"Il Covid ha silenziato ciò che produce bellezza: arte, cultura. Riapriamo"

“Il Covid ha silenziato ciò che produce bellezza: arte, cultura. Riapriamo”

Redazione

“Il Covid ha silenziato ciò che produce bellezza: arte, cultura. Riapriamo”

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domenica 18 Aprile 2021 - 09:30

La riflessione di Martina Famulari pubblicata sulla testata on line girodivite.it "Le chiese sono aperte, le partite di calcio si svolgono. Perchè si può alimentare la fede e non la cultura?"

Da più di un anno conviviamo con la situazione pandemica, tra nuovi Dpcm, alternarsi di zone colorate, chiusura e apertura di ristoranti, bar e negozi. Coloro che hanno risentito maggiormente di questa situazione sono i silenti, i piccoli editori, direttori dei teatri, proprietari di librerie, artisti, piccoli imprenditori e professionisti della cultura. In sintesi, chi ha sentito maggiormente le ferite causate dell’attuale situazione pandemica è la cultura.

Il silenzio su arte e cultura

Oltre alla situazione sulla gestione della scuola e della formazione degli studenti, è inevitabile riflettere anche sulla spaccatura sociale e culturale che nel corso di questa assurda situazione si sia creata. Un divario in cui si alimenta il non “culturalmente proficuo”, e mette involontariamente a tacere ciò che produce bellezza: la cultura, l’arte, la musica, l’editoria e il teatro.

Fede e calcio sì, cultura no

Sorge spontaneo chiedersi la motivazione sul perché le chiese siano aperte, con rigorose norme progettate e seguite ad hoc, partite di calcio e assembramenti ingiustificati continuano a svolgersi. La necessità di alimentare la fede non è dunque necessaria al pari di ciò che alimenta cultura e, al contempo, permette a chi ha impiegato anni e sacrifici per la diffusione di quest’ultima a renderla un lavoro?

Un pensiero critico

La riflessione e la provocazione intenzionale citata dal titolo del nostro articolo, è un invito a risvegliare le coscienze. Realizzando “I Capricci”, Goya usa questa metafora dove invita gli uomini a non perdere il controllo dell’intelletto, a riflettere sulla necessità di costruire un pensiero critico che possa renderci liberi di scegliere, di schierarci e di avere piedi ben piantati a terra e lo sguardo verso l’infinito.

Auspichiamo che questo divario, o “spaccatura” sociale, non alimenti ancora di più la carenza culturale e la necessità di preservare l’istruzione e il modo di interfacciarsi con una cultura che non sia più silente, esclusa, considerata “inefficiente”, inutile e improduttiva per il paese. Le generazioni future saranno coloro che ne risentiranno più di tutti.

Riapriamo alla bellezza

I ragazzi necessitano di scrutare la bellezza nei musei, osservare le rovine, toccare personalmente pezzi di Storia e cultura, devono assaporare l’intensità e la passione con cui i pittori e scultori hanno creato, tornare nei cinema, rimparare l’arte della meraviglia, o semplicemente, grazie a un testo shakespeariano recitato in teatro, rimembrare la sensazione di estasi provata grazie alla sensibilità dell’arte, confrontarsi con il talento di attori e registi, un “talento” costruito mediante sacrifici, rinunce e sogni. Tutto questo – lentamente si sta spegnendo.

Non condanniamo i giovani

Silenziare la cultura porterà a spegnere il desiderio di meraviglia, per la vita e la sete di conoscenza, non condanniamo le future generazioni e chi ha deciso di vivere grazie alla cultura. Pensiamo ai piccoli librai con la speranza che un giorno tutto questo possa finire e la quantità di profitto delle vendite si basi su dei testi e non sull’uso delle mascherine.

MARTINA FAMULARI https://www.girodivite.it/Il-sonno-della-ragione-genera.html

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Un commento

  1. Attribuire le chiusure al virus é fuorviante. Le chiusure seguono scelte politiche che trovano nel virus il pretesto e nell’economia le ragioni. Invece di ribadire l’ovvio dovremmo prendere tutti atto della societá che, con il nostro consenso disinformato, stiamo costruendo. Se tale prospettiva non ci piace abbiamo solo da rispettare la costituzione e disobbedire a tutti quei regolamenti che la infrangono.

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