La disperazione e i tabù di “Un tram che si chiama Desiderio”

La disperazione e i tabù di “Un tram che si chiama Desiderio”

Pierluigi Siclari

La disperazione e i tabù di “Un tram che si chiama Desiderio”

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domenica 27 Gennaio 2019 - 06:33
I film da (ri)vedere

Un tram che si chiama Desiderio, film del 1951 con la regia di Elia Kazan, sceneggiato da Tenneessee Williams basandosi sul suo stesso omonimo dramma, propone un contrasto talmente forte tra personaggi molto diversi – ognuno con punti di forza e debolezza molto marcati – da poter essere considerato una vera e propria battaglia.

Il film inizia con il trasferimento di Blanche DuBois (Vivien Leigh) da una cittadina del Mississippi a New Orleans, per raggiungere la sorella Stella (Kim Hunter) e il di lei marito Stanley (Marlon Brando).

Blanche mostra da subito repentini cambi d’umore, passando dall’ottimismo allo scoramento, dall’accusare a sentirsi in colpa. Ha un passato difficile: è stata licenziata dalla scuola dove insegnava – si scoprirà per una relazione con uno studente minorenne – e, per far fronte alla malattia e alla morte dei genitori, ha perso la proprietà di famiglia.

Stanley è un uomo rozzo, volgare e violento, che comanda e maltratta la moglie, dominandola sia fisicamente che emotivamente. Citando il codice napoleonico in vigore in Louisiana si ritiene in dovere di controllare gli affari della moglie, e rimprovera alla cognata Blanche l’aver perso la proprietà di cui sopra.

Stella si trova nel mezzo, comprensiva sia verso gli errori della sorella che verso la brutalità del marito, che del resto è proprio ciò che l’attrae.

La comprensione, invece, manca del tutto tra Blanche e Stanley, e mentre la donna, pur sentendosi spesso sopraffatta dai suoi problemi, non manca di sostenere – e tentare di infondere nella sorella – un atteggiamento progressista, l’uomo nel corso della storia diventerà sempre più aggressivo, fino alla consumazione finale del dramma – di cui, ovviamente, non vogliamo svelare l’entità.

L’opera, pur mantenendo un forte valore sociale dato dall’affrontare il tema della violenza domestica e della sottomissione della donna, subì a causa della censura dell’epoca il taglio di un altro argomento importante. Nel testo originale, infatti, il personaggio di Allan Grey, marito di Blanche, si uccide dopo che la moglie scopre la sua omosessualità. Nel film, invece, il suicidio di Allan viene motivato soltanto dal fatto che Blanche “ne aveva ferito i sentimenti”.

Il Codice Hays: la censura sopra citata era dovuta alle linee create dal politico Will H. Hays, che per decenni limitarono le produzioni cinematografiche statunitensi, proibendo anche la semplice menzione delle “perversioni sessuali”. La censura colpì un altro dramma di Tennessee Williams, La gatta sul tetto che scotta, portato sul grande schermo nel 1958 con Paul Newman e Elizabeth Taylor. Anche in quel caso, i riferimenti all’omosessualità del protagonista vennero eliminati.

Il cast: Per la trasposizione cinematografica venne confermato il cast che aveva interpretato l’opera a teatro, con l’eccezione di Jessica Tandy, considerata troppo poco conosciuta per il ruolo di Blanche, per cui venne scelta Vivien Leigh, resa già celebre da Via col vento. Anche Brando non era famoso all’epoca, ma la stessa Leigh caldeggiò il suo ingaggio, colpita dall’intensità che l’attore aveva già mostrato a teatro.

Curiosità: All’inizio della versione studio della canzone Marlon Brando è sempre lui di Luciano Ligabue è presente un audio tratto proprio da Un tram che si chiama desiderio in cui un disperato Brando urla “Hey Stella!”

Perché vederlo: Per i temi trattati, naturalmente, e perché anche con una semplice maglietta bianca Marlon Brando ha più fascino di qualsiasi aspirante fashion blogger.

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