Il sogno di Giusy: una casa-famiglia per i disabili, affinché nessuno resti mai solo

Il sogno di Giusy: una casa-famiglia per i disabili, affinché nessuno resti mai solo

Francesca Stornante

Il sogno di Giusy: una casa-famiglia per i disabili, affinché nessuno resti mai solo

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mercoledì 07 Dicembre 2016 - 23:53

Giusy Ciervo è una brillante ragazza di 41 anni che non si ferma e non si arrende di fronte alla sua disabilità. Da anni è entrata a far parte della grande famiglia dell'associazione Accir e ha iniziato a coltivare il sogno di creare una struttura che possa accogliere i disabili nel momento in cui i genitori non ci saranno più.

Giusy ha un sogno: superare gli ostacoli di ogni disabilità e creare una casa famiglia che possa essere speranza per tanti genitori che vivono con il pensiero di cosa ne sarà dei propri figli disabili quando loro non ci saranno più. Un sogno che l’Accir, insieme ad altre associazioni di volontariato, sta provando a realizzare. Giusy ha 41 anni, si definisce una raccontastorie che vive di emozioni a fior di pelle. Il dolore lo conosce da sempre, ma oggi lo vive in modo consapevole come fosse un amico. E vuole essere la voce dei tanti amici che insieme a lei condividono quel sogno.

«Domani è un altro giorno. Un modo di dire. Il più frequente quando si vuole allontanare i problemi, o almeno rimandarli, anche se per poche ore. Tutto è rimandabile a domani, un’interrogazione a scuola, la visita dal dentista, persino un matrimonio, che viene rimandato a data da destinarsi. Ma ci sono situazioni di gravità tale da doversi affrontare nell’immediato, come la disabilità di un figlio.

Una realtà nella quale l’oggi è il momento di agire, sia dando aiuto fisico e conforto spirituale a quei figli malati o disagiati che hanno perso l’autonomia, sia rispondendo con i fatti all’angoscia impellente che brucia il cuore dei genitori, che temono di lasciare questo mondo, e ancor più i loro figlioli, senza l’assistenza adeguata.

“Chi li accudirà dopo di noi?”

È la domanda di una mamma premurosa e di tante altre madri e padri che quotidianamente, e nei casi gravissimi anche di notte, lavano, vestono e sfamano la prole, anche trattandosi di adulti oltre i 40 anni, paragonabili ai neonati. Inabili alla cura di sé, pur se spesso la capacità intellettiva resta intatta.

Nasce così l’idea del progetto “Dopo di noi”, proposto dall’associazione ACCIR di Messina, già impegnata sia con la protezione civile, sia nell’organizzare serate di aggregazione nei cinema, in concerti o pizzerie, spinti dall’idea che farsi degli amici e divertirsi è un diritto di tutti.

Parlando di diritti, atti a tutelare la persona umana nell’interezza delle proprie necessità, “Dopo di noi” è proprio questo. Un tentativo, un bisogno o almeno una speranza di custodire la dignità di coloro che, beffati dal destino, sopportano ogni dì malattie dolorose con inabilità fisica progressiva e definitiva.

“Dopo di noi” è una casa eretta dal sogno che solo la realtà solidale potrà convertire in mattoni veri e propri, in mura spesse e resistenti, accogliendo quei naufraghi nel mare tempestoso di questa vita che continua a galleggiare senza arrendersi alle macerie che la sommergono.

Proteggiamo le necessità primarie e difendiamo il sorriso di chi ne ha più bisogno, rispettando la vita e il diritto di essere amati sopra ogni cosa.

E’ il monito di chi opera donandosi all’altro con coscienza e sa quel che serve davvero per addolcire la dura realtà.

Un luogo che accolga tutti, un tetto dove vivere insieme ed essere una famiglia lì, dove la famiglia non può più esserci, in un tempo in cui le istituzioni sociali sono assenti o poco collaborative, come se la voce dei cittadini disagiati sia una seccatura da evitare. E così ci si ritrova soli e inadeguati quasi ad arrampicarsi sugli specchi, pur di muoversi un centimetro in più verso questa impresa titanica.

Impresa nobile che ha mosso i primi passi 3 anni fa quando ACCIR si è unita ad altre associazioni come Anch’io Sindrome di Down, Associazione Music Man e Associazione Nazionale Tecnici Radiologi, coadiuvati da altri associati volontari di Messina, costituendo il gruppo solidale “Rete Insieme Noi”, con lo scopo di sensibilizzare i cittadini sulle problematiche della disabilità o malattie degenerative spesso rare ed ignorate.

Si sono realizzati vari spettacoli di artisti italiani insieme ad artisti “disabili”, tra i quali alcuni miei amici che frequentano le associazioni già citate. Esibizioni stupefacenti nella propria unicità, emozioni che vibrano ancora nel profondo della mia anima e mi aprono la mente a possibilità inimmaginabili come una ballerina professionista in “carrozzina.” O un chitarrista “non vedente.”

L’obiettivo fondamentale è diffondere un’informazione corretta sul mondo vastissimo della disabilità e sui progetti legati a tale condizione che prevedono la cura h24 per i soggetti con menomazioni gravissime e il potenziamento ove possibile dell’autonomia guidata dei più reattivi, perché “Insieme si può.”

Io stessa posso testimoniare che il mio concetto di normalità e di relazione pubblica si è completamente ribaltato circa 20 anni fa, quando qui a Messina ho conosciuto il primo gruppo di volontariato.

Non aveva un nome, una sede precisa nè scopo di lucro, era solo un gruppo di amici, persone di buon cuore che un giorno decisero di vivere nella società non più da spettatori e di attivarsi per aiutare i suoi simili.

Vedevo braccia esili o massicce montare e smontare carrozzine e guidarci al mare o in molti altri posti.

Ci facevano anche la doccia dopo la spiaggia, eravamo rivestiti, pettinati e profumati e tutto questo fatto da perfetti estranei a cui volli bene da subito. Gente che ogni fine settimana riaccompagnava a casa almeno 30 persone con i propri mezzi e sempre con il sorriso sulle labbra.

Ho acquisito consapevolezza delle mie capacità e oggi il mio handicap fisico non mi sembra più un ostacolo insormontabile e così lo “detesto un po’ meno”.

Ho imparato che si è parte del mondo, indipendentemente dai genitori, facendo quelle azioni quotidiane che pensavo poter fare esclusivamente insieme alla famiglia. E se qualcuno in carrozzina può ballare, forse io riuscirò a cucinare o rassettare casa, quelle piccole, grandi soddisfazioni della vita che spicca il volo.

Il volontariato è prezioso, persiste tra mille difficoltà, mentre in molti invecchiano e in pochi giovani gli si avvicendano. Quei pochi non vogliono arrendersi tra gli alti e bassi di una crisi sociale ed economica che sembra durare all’infinito.

Eccoci qui a fare i conti con l’amara realtà, non basta più la volontà civile e umana, e non bastano o peggio non esistono le risorse nazionali e regionali di uno stato assente e usurpatore che affossa le necessità e la dignità dei suoi contribuenti.

Di fatto è inevitabile che i nostri diritti, così come i sogni, si frantumino miseramente. Il volontariato è la certezza di chi ha poco o forse tutto da sperare e il progetto “Dopo di noi” lotta per sopravvivere, nonostante la raccolta fondi e le attività annesse si siano drasticamente ridotte.

Aiutiamo l’ACCIR e la Rete Insieme Noi a tenere accesa l’attenzione su un argomento vitale, affinché qualcosa cambi davvero. La casa famiglia “Dopo di Noi” merita di esistere, così come quei genitori meritano di dissipare la paura del domani, vedendo i loro figli accuditi con amore e competenza, il tutto in maniera gratuita, perché il sorriso di un figlio ripaga di ogni sofferenza».

Giusy Ciervo

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