati sul Carnevale, altre ancora hanno alimentato il San Valentino.

La Festa in Sicilia

In Sicilia resistevano fino a poco tempo fa – e talvolta resistono ancora – delle usanze tutte inerenti la purificazione, la cui origine precristiana è mascherata ma non cancellata. Una di queste era a Chiaramonte: all’alba dell’1 Febbraio (proprio come nelle neopagane), le donne salivano all’Arcibessi recitando il Rosario e poi una precisa litania in rima (riportata da Giuseppe Pitrè) invocante benedizioni dalla Madonna rivolte alla natura e alle situazioni, poi s’inginocchiavano tra l’erba e bagnavano le proprie mani con la rugiada mattutina e poi ci segnavano una croce sulla fronte, una sul petto e una sulle labbra, con un’Avemaria prima d’ogni segno. Tale è l’importanza della Candelora che le si è sempre attribuita una valenza divinatoria sulle condizioni metereologiche e ambientali, come in molte zone così anche in Sicilia: si crede che se la giornata è soleggiata, nei giorni a seguire nevicherà copiosamente, ma che se piove o nevica sotto la festa, non passerà molto prima che finisca l’inverno; pare inoltre che le galline siano più propense a deporre le uova.

“L’anno vecchio è ormai passato, quello nuovo presto viene” recitava la canzone natalizia Deck the Halls nella versione italiana, e se facciamo iniziare l’anno a Marzo come i Romani, è ancora valida; ebbene, l’anno nuovo ormai è venuto e ci stiamo inoltrando in esso. L’inverno raggiunge il culmine perché se ne sta andando, questo è tempo di prepararsi a coltivare una nuova messe. Il futuro è nel ventre della Madre.

Buona candelora

Le parole che ora vi rivolgiamo, dunque, non arrivano in ritardo perché abbiamo sforato di qualche giorno, ma arrivano in tempo! Il messaggio che traiamo dalla Candelora ha un significato universale ma ci sentiamo d’indirizzarlo in particolare alla popolazione messinese, perché ne ha davvero bisogno; perché è oppressa dal suo stesso atteggiamento cinico, che la porta a non proporre nulla, e di converso a non accettare nulla, a preferire la staticità proprio quando c’è bisogno di cambiare, quando c’è bisogno che il gregge sia condotto a più verdi pascoli. Purificatevi. Abbandonate tutto quanto rende la vostra vita pesante e che per riflesso appesantisce quella degli altri tramite le vostre azioni. Deponete pregiudizî, perché c’è sempre tempo per cambiare idea; deponete le frustrazioni, perché c’è sempre tempo per migliorare; deponete le asprezze, perché c’è sempre tempo per vedere la bellezza. Deponete ogni cosa che fa infracidire ogni anno le vostre messi: ritornate nel ventre della Madre e fatevi partorire di nuovo.

Buona Candelora, popolo di Messina!

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