“Famiglia” – sul fascismo e altre calamità. “Novela” su una rinunciataria qualunque

“Famiglia” – sul fascismo e altre calamità. “Novela” su una rinunciataria qualunque

Tosi Siragusa

“Famiglia” – sul fascismo e altre calamità. “Novela” su una rinunciataria qualunque

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martedì 29 Gennaio 2019 - 19:33

Se ideologie stantie appartenenti ad altri intrappolano l’esistenza

Domenica 27 gennaio si è svolta, alle ore 21, la piece non in cartellone – quale gradevole sorpresa dunque – da ultimo drammatizzata dall’artista italo-argentino in forma di contemporaneo denso melodramma monologante, dallo stesso magistralmente interpretata. In un qualsiasi quartiere (si immagina non centrale) di Buenos Aires, in un cortile, si sta svolgendo uno strano e misterioso rito funebre e l’unica superstite, che può attendere a quella veglia è Martita, sorella della defunta, donna non più giovane, ricoperta da abiti luttuosi (un velo pesante le ricopre anche il capo) annichilita da un passato che ha subito, che le ha già rosicchiato il presente e presumibilmente le annienterà l’avvenire. Appartiene a una famiglia di immigrati italiani e sembra confinata in una desolata solitudine,apparendo sulle prime quasi oramai incapace di colloquiare con quei vicini che, non per amicizia ma per curiosità, le fanno visita, ricevendo in offerta biscotti fatti da lei personalmente e acqua aromatizzata al limone e menta. Fra una chiacchiera e l’altra – Martita è rimasta troppo a lungo in silenzio – si apprende che il capo famiglia, di estremo rigore, era un nostalgico fascista, che con quell’ideologia aveva oppresso moglie e figlie… e dopo la sparizione alquanto dubbia della consorte, aveva indotto la sorella di Martita, molto soggetta alla sua influenza, a fargli da compagna e condividerne il letto. Dal canto suo Martita, dopo aver rinunciato ai suoi studi, ha abbandonato anche ogni velleità lavorativa per assistere la sorella ormai malata e inferma. L’amore per lei è rimasto confinato all’ antico ricordo di un cugino, allontanato dalla famiglia perché comunista e di quello più recente di un imprecisato corteggiatore occasionale, al quale in età matura ha deciso di accompagnarsi in una ventata di decisionismo, per generare una nuova vita e avere qualcuno con cui condividere il tempo,senza però alcuna risultanza. Martita è un’ingenua, una vigliacca, una donna di poca cultura,o tutto questo insieme, per aver subito un’esistenza da altri progettata ? Certo è che ha trascorso l’adolescenza e la giovinezza ascoltando i ritmi inquietanti di “Giovinezza” e “Faccetta nera”, senza comprendere appieno il senso. La scenografia, che anche questa volta si avvale dell’elemento della circolarità, prevede due tavolinetti, ove sono poggiati bevande, caraffe, biscotti e oggetti( accessori) quali occhiali da sole e un cappello a falde larghe. Assente la musica, che non può trovare posto in quel contesto disfunzionale, asfittico e immoto. Norberto Presta sceglie – e lo fa con ottimi risultati – di lavorare sul fascismo e sui suoi riflessi nella quotidianità, ove genera pressioni e annientamenti nei rapporti interpersonali per quell’autoritarismo che connota anche questa sfera, determinando assenza di interazioni, rinunce a determinarsi autonomamente e a esprimere sentimenti e emozioni autentici. Contro il fascismo non si è purtroppo stati vaccinati e testi come questo porgono ausilio a vigilare con consapevolezza sui pericoli delle derive del presente e sul crepuscolo ove potremmo scivolare. Un’altra “mise en scene” fortemente connotata da valenze politiche e prima ancora etico-sociali-pedagogiche, in conclusione, ove la potente presenza corporea dell’interprete e gli scambi incessanti con il numeroso pubblico plaudente hanno prodotto partecipazione attiva degli spettatori che” sono entrati” davvero nella rappresentazione.

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