Dissesto idrogeologico. Santoro: "Più vincoli in Sicilia per evitare nuovi disastri" INTERVISTA

Dissesto idrogeologico. Santoro: “Più vincoli in Sicilia per evitare nuovi disastri” INTERVISTA

Marco Olivieri

Dissesto idrogeologico. Santoro: “Più vincoli in Sicilia per evitare nuovi disastri” INTERVISTA

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domenica 04 Dicembre 2022 - 11:50

La parola al segretario generale dell'Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia

Leonardo Santoro, lei è segretario generale dell’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia. Che cosa comporta in concreto il progetto di aggiornamento del Piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico (Pai), tema quantomai attuale?

“Il Pai è lo strumento di pianificazione della presenza sul territorio di areali a rischio idrogeologico. Ciò ha permesso di disporre della mappa di aree della Sicilia che presentano criticità, per la presenza di frane e alluvioni e processi di erosione delle coste, e di regolamentare l’uso del territorio in queste aree critiche, a seconda del livello di pericolosità. La prima redazione del Piano è stata realizzata tra il 2004 e il 2007 e basata su una analisi del territorio siciliano suddiviso in aree vaste: i bacini idrografici, comprendenti diversi Comuni e, in alcuni casi, diverse province. Con l’aggiornamento del Pai, l’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia sta continuando a monitorare la situazione del dissesto idrogeologico in Sicilia, ponendo, in particolare, l’attenzione al territorio dei singoli Comuni. Così da avere un contatto diretto con le amministrazioni locali e i cittadini”.

Quali sono gli effetti dell’aggiornamento?

“L’aggiornamento viene effettuato per adeguare l’analisi del territorio alle normative e metodologie tecniche più recenti. L’obiettivo è vincolare le aree critiche, dando maggiore attenzione alle situazioni specifiche dei luoghi, sempre considerando fondamentale la pubblica e privata incolumità. In pratica, con l’aggiornamento del Pai, si continua l’attività di censimento delle aree pericolose per il verificarsi o potenziale accadimento di fenomeni di dissesto idrogeologico (frane, alluvioni e erosione costiera) alla luce dei recenti cambiamenti climatici e dei nuovi eventi. Con l’aggiornamento del Piano e della relativa normativa tecnica (decreto presidenziale 9/2021), inoltre, si è introdotto il concetto di “area interessata dagli interventi di mitigazione del rischio”. Ciò permette di porre maggiore attenzione alla verifica dell’efficacia degli interventi di consolidamento e mitigazione del rischio già realizzati. Il tutto attraverso una maggiore sensibilizzazione delle amministrazioni locali all’importanza delle verifiche e del monitoraggio delle opere di consolidamento e il coinvolgimento dei Comuni nelle attività di verifica”.

Di fatto avviene una nuova classificazione di queste aree. Con quali vantaggi?

“La nuova classificazione di queste aree, sottoposte a vincoli specifici, permette di evitare l’uso indiscriminato di un territorio fragile che potrebbe innescare il verificarsi di nuovi eventi, con conseguente vanificazione degli interventi realizzati e spreco delle risorse economiche pubbliche. Risorse che possono essere invece utilizzate per intervenire in altre zone critiche della regione. Poiché il clima e l’assetto del territorio sono naturalmente in continua evoluzione, spesso accentuata da un uso sconsiderato da parte dell’uomo, il Piano è uno strumento dinamico, che può e deve essere aggiornato periodicamente. Per questo, l’Autorità di bacino ha anche attivato degli accordi di collaborazione scientifica con le maggiori Università siciliane, in modo da approfondire le conoscenze sui diversi tipi di dissesto che caratterizzano il territorio siciliano e migliorare la metodologia operativa. Questo comporta che i vincoli introdotti per le aree pericolose non sono definitivi ma possono essere rivalutati alla luce di studi di maggiore dettaglio su aree specifiche e della realizzazione di opere di consolidamento e mitigazione del rischio. Domina però l’ottica imprescindibile della sicurezza e della tutela della pubblica e privata incolumità”.

Di fatto che cosa avviene?

“In sintesi, a seguito della presenza sul territorio di strutture esposte (centri abitati, strade, edifici pubblici, opere infrastrutturali), viene calibrato il rischio sulla scorta della pericolosità, ovvero la probabilità del verificarsi di un evento, e dell’esposizione (soggetti che potenzialmente possono subire danni)”.

L’articolo quarto del decreto che stabilisce l’aggiornamento del Pai punta sulla salvaguardia del territorio. Che cosa cambia per le aree territoriali messinesi?

“Con il decreto presidenziale (dp) n.9/2021, sono state approvate le nuove norme di attuazione, che hanno sostituito le precedenti del 2004. Gli aggiornamenti al Pai, al momento, individuano solo i fenomeni avvenuti. Solo per la valutazione dell’area a pericolosità da crollo si applica, cautelativamente, una metodologia che, sulla base delle pendenze dei versanti, consente di definire l’area interessata dalla caduta massi a valle dei costoni rocciosi. Le nuove norme consentono di inserire dei “siti di attenzione”, in quelle aree, nelle quali non sia possibile definire l’effettivo livello di pericolosità, se non a seguito di studi e indagini specifiche. E, nelle quali però, in via cautelativa, l’attività edilizia e di trasformazione del territorio è disciplinata secondo quanto previsto per le aree a pericolosità più elevata, nelle more della definizione della reale pericolosità del sito”.

Prevale la cautela, dunque. Ingegnere, qual è la situazione di Messina?

“Messina ha un grande sito di attenzione per probabili colate rapide, perimetrato a seguito degli eventi che, nel tempo, si sono succeduti. Gli aggiornamenti vengono prima adottati e successivamente approvati con decreto del segretario generale (dsg), dopo l’acquisizione del relativo parere in Conferenza operativa. Un organo dell’Autorità di Bacino, costituito dai dirigenti di vari dipartimenti regionali interessati dall’aggiornamento del Piano. All’atto del decreto di adozione, scattano le misure di salvaguardia nelle aree interessate da pericolosità idrogeologica. In caso di incremento del preesistente livello di pericolosità, viene applicata la disciplina delle aree a pericolosità previste nelle norme d’attuazione, al fine di prevenire ulteriori aumenti di esposizione al rischio della popolazione”.

Qual è la responsabilità dei Comuni in questo contesto?

“Occorre sottolineare che il Piano contribuisce alla corretta gestione del rischio. Le informazioni rappresentate nella Carta del rischio forniscono un’indicazione preliminare sulla valutazione della situazione. Ma sono i Comuni che, in fase di pianificazione di Protezione civile, devono dettagliare gli elementi a rischio in relazione alla vulnerabilità degli elementi interessati, al numero di persone coinvolte, al tempo di esposizione della popolazione”.

Nel decreto di aggiornamento del Piano si afferma la protezione da nuove costruzioni per tutte le aree territoriali: Capo Peloro, il torrente Saponara e tra il torrente Fiumedinisi e sempre Capo Peloro. In concreto non si potrà costruire? E nemmeno procedere a sanatorie?

“L’introduzione nel 2021 della propensione al dissesto nel territorio comunale di Messina è il frutto della collaborazione tra gli Uffici del Pai, il Comune e l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile). Già nel 2014 si era fatto un tentativo di coniugare i risultati della ricerca Enea con la Variante del Piano regolatore generale ma i numerosi problemi urbanistici del Comune di Messina hanno fatto fermare la macchina amministrativa. Bisogna anche ricordare che nel 2011 l’evento di Saponara, con morti, aveva indotto a utilizzare la propensione al dissesto nei territori più esposti alle colate rapide, cioè gran parte del territorio provinciale di Messina. Per cui, ancor prima di modificare la metodologia del Piano, si è deciso di introdurre un vincolo di regolamentazione dell’uso del territorio, denominato Sito di attenzione, per probabili colate rapide in quasi il 60% del territorio comunale di Messina. Le regole sono definite nelle norme di attuazione del Piano, con gli articoli relativi alle aree a pericolosità elevata e molto elevata (P3-P4) a cui si assimila il territorio in cui ricade il sito di attenzione”.

Ci sono state difficoltà nel passare dalla ricerca all’intervento?

“Molte sono state le difficoltà nel trasformare i dati della ricerca in indicazioni coerenti cartograficamente con la metodologia del Pai. Il tutto a causa della tipologia del dissesto, che prevede un punto di innesco nel versante e una propagazione verso valle anche per parecchie centinaia di metri. Si è scelta una valutazione cautelativa della propagazione a valle, considerando la massima distanza percorsa dai dissesti avvenuti nel 2009 a Giampilieri. Su questa base è stato definito il poligono del sito di attenzione che comprende le zone di innesco, 200 metri a valle, e l’eventuale prolungamento lungo le incisioni torrentizie nel caso di fenomeni franosi che si riversano nel reticolo idrografico”.

Esiste un problema di applicazione delle norme?

“Sì. In particolare, esiste il problema di applicazione delle norme di limitazione o inedificabilità introdotte, quando le modifiche del territorio non vengono gestite complessivamente e ci si ritrova ad affrontarle particellate e temporalmente dilazionate. Questo può determinare che alcuni casi sfuggano ai controlli. Mentre sarebbe previsto che ogni volta che le carte del Pai introducono un nuovo vincolo, il Prg si dovrebbe adeguare modificando le destinazioni urbanistiche in contrasto. Sarebbe un momento di vera prevenzione anche perché in questa sede (variante urbanistica) si potrebbero definire gli interventi necessari per predisporre adeguatamente il territorio per quelle aree che non hanno alternative di collocazione. Tutto questo merita un continuo aggiornamento e affinamento degli strumenti”.

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2 commenti

  1. Tutto bene ma manca la programmazione e il coinvolgimento delle popolazioni nonché un quadro più snello di collaborazione istituzionale. Serve unfine una politica diffusa di manutenzione che sia occasione di lavoro sociale…siul modello della riforestazione degli anni 50-80…dando lavoro alle comunità dei comuni delle aree interne..

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  2. Gaetano Sciacca 4 Dicembre 2022 19:05

    Scusate ma l’ing Santoro è lo stesso che da ing. Capo del Genio civile autorizzo’ tutte le costruzioni che il suo predecessore aveva bocciato come a rischio .Come ad esempio il complesso residenziale a San Saba ai margini del torrente Calamona? E ora parla di vincoli pericoli zone a rischio ? Forse un po di decenza non sarebbe male. In un mondo dove si fanno tanti proclami ma di concrete opere di messa in sicurezza e di azioni fattive non se ne vedono ma solo chiacchiere e parole e ancora parole.

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