Le principali sigle ed associazioni del comparto Università contro il numero chiuso

Le principali sigle ed associazioni del comparto Università contro il numero chiuso

Emma De Maria

Le principali sigle ed associazioni del comparto Università contro il numero chiuso

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domenica 22 Settembre 2013 - 06:37

In una nota congiunta Adi, Adu, Andu, Cipur Cils-Università, Cnru, Cvu, Cobas-Pubblico Impiego, CoNPAss, Cosau, Csa-Cisal Università, Flc-Cgil, Link, Rete29Aprile, Snals-Docenti, Sun, Udu, Ugl-Intesa Fp e Uil Rua tornano a chiedere l'immediata abolizione del numero chiuso attraverso la modifica dell'art. 20 del D.L 104/2013.

E’ un momento drammatico quello vissuto dalle università italiane, forse tra i più difficili nella storia della millenaria istituzione accademica.

Crollo delle immatricolazioni, fuga di cervelli all’estero, aumento di abbandoni tra gli iscritti, carenze strutturali, dimezzamento dell’offerta formativa e numero chiuso sono solo alcune delle cause che stanno soffocando l’università italiana.

Una situazione complessa, fotografata da Adi, Adu, Andu, Cipur Cils-Università, Cnru, Cvu, Cobas-Pubblico Impiego, CoNPAss, Cosau, Csa-Cisal Università, Flc-Cgil, Link, Rete29Aprile, Snals-Docenti, Sun, Udu, Ugl-Intesa Fp e Uil Rua che, congiuntamente, hanno deciso di prendere posizione.

Attraverso una nota scritta, le principali sigle sindacali del comparto università e le principali associazioni di categoria, disaminano con preoccupazione la condizione di sofferenza attraversata dall’istituzione universitaria, individuando carenze strutturali legate in particolar modo alle modalità di accesso alla formazione accademica.

Ed a salire sul banco degli imputati, ancora una volta, è il contestato numero chiuso.

“Lo stato di salute della più alta istituzione formativa del nostro paese – si legge testualmente nella nota – certifica una condizione di pericolosa decadenza dell'istituzione universitaria.

Circostanze alla luce delle quali diviene necessario ed opportuno riservare maggiore attenzione a quelle problematiche che caratterizzano il mondo studentesco”.

Carenze strutturali negli investimenti legati al diritto allo studio ed aumento esponenziale dei corsi a numero chiuso sono tra le cause che, per sigle sindacali ed associazioni di categoria, impediscono il libero accesso al mondo universitario.

“Gli strumenti con i quali ormai si selezionano i potenziali laureti italiani – si legge nella nota congiunta – sono da una parte le capacità economiche della famiglia di provenienza, circostanza che esclude di fatto le fasce meno abbienti, e dall'altra il superamento di pittoreschi test d'ingresso attraverso i quali si pensa di selezionare i più meritevoli.

Il diritto allo studio in Italia – spiegano sigle ed associazioni universitarie – è tra i più carenti rispetto ai paesi OCSE.

Basta pensare che nel nostro paese si investono in istruzione circa 200 milioni, poca cosa rispetto ai 2 miliardi di Francia e Germania”.

Una situazione di difficoltà complessiva sulla quale pesa anche il fenomeno dei soggetti idonei ma non beneficiari di borsa di studio: “Si tratta di giovani che per reddito e merito hanno diritto ad una borsa di studio, ma che paradossalmente non la ricevono per mancanza di fondi”.

Una condizione che per le sigle sottoscriventi necessita di interventi immediati: “E’ indispensabile rivedere l'approccio ad entrambe le materie – si legge ancora nella nota – perché si tratta di circostanze che contribuiscono in egual misura a determinare o ad impedire l'accesso al mondo della formazione universitaria.

Mancano idee ed investimenti sulle politiche abitative, sulla mobilità, rispetto alla realizzazione di un welfare studentesco che sia funzionale ed allo stesso tempo rispondente alle esigenze dei soggetti in formazione, non solo come studenti ma anche come cittadini.

Guardando l'imbarazzante rapporto Ocse – prosegue la nota congiunta – scopriamo che la media dei laureati italiani si assesta al 15% contro il 31% dei paesi OCSE ed il 28% dell'Unione Europea”.

Dati e circostanze che pesano come macigni sul futuro dell’università italiana e che, probabilmente, sono da ascriversi tra le ragioni che negli anni hanno determinato crollo delle iscrizioni ed aumento degli abbandoni tra gli iscritti: “Riteniamo sia imprescindibile, al fine di determinare un necessario cambio di rotta – spiegano sigle sindacali ed associazioni di categoria – abolire immediatamente il numero chiuso e superare la prassi dei test d'ingresso come metodologia di selezione ed accesso al mondo dell'università.

Rispetto al numero chiuso o programmato e al Dsu – si legge ancora nella nota – un ruolo determinante è stato giocato in questi anni dai tagli lineari.

Da un parte è stata fortemente ridotta la capacità dei singoli atenei di mantenere un'offerta formativa di qualità diversificando i corsi di laurea, mentre dall'altra la carenza di fondi nazionali e regionali ha portato a scaricare sugli studenti il finanziamento del diritto allo studio, attraverso un consistente aumento della tassa regionale.

Circostanze che, nelle regioni del Sud Italia in particolare, hanno pesato sulla ridotta capacità reddituale delle famiglie.

Il costante calo degli iscritti negli ultimi anni ha determinato una perdita di circa 50.000 studenti in tutti gli atenei italiani”.

Un dato del quale prendere coscienza e dal quale ripartire per rilanciare l’istituzione universitaria: “Occorre definire le esigenze del sistema universitario – spronano le sigle scriventi – continuare ad impedire l'iscrizione all'università con iniqui e fallimentari espedienti è un ossimoro sia rispetto alle reali necessità del paese sia rispetto agli obiettivi legati ad istruzione e formazione che l'Italia si è assunta nei confronti della Comunità Europea”.

Nero su banco poi, le sigle scriventi mettono le carte in tavola ed indicano una possibile via d’uscita: “Per risolvere definitivamente quella che negli anni si è trasformata in una vera e propria emergenza sociale, chiediamo innanzitutto l'erogazione di borse di studio e di alloggi per tutti gli aventi diritto.
Provvedimenti ai quali si dovrà affiancare l'aumento della soglia I.S.E.E. per il conseguimento del sussidio, il rifinanziamento del Dsu, con almeno 350 milioni di euro, ed un piano nazionale per l'edilizia universitaria.

Immediata eliminazione di qualsiasi forma di prestito d'onore e stop all'inasprimento dei criteri di merito per la concessione dei sussidi”.

E sul capitolo numero chiuso sigle ed associazioni di categoria propongono: “Sui test di ingresso, sui quali interviene l'art. 20 del D.L 104/13, anche in considerazione dei cambiamenti repentini delle date e delle regole che hanno prodotto ulteriori disagi ed aumento dei ricorsi, chiediamo di procedere all’immediata sospensione, per questo anno accademico, dell'applicazione della norma che ha introdotto il numero chiuso".

Una proposta circostanziata che si sostanzia in una modifica della normativa vigente: “Sarebbe sufficiente aggiungere all'art. 20 – si legge in conclusione – il seguente comma: “Per l'anno accademico 2013-2014, per l'accesso ai corsi di laurea universitari, di cui all'articolo 1 della legge 2 agosto 1999 n. 264, non si applicano le disposizioni previste dalla citata legge.”

Poche parole per fare chiarezza e ridare così valore al merito ed a un diritto costituzionalmente riconosciuto: il diritto allo studio.

(Emma De Maria)

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