La relazione della Risicato al Comune a 7 mesi dalla nomina, la realtà di Gazzi e gli interventi possibili.
Messina – Sette mesi dopo la nomina, la Garante per i detenuti del Comune di Messina incontra oggi il consiglio comunale. La professoressa Lucia Risicato riferirà al consiglio comunale su questi mesi di attività a stretto contatto con il carcere di Gazzi, nel tentativo di migliorare la vita nel penitenziario, portare all’esterno la voce di chi vi è rinchiuso e vigilare perché possano godere dei loro diritti. Un compito che appare arduo.
La città che ignora il carcere
Nei mesi scorsi la Garante aveva denunciato l‘assenza di collaborazione dalle istituzioni locali e il corto circuito, confermato e aggravato, con l’amministrazione penitenziaria. Oggi racconterà dei 202 reclusi, su 302 posti (una 90ina inagibili per i lavori di ristrutturazione), mentre la pianta organica degli operatori è del tutto inadeguata. Oggi mancano almeno 20 agenti penitenziari (in più 9 sono stati sospesi in attesa degli sviluppi dell’inchiesta sulla droga e i cellulari in carcere) e non bastano i 3 educatori previsti in pianta organica e presenti.
Le cure negate
La nota maggiormente dolente resta quella del trattamento sanitario: dal centro clinico che abbisogna di professionisti impiegati non soltanto a turnazione al caso della Tac ancora imballata (servono 200 mila euro per metterla in uso e personale destinato), passando per le difficoltà di accesso dei detenuti alle visite esterne.
I due mondi del carcere di Gazzi
Gazzi, conferma la Garante, è un carcere spaccato a metà, dove le detenute donne stanno peggio degli uomini. Le donne (oggi 20, nessuna mamma con bimbi al seguito) sono per lo più transitorie, lontano da casa, trasferite a Gazzi per la presenza del centro clinico, molte di loro sono perciò ammalate, apatiche e demotivate. Al reparto femminile la Garante ha dedicato un focus speciale durante il sopralluogo del settembre scorso. Anche tra gli uomini ci sono nette differenze, soprattutto perché quasi la metà di loro è condannata in via definitiva, in un carcere pensato invece per i detenuti transitori. Questo fa sì che mentre c’è una grande partecipazione di molti alle tantissime attività di socializzazione e rieducazione promosse dallo staff guidato dalla direttrice Angela Sciavicco, come il progetto della compagnia teatrale curata da Daniela Ursino o i diversi corsi di formazione, l’altra metà dei detenuti non è interessato a tali attività, finendo per “disturbare” la creazione di una “routine di normalità” che renda più accettabile e vivibile la detenzione.
Nella relazione che consegnerà al consiglio comunale, la Garante ribadisce le richieste di intervento per il Comune, a noi anticipate nell’intervista del 31 agosto 2024 (leggi qui: la Garante: a Gazzi realtà drammatica malgrado gestione positiva, ecco cosa si può fare)
Le richieste della Garante a Palazzo Zanca
“Uno sportello dell’ufficio anagrafe dedicato al carcere, operativo anche soltanto una volta a settimana, mi appare fattibile nel breve termine. Anche gli intoppi burocratici per i detenuti sono problemi più grandi, loro non possono mettersi in fila ed attendere il turno, o tornare dopo giorni per un certificato. Si pensi che la residenza è un aspetto cruciale per la concessione dei permessi premio, misure alternative e la possibilità di candidarsi ad altri benefici. Molti detenuti non sono messinesi, e vivono in uno stato di completo abbandono rispetto alle famiglie d’origine.
Poi ce ne sono molti che sono per esempio gravemente malati. Ma non possono andare in una Rsa perché non sono anziani, né in una struttura riabilitativa perché non hanno problemi psichiatrici. Per questi soggetti, chiederò al Comune l’impegno a individuare delle strutture di accoglienza, di cui possono beneficiare per esempio i soggetti con al massimo un anno di pena residua da scontare, così da poter agevolare progetti di reinserimento nella società, o per non lasciare morire in carcere persone che non sono più un pericolo per nessuno”.
Per il reinserimento degli ex detenuti, infine, la Garante chiede la creazione di cooperative sociali per agevolarne la collocazione lavorativa. Il lavoro è un’arma formidabile di riscatto per chi ha conosciuto il carcere e i problemi per la giustizia. Formidabile ed essenziale per non tornare a delinquere. Come dimostra la Storia di Loretta che abbiamo raccontato qualche mese fa.
