"Bar" di e con Spiro Scimone e Francesco Sframeli

“Bar” di e con Spiro Scimone e Francesco Sframeli

Lavinia Consolato

“Bar” di e con Spiro Scimone e Francesco Sframeli

venerdì 08 Agosto 2014 - 10:01

La storia di due amici e dei loro problemi, ambientata nel retro di un bar. Come nel loro stile, il comico e il drammatico si intrecciano con profonda ironia e nonsense.

La Compagnia Scimone Sframeli è unica: la genialità della comicità siciliana unita ai silenzi eloquenti beckettiani crea questo genere di spettacoli, come “Bar”, come “Nunzio”, in cui non serve soffermarsi sulla trama, quella è solo una cornice; l’importante è sempre la psicologia, la semplicità dei dialoghi e i desideri dei personaggi.
Nino, il barista, che vive ancora con una madre fin troppo presente, ha come unica aspirazione quella di poter fare gli aperitivi (una sorta di elevazione sociale tra baristi), mettendo le giacchette regalategli dalla madre; Pietro, un padre di famiglia, soccombe alle pretese di uno strozzino, Gianni, che gli promette un lavoro, mentre lo rovina sempre di più alle carte ed ha in mano tutte le sue proprietà.
Il mondo esterno sta al di là del muro, e si può osservare solo attraverso una finestrella; questo va ingannato con sotterfugi, oppure ignorato “perché mia mamma non vuole”: Nino preferisce rinunciare ad avere una vita sua, alla possibilità di amare Sara, una donna che viene picchiata dallo strozzino, piuttosto che dover lottare con una forza più grande di lui, ovvero sua madre; e Pietro inutilmente si nasconde i gioielli della moglie tra i pantaloni per non doverli consegnare. È assente la capacità di affrontare di petto una situazione, ma sempre e solo svicolando, come nelle discussioni tra Nino e Pietro, il cui climax si trasforma in silenzio. Si potrebbe dire che questi due uomini adulti sono come dei bambini, per questo loro essere antieroi, ma in verità rispecchiano il modello dell’uomo siciliano, che si ribella solo quando si sta per spezzare l’ultima corda.
La radio con la musica americana scandisce i momenti tra una scena e l’altra, in cui Pietro è sempre più povero e disperato e Nino pensa alle mosche da intrappolare per farle bere insieme al vino a Gianni, il quale viene poi ucciso, si dice, da un padre di famiglia.
Lavinia Consolato

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