Il marcio padano nel nuovo romanzo di Domenico Cacopardo

Il marcio padano nel nuovo romanzo di Domenico Cacopardo

Tosi Siragusa

Il marcio padano nel nuovo romanzo di Domenico Cacopardo

mercoledì 07 Febbraio 2024 - 19:20

“Pas de Sicile. Ritorno a Candora"  intreccia le leggi razziali e un luogo immaginario

“Pas de Sicile. Ritorno a Candora” è il nuovo romanzo di Domenico Cacopardo Crovini per Ianieri Edizioni.

C’è del marcio nella Val Padana

Domenico Cacopardo Crovini (nella foto tratta dalla sua pagina Fb) è scrittore prolifico, autore fin qui con produzione prevalente di gialli, più facilmente definibili come tali, sulla scorta di quella sequenza ordinariamente preordinata a tale genere, id est odio, vendetta, delitto, indagine e connessa sanzione.

C’è del marcio in Val Padana. In quest’ultima opera, la Sicilia, luogo dell’anima e terra paterna ove sembrano esserci le sue radici – pur se nell’isola ha trascorso solo dodici anni e tante estati- è per la prima volta presente nell’intitolazione” tout court” , e, come traspare dalle pagine del romanzo, non compare quale ambientazione, che è trasportata in un luogo immaginario dalla evocativa denominazione di “Candora”, che rimanderebbe alla purezza degli abitanti e in primis del fondatore, tal Siro Sieroni, imprenditore e mecenate, del quale si vorrebbe realizzare, nel centenario della costituzione del Comune, un sentito omaggio, quale saggio di apertura.

Protagonista Domenico Palardo, visibilmente alter ego dello scrittore, magistrato in pensione, che, incaricato dall’amministrazione comunale del coordinamento del cennato volume celebrativo, con annessa evidenziazione delle virtù del benefattore, nella ricerca di informazioni rinvenendo però misteri e dati inquietanti sullo stesso Sieroni, come la presenza di un suo figlio illegittimo e allarmanti concatenazioni allargate con la comunità paesana tutta, si metterà a indagare trasformandosi in detective per ricomporre la matassa, al netto delle intimidazioni e minacce che dovrà subire, fino a rintracciare la verità nella piccola storia di Candora.

Il nodo principale rimanda alle leggi razziali del 1938, con connesse ruberie del patrimonio ebraico, spesso sepolte sotto la coltre dell’oblio, che hanno segnato tante esistenze prima delle definitive deportazioni e uccisioni nelle camere a gas.

Il ricordo di accadimenti passati è sovente utilizzato unitamente allo scandaglio del presente, e ambedue le epoche appaiono sporcate dalla corsa al potere, le ipocrisie sociali e il conformismo.

Lo stile è fluido e la scrittura realistica, volutamente non ricercata, ma colloquiale, ed è riscontrabile, in uno alla drammaticità, l’irrisione ed una certa venatura ironica, che, se qui sono volte a stemperare il pathos, sono altresì paradigmatiche dell’essenza dell’autore e caratterizzano il suo modus operandi.

Il testo ben scandaglia luoghi e personaggi, restituisce atmosfere, stimola le coscienze, non indugiando più del dovuto in scene macabre, ma, nella costante dialettica fra privato e pubblico, ne condanna i mali presenti e passati, le pochezze e falsità e, in merito all’omicidio che parrebbe scompaginare i tasselli che pur fin lì erano andati a ricomporsi, costruisce un nuovo terreno di indagini, addentrandosi soprattutto nelle storture delle psiche umane, contorte e insensate e votate al controllo sociale, miserevoli, insomma.

Come ho già anticipato, siamo fuori dagli schemi del “noir” classico e al cospetto di un genere ibrido, più definibile quale giallo psicologico, che attraverso il minuzioso lavoro di scavo introspettivo, mira a restituire un senso alla storia, anche quella familiare, e di un ristretto centro, che, a dispetto del nome, con rimandi voltairiani, si rivela essere un vero verminaio.

In conclusione, il denso e pregevole romanzo, pubblicato da Ianieri Edizioni nel 2023 per la Collana “Le Dalie Nere”, riproduce una storia asiciliana, navigando in un fiume novello, il Po, e dunque, già dall’ironico titolo, di rimando elettivo alla precedente produzione di ambientazione nella nostra Isola ,luogo fin qui identitario, vuol segnare il passo rispetto alle pregresse diciotto opere letterarie e ci trasporta in Val Padana e per la prima volta riporta in copertina il cognome materno, accanto a quello consueto, in omaggio alla famiglia emiliana dei Crovini.

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