Il caso Ivan Lauria approda a Palermo e Roma. La madre vuole sapere perché, malgrado i certificati medici, era in cella e non curato a dovere
Messina – Ivan Lauria era malato, aveva problemi psichiatrici. Lo attestano le certificazioni dell’Asp che il suo legale aveva allegato più volte alle istanze ai giudici perché venisse trasferito in una struttura di cura, o quanto meno in un carcere più vicino alla madre, sua amministratrice di sostegno dal 2018, nominata proprio in ragione delle patologie. Invece tutte le istanze, a cominciare da quella del 2022 a Trapani, hanno prodotto come unico effetto il continuo spostamento del ventisettenne messinese da un carcere all’altro, sempre più lontano dalla madre.
La madre: indagare sul perché era rimasto recluso
Fino a quello di Catanzaro dove è morto, il 15 novembre scorso. La madre non aveva sue notizie da giorni, non sapeva neppure fosse stato nel frattempo trasferito a Catanzaro.
Eppure per la legge italiana Ivan doveva essere curato e non esclusivamente recluso. Invece le sue condizioni sono andate peggiorando, anche per i continui trasferimenti da carcere a carcere, dove gli sono state somministrate medicine sempre diverse.
Ora Michela Lauria vuole sapere perché tutto questo è accaduto. La donna ha perciò chiesto alla Procura di Palermo e alla Procura di Roma di aprire una inchiesta per stabilire eventuali responsabilità nel trattamento carcerario degli ultimi anni di Ivan.
La morte a Catanzaro, pestaggio o overdose?
Intanto l‘inchiesta della Procura di Catanzaro sul tragico epilogo del 15 novembre scorso è entrata nel vivo. La PM titolare del fascicolo attende a breve i risultati ufficiali dell’autopsia, affidata al dottore Alessio Asmundo, per chiarire le dinamiche della morte. Per la cartella clinica è arresto cardiaco da overdose. Per la madre, che ha immortalato il corpo senza vita del figlio in centinaia di fotografie, le tante ecchimosi e le ferite su tutto il corpo parlano invece di pestaggio e maltrattamenti.
Da un carcere all’altro, passando per il penitenziario delle torture
Michela, che ha raccontato la storia di Ivan, dai primi problemi con la giustizia alla tossicodipendenza, spiega che nel 2022 la richiesta di assegnarlo ad una struttura di cura si era tradotta nell’inizio di un pellegrinaggio da Trapani (dove Ivan è in cella proprio nei mesi delle torture scoperte da una recente inchiesta) a Messina, Alessandria, Palermo, Barcellona, Rossano in ultimo a Catanzaro. A dicembre 2023 il Tribunale di Palermo non gli concede il differimento della pena e Ivan viene nuovamente trasferito, prima a Rossano poi a Catanzaro. Un calvario che, spiega Michela, aveva reso Ivan sempre più fiacco psicologicamente e mal curato, tanto da spingerlo più volte al suicidio.
Nei giorni scorsi a Michela è arrivata una missiva del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che le manifesta solidarietà e sostegno, dopo la sua testimonianza.
Spezzato il legame con la madre, Ivan isolato
“In tutti i carceri – ha raccontato Michela ai nostri microfoni – anche se non riuscivo a incontrarlo potevo sempre sentirlo. Ogni volta, anche al telefono, io lo “riacchiappavo per i capelli”. E in tutti i carceri ho interloquito con gli operatori. Invece ultimamente non sapevo neppure dove fosse”.
