L'arcivescovo di Agrigento nega i funerali al boss e la notizia fa scalpore in una terra dove i capimafia vengono riveriti fino al giorno delle esequie. Un no che dovrebbe essere la norma fa clamore perchè è un'eccezione. Abbiamo bisogno di simboli che compiano scelte nette, dicano quei "no" forti che cambiano la società. Abbiamo lasciato soli troppi eroi antimafia che, in quella solitudine sono stati uccisi.
La notizia ha fatto clamore, vuoi perché successa in Sicilia, vuoi perché ha visto protagonista un alto prelato, vuoi perché c’è di mezzo la parola mafia. Se fosse accaduta in Valtellina la stampa avrebbe scritto poche righe.
Invece è successo ad Agrigento, dove l’arcivescovo, il messinese Francesco Montenegro, ha deciso di non far celebrare i funerali del boss Giuseppe Lo Mascolo, arrestato pochi giorni prima nell’ambito dell’operazione “Nuova cupola”. E’ stato il parroco della Chiesa del Santissimo Crocifisso di Siculiana a darne comunicazioni ai parenti, garantendo comunque la benedizione e le preghiere come di rito.
Quel che non si è svolto è il funerale con tanto di applausi, corteo di persone riconoscenti e notabili in prima fila.
Il gesto fa scalpore in una terra dove fino al 23 gennaio, ai funerali di don Sfameni, il “patriarca” di Villafranca erano presenti in prima fila amministratori, consiglieri comunali, rappresentanti delle istituzioni ed il sacerdote ha ricordato la figura del “benefattore che ha consentito con le sue offerte l’ultimazione del campetto di calcio attiguo alla Chiesa”.
In verità don Sfameni durante la vita terrena ha “consentito” anche ben altro, dal rifugio sicuro ai latitanti, agli aggiustamenti di processi, fino al barbaro assassinio di Graziella Campagna, ad opera di due boss, Gerlando Alberti e Giovanni Sutera, ai quali aveva anche “consentito” una latitanza dorata. Le cronache giudiziarie degli ultimi 20 anni definiscono bene la sua figura, anche grazie alle dichiarazioni di decine di pentiti. L’ex infermiere divenuto il “patriarca” di Villafranca, in grado di far da paciere nelle liti tra cosche, di garantire favori, soluzioni, amicizie con magistrati e la Messina bene, è stato anche condannato e nel 2004 ha subito una confisca da 15 milioni di euro. Era una sorta di “cerniera” tra la criminalità organizzata e i colletti bianchi, e pur non avendo un suo gruppo di fuoco era senza alcuna ombra di dubbio un uomo di rispetto, quindi nella logica della Sicilia omertosa un “benefattore”.
Monsignor Montenegro ad Agrigento ha fatto quel che per 50 anni avrebbero dovuto fare in tanti sacerdoti, risparmiandoci anche le file di politici, amministratori e imprenditori davanti al feretro e gli omaggi ai parenti.
A far rabbia è che la scelta di Montenegro, che dovrebbe essere la “norma”, fa notizia proprio perché è l’eccezione e costringe tutta la stampa a dover paragonare il suo no ai troppi si che hanno accompagnato anni ed anni di ipocrisie ed omertà.
Ma c’è un’altra cosa sulla quale riflettere, oggi abbiamo più che mai bisogno di simboli che operino scelte nette, senza sfumature, di persone che abbiano il coraggio di prendere decisioni e portarle fino in fondo.
Montenegro aveva i titoli per farlo, nonché la grande statura morale, ma in realtà anche un parroco può aprire le strade al cambiamento, come insegna la storia di don Puglisi, che sta per diventare Beato.
Anche lui, agli inizi degli anni ’90 disse i suoi “no” che dettarono il solco e che ruppero quel sottile filo che ha legato parrocchie e mafie. Iniziò con il vietare al Comitato per la festa di San Gaetano di raccogliere soldi, rifiutò le offerte di boss e politici in chiesa, disse no ai mafiosi che volevano far padrini a battesimi, ridimensionò una processione del santo patrono divenuta vetrina per boss che portavano la statua e modificò persino il percorso che portava sotto le abitazioni dei capimafia, rispedì ai mittenti i santini diffusi in parrocchia durante le elezioni e alla fine, dal pulpito disse “non chiedete come favori ciò che è vostro diritto ottenere”.
Don Puglisi fu ucciso sotto casa la sera del 15 settembre 1993, giorno del suo 56esimo compleanno, dai fratelli Graviano che sono stati condannati all’ergastolo.
Adesso diverrà Beato e ci hanno fatto pure un film.
Ai siciliani piacciono gli eroi antimafia solo da morti, perché da vivi restano soli. Ci piacciono Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, don Puglisi, ma solo dopo che lasciati soli, sono morti.
La vedova dell’agente Schifani, ai funerali solenni per la morte di Falcone e delle altre vittime della strage di Capaci disse parole rimaste scolpite: “Io, Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani mio, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo stato chiedo innanzi tutto che venga fatta giustizia, adesso.
Rivolgendomi agli uomini della mafia, perché ci sono, qua dentro in Chiesa e non, ma certamente non cristiani, sappiate che anche per voi c’è possibilità di perdono: io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare, ma loro non cambiano, non vogliono cambiare”.
Era il 1993, a distanza di vent’anni fa scalpore un sacerdote che concede il perdono e la benedizione della salma ma non i funerali al boss. Le parole della vedova Schifani sono attualissime, perché a noi gli eroi piacciono da morti, quando sono vivi li lasciamo soli, li guardiamo a vista, e nella solitudine lasciamo che vengano uccisi. Salvo poi accorrere ai funerali solenni del prossimo boss e inginocchiarci di fronte alla mafia.
Rosaria Brancato

Concordo in toto l’articolo. Aggiungo,inoltre, che per liberarsi
della mafia oppure dei politici corrotti oppure logge segrete che bloccano lo sviluppo della ns terra, oltre ai preti sono i giornalisti. Se la città ha un giornale forte e libero non serve nemmeno la Magistratura. Dare le notizie “vere” ed anticipare gli inciuci basta e avanza. Solo che sfortunatamente i ns migliori giornalisti sono finiti sotto le macerie del terremoto!!
Adesso dobbiamo accontentarci di un monopolio giornalistico duro con gli indifesi e soft con i potenti….
Cmq io nn dimentico che: un comico,due giornalisti un vignettista ed un servizio d’informazione ancora senza bavaglio (web) hanno fatto cadere un governo assolutista.
Grande Mons. Francesco Montenegro, un uomo di carità ma anche serio e coraggioso! Sia d’esempio…
Mons. Montenegro rappresenta il pensiero di tutta la gente stanca di subire e di sottomettersi alla volonta’ altrui, al di fuori della mafia o di quanto simile vi e’.
Come sarebbe bello se fosse il Vescovo di Messina. Purtroppo non hanno voluto e ci dobbiamo subire quello che ci ha mandato Il Card. Bertone. Il Signore ci liberi presto da questa disgrazia (La Piana).
Mons.Montenegro e’ e sarà sempre un sacerdote come purtroppo non esistono più e come dovrebbero essere tutti coloro che hanno scelto quedta strada. Dotato di un carisma e di una passione per quel che fa a dir poco stupefacente. Spero che questo gesto,assolutAmente giusto e normale,possa far comprendere a chi di dovere che e’ ora di svegliarsi e di non subire più. Grazie Don Franco per ricordarci quello che non si dovrebbe mai dimenticare.
era ora che venisse fuori un prete cn la pa…..lle