“Iancura” di Paolo Casuscelli: un piccolo caso editoriale tutto siciliano.

“Iancura” di Paolo Casuscelli: un piccolo caso editoriale tutto siciliano.

Emanuela Giorgianni

“Iancura” di Paolo Casuscelli: un piccolo caso editoriale tutto siciliano.

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martedì 09 Luglio 2019 - 08:00

Presso la Sala Fasola, Paolo Casuscelli ha presentato il suo libro “Iancura. Brevi racconti dall’isola di Salina”, in dialogo con Patrizia Danzè e con le letture di Maurizio Marchetti. L’evento è organizzato dal Cinema Apollo, dalla Libreria Bonanzinga e da Mucchi editore.

“Iancura si distende sopra le terre e il mare e profumata l’aria sospende trasparenze”. Queste parole di Goethe aprono il libro di Casuscelli “Iancura. Brevi racconti dall’isola di Salina”. La iancura definisce, nel dialetto eoliano, il biancore delle isole durante le giornate di calma. È quella particolare situazione metereologica che permette al cielo e al mare di sorridere insieme, rappresentata sin dalla copertina del libro, in un disegno a china di Dora Casuscelli. Ed è proprio la iancura che Goethe scorge nei paesaggi siciliani del suo Viaggio in Italia o quella, narrata da Omero, in cui si trova immersa la nave di Ulisse mentre sta per raggiungere le Sirene. Come afferma Giovanni Lombardo nella postfazione al libro, Omero la definisce galéne, la cui radice indica splendore, la stessa del termine gelos, riso, perché dalla sua calma proviene una grossa gioia. È un tempo di hegeliana “translucida quiete”. Per l’autore è il sorriso di Dio, l’immagine del sublime.

Come la iancura, testimonianza del sublime è proprio il libro di Paolo Casuscelli, divenuto, dopo la sua prima edizione del 2003, un vero caso editoriale sull’isola. A presentarlo, presso la Sala Fasola, insieme al suo autore, sono Patrizia Danzè e Maurizio Marchetti con la sua magistrale lettura dei brani; grazie all’evento organizzato dal Cinema Apollo, dalla Libreria Bonanzinga e da Mucchi editore.

Daniela Bonanzinga dà avvio al tutto: “non si è mai visto un incontro con un autore così pieno di persone; il merito è proprio di Casuscelli, grande professore, tra coloro che davvero valgono, perché puntano in alto, fanno confrontare gli studenti con ciò che è difficile e i risultati sono palesi”.

L’autore tesse insieme i diversi racconti e i tanti personaggi delle sue avventure negli otto anni di insegnamento in una scuola media di Salina. Anni ricchi di scoperte, di crescita, perché nessuno più di un insegnante impara ogni giorno qualcosa, di riflessioni e di profonda bellezza, su uno sfondo comune, protagonista assoluto: il mare. Il mare, da Omero fino ad oggi, ha sempre assunto un valore fondamentale, e per Casuscelli amante della pesca subacquea, di cui parla ampiamente, costituisce l’importante filo conduttore del suo lavoro. Un mare doloroso quando la preda, faticosamente catturata, è perduta, ma estremamente soddisfacente quando vittoriosi la si porta a casa, un mare fonte di travaglio ma anche emblema assoluto della bellezza con la sua iancura, “la chiarità del cielo, il soffio del mare, i vapori che sembrano dissolvere monti, mare e cielo in un solo elemento”.

Qui si articolano le vicende dei suoi caratteristici personaggi: Gianni Re, capo ormeggiatore, detto il Pilota e il grande amore per il suo maiale; Nino Italiano, acuto manipolatore del linguaggio, incallito bevitore ma mai obnubilato, il cui fegato resta illeso; Nino Bongiorno con la sua officina grande salotto in cui si deve discutere di pesca, cortiglio e politica locale; Carlo Hauner, che per Salina ha fatto moltissimo e la cui perdita è per l’autore un dolore incolmabile, designer che vive agiatamente, però, grazie ai suoi vini e il suo Malsavia, con le sue feste e il suo odioso cane.  

Diverse le figure femminili che fanno comparsa tra le pagine, ma quella di sua moglie, con grazia ed eleganza, si eleva su tutte, suo vero barcaiolo di fiducia, capace di stargli tanto vicina quanto lontana, alla pazienza della quale viene dedicato il libro.

E, poi, i suoi alunni, cuore della storia: Antonino eccellente a scuola, capace di studiare e ancor di più di vivere; il cugino Giuseppe e il suo originalissimo tema sulla donna, omaggiata dai poeti ma non da progettisti e architetti, creatori dei tombini delle strade a strisce dove si incastrano i tacchi; Natalino, conosciuto come Arsenio Lupin, capace di prendere a nuoto, con le pinne – penne regalate dal suo professore, cinque tonni; il simpaticissimo Sergio che pur non amando lo studio ha tanto da insegnare; Totò battuto dal professore a braccio di ferro; Simone che segue ovunque l’insegnante, anche dopo la scuola, e la sua preoccupazione paternalistica per quell’uomo così speciale che l’ha saputo capire e apprezzare, i loro discorsi su Leopardi e la sua capacità di tradurre a sette anni, “e cu u battiva a chistu?”, “Ma… nasciu così, o si drogò?” e tanti altri.

Un rapporto speciale, “cifra indecifrabile, una reciproca irrazionale appartenenza”, che si viene a creare grazie a Casuscelli, un insegnante particolare, per cui il registro diviene “lo strumento più idiota dalla scuola, bollettario burocratico – stalinista, cartulario igienico – sanitario”, un insegnante che è un paradosso per i suoi alunni, in grado di conquistarli con quello che sa e, prima ancora, con quello che è, permettendo loro di seguire e divenire ciò che sono realmente. Insegna loro l’autenticità, radice culturale di un luogo magico come Salina.

Casuscelli definisce Salina, appunto, luogo dell’anima, un luogo originario che “ti restituisce alla dimensione di autenticità, di condivisione ma anche solitudine, in cui è dato fare esperienza della tua libertà esistenziale”. Un luogo che, per essere attraversato, conosciuto, amato, porta l’autore a cingere ai fianchi il suo giunco (e a chiamare così tutti i suoi gommoni), nello stesso modo in cui Virgilio cinge ai fianchi di Dante un “giunco schietto”; è un giunco di umiltà per azzerare pregiudizi e presunzioni, e tornare all’essenziale, come solo in quel luogo originario è possibile fare.

Di Salina il professore non ama, infatti, il periodo vacanziero, il mito della vacanza e dell’estetica che trasformano l’isola da luogo originario a luogo vacanziero, da luogo autentico a luogo estetico, in cui barca diviene simbolo di stato sociale e non più strumento di vita; non può amarlo perché lo priva della sua accezione di beatus.

Beatus vir, è beato l’uomo che vive su un’isola e fa di sè un’isola in cui affrontare la tempesta ma trovare rifugio nel suo porto di quiete, ritiene lo scrittore: “La cosa più importante che impari dall’isola è quella di fare di te stesso un’isola. Non ti spinge a chiuderti, ma a trovare la forza per fare di te una dimora, un luogo in cui poter accogliere tanto la propria solitudine, quanto la propria apertura all’altro. L’isola in cui si vive un tempo diverso, di libertà, insegna a tornare all’essenziale”.

E un tempo diverso è, proprio, quello del libro, un ritmo volutamente calmo e avvolgente, sembra incarnare il movimento dolce delle piccole onde che si infrangono a riva quando il mare è calmo, fa respirare l’aria tranquilla dei paesaggi estivi descritti, i cui termini dialettali rievocano e fanno toccare con mano momenti ed emozioni, un tempo sospeso e uno spazio indefinito tra il reale e l’onirico.

La leggerezza del libro, proclamata dal suo autore come conquista, voluta e ricercata per alleggerire chi legge, ha, però, il merito di permettere di trattare i più svariati argomenti in questo succedersi dolce di pensieri e considerazioni. Nella loro leggerezza i ricordi riportati spingono il lettore a interrogarsi, come solo una grande scrittura è in grado di fare. La scrittura di Casuscelli “piena di grazia, capace di usare ironia e sarcasmo, sempre di grande freschezza, ma una freschezza a volte anche malinconica” come spiega Danzè, racconta il bello, le mutate espressioni dell’identico, il malessere, le sfumature della nostra identità, la crescita, la mancanza, soprattutto della mamma con la quale si immagina tornare un giorno sull’isola e presentare i suoi alunni e sua moglie; ma anche momenti di difficoltà come l’incontro con la signora che fugge perché picchiata dal marito, o romantici come la storia d’amore di Gea e Marino e, in conclusione, sempre con la medesima leggerezza, ci parla di Burckhardt, Goethe, Herder, Edgar Allan Poe, Omero, Dante, tutti accomunati dal restar colpiti da questa Sicilia, terra del sogno.

È un libro poetico, filosofico, uno squarcio di vita vera. Pensando alle sue pagine, mi sovviene la frase di Ortega y Gasset “la chiarezza è la cortesia del filosofo”, perché Casuscelli si fa filosofo nelle sue riflessioni e sceglie, come dono per i suoi lettori, la chiarezza che non è banalità, la semplicità che non è facilità, la leggerezza che non è superficialità, tutt’altro, per derivarne un’opera che colpisce i cuori e le menti, pone domande sulla vita, sul senso delle cose, come un professore dovrebbe sempre fare. Egli stesso difende, infatti, il valore dell’insegnamento come impegno globale, da professore insegna anche a non fare la spia, che depilare le sopracciglia altera la fisionomia, che lo smalto delle ragazzine è osceno, e il suo rifiuto totale per i bracciali d’oro negli uomini.

Casuscelli si domanda: “Ed io che sono? Uno che vive di parole”. Senza lavoro e senza opera questo gli appare nulla, ma è in realtà moltissimo. Sono le parole a trovare un senso agli istanti, sono le parole a raccontare la vita e, in particolare, le sue di parole sanno trasportare in questa Salina incantata, nei suoi sogni e nei suoi valori, riscoprendo l’essenziale, qui per nulla invisibile.

Terminano l’evento gli interventi dei tantissimi ex allievi presenti, con tutti i loro aneddoti, e un brindisi con l’autore.

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