Vittorio Sgarbi a Messina...senza freni.

Vittorio Sgarbi a Messina…senza freni.

Claudio Staiti

Vittorio Sgarbi a Messina…senza freni.

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lunedì 14 Novembre 2011 - 16:29

Perché mi agito? "Istinto". Il palacultura di Messina? "Una cagata". Le Università? "Mondo corrotto". Berlusconi? "Verrà rimpianto".

Domenica 13 novembre al Palacultura “Antonello”, nel cartellone della Filarmonica Laudamo, è andato in scena “Discorso a due. Liszt, Dante, Michelangelo: omaggio all’arte italiana”, uno spettacolo multimediale sull’arte, la letteratura e la musica incentrato sul quaderno italiano della raccolta pianistica Anni di pellegrinaggio di Franz Liszt di cui ricorre quest’anno il bicentenario della nascita. Al pianoforte Nazzareno Carusi, voce recitante lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi.

Dopo l’applaudita esibizione, il critico d’arte e noto polemista dei salotti televisivi ha concesso un’interessante intervista a Tempostretto.it.

Lo spettacolo nasce da questa correlazione Liszt-Michelangelo-Dante. Musica, pittura e letteratura. Come si è arrivati alla costruzione di questo legame?

Siccome il Giudizio universale di Michelangelo, nella sua natura, è un sorta di illustrazione della Divina Commedia, il nesso Dante-Michelangelo è abbastanza intuitivo. Dante si esprime nella letteratura, Michelangelo si esprime nella pittura o nella scultura. Liszt ha l’ambizione del musicista di potere fare qualcosa che sia degno di Dante e di Michelangelo. L’idea deriva dai Quaderni di pellegrinaggio (Années de pèlegrinage) in cui c’è un’attenzione per le sculture di Michelangelo e per l’opera di Dante. A un certo punto, Liszt compone dei pezzi ispirati a Michelangelo e a Dante che il Carusi (il maestro Nazzareno Carusi n.d.c.) ha messo insieme alle immagini. Nel caso del pezzo ispirato a Dante, si è pensato che l’illuminazione venisse dal V canto dell’Inferno. Questa è la decima volta, forse anche di più, che lo facciamo… ma stasera (ieri sera n.d.c.) c’era un ottimo clima, si stava benissimo. É la prima volta che faccio poca fatica, solitamente mi accaloro…

Lei ha un rapporto con il pubblico molto particolare. Quando ha provato a proporre anche in televisione iniziative del genere, gli ascolti non l’hanno premiata. Trova che il pubblico televisivo non sia “educato” all’arte o c’è dell’altro?

Ho tentato di fare una cosa del genere in prima serata ma c’era quello lì che ha ucciso la moglie, come si chiama? («Melania», vocifera qualcuno) Ecco, quella. Gli assassini di quest’anno, quelli di Avetrana, di Bergamo e così via hanno determinato una grande curiosità, per cui io son partito quella sera verso le nove e un quarto mentre sul terzo canale era già partita ‘sta cosa su Melania e la gente è rimasta attaccata lì. Quindi probabilmente di fronte a dei fenomeni così morbosi, se io invece avessi parlato di Strauss-Kahn o di Berlusconi anziché di altro…. Ma non ne farei una colpa a nessuno… Effettivamente l’ascolto non alto ha determinato la chiusura del programma, non sono molto preoccupato, sono un uomo sereno.

(Qualcuno gli chiede del suo contratto con la Rai). In realtà io ancora non ho preso una lira, però siccome il contratto era già firmato, allora c’è un ipotesi di tradurlo in alcune puntate di mezz’ora sugli artisti da fare in seconda serata.

Lei è percepito più come un personaggio televisivo che come un uomo accademico. Si dispiace di ciò?

Non mi dispiaccio di niente. L’accademia non è un luogo particolarmente virtuoso, tutta la nostra storia recente è contro l’accademia, le avanguardie sono contro l’accademia… e poi ritengo il mondo universitario un mondo corrotto. Sono percepito come… dipende da chi mi vuole percepire (ride). Da molti sono percepito come uno che non ha paura di dire quello che pensa, il che mi sta anche bene.

(Una ragazza gli chiede: «Perché quel fatto sempre di agitarsi…? Uno potrebbe dire quello che pensa in modo più pacato…»)

Dipende dalle situazioni, se c’è qualcuno che mi fa girare i coglioni glielo dico, perché… non sono svizzero! C’è chi è svizzero e chi non lo è… Quel modo è istintivo…

La sua esperienza al Comune di Salemi è legata, fra le altre cose, in particolare, a due circostanze. Lei ha ragionato sulla mafia considerandola più un modello culturale che un problema sociale. A suo avviso, qualche siciliano addirittura se ne vanta, considerandola quasi un trofeo da mettere in bacheca. Altra polemica, da lei scatenata, riguarda l’installazione di pale eoliche sul territorio, politica ambientale che lei molto contestata…

Per quello che riguarda la mia esperienza, credo che fosse mio dovere, e in parte ci sono riuscito – con i metodi di cui si discuteva – a convincere la gran parte della popolazione, sin allora inerte, che le pale eoliche sono un delitto contro il paesaggio, sono un luogo dove la mafia può lucrare e sono la distruzione di qualcosa che la Costituzione indica di preservare; perché se c’è una cosa che in Sicilia, o in Puglia, – per citare un’altra regione –, ha una sua assoluta e armoniosa bellezza mitica, come ai tempi della Magna Grecia, è il paesaggio. Quanto meno lo si altera, tanto più si rispetta il buon senso.

Quanto al tema della mafia, c’è da dire che la mafia c’è stata in Sicilia e ci sarà ancora, immagino, in aree ristrette e con una forza di penetrazione molto meno efficace di un tempo. Ma se l’antimafia che l’ha combattuta, invece di fotografare la realtà com’è, insiste sul riprodurre la mafia, questo può diventare un elemento diffamatorio. Nel caso mio, può capitare che in un comune dove di mafia non c’è ombra, – e io ne sono assolutamente certo –, come quello di Salemi, diventa offensiva l’idea che ci siano dei commissari che vengono a cercare infiltrazioni mafiose in un comune in cui un esponente politico, sia pure discusso, ha fatto le elezioni con me, coram populo, e quindi non si può cercare di far diventare mafioso ciò che è dichiarato. Questa cosa qua mi pare un tradimento della verità e un comportamento così perversamente insidioso che diventa una specie di condanna per la Sicilia, nel momento in cui cercano di mettere le mani avanti e di difenderti da qualcosa che magari non c’è più, impedendoti di fare qualcosa di nuovo. Io non mi candiderò mai più a Salemi e la mia esperienza in Sicilia è stata, alla fine, negativa. Non perché abbia tratto un danno per me ma perché sono stato circondato non dalla mafia ma dall’antimafia che è una cosa opportuna se ti difende dalla mafia ma se ti difende da quello che non c’è…!

(Sgarbi nel frattempo sta organizzando la serata, che sarebbe proseguita con una visita alla chiesa di San Giovanni di Malta, uno dei pochi edifici rimasti in piedi dopo il terremoto del 1908. Allora un ragazzo, approfitta dello stacco per chiedergli cosa ne pensa dell’edificio nel quale ci troviamo, cioè il Palacultura, situato, come sappiamo, di fronte la chiesa di San Francesco all'Immacolata. E non ci pensa due volte: «Una cagata»)

Quanto invece i crolli di Pompei sono emblematici della situazione culturale italiana?

I crolli sono stati uno strumento formidabile per caricare di ulteriori responsabilità il governo che già ne aveva, e per eliminare Bondi. Per il resto, è normale che le rovine vadano in rovina, per cui un’area così vasta per una manutenzione così debole può avere mostrato dei problemi, anche se non mi pare che nessuno crollo sia stato particolarmente grave. Resta chiaro però che l’unico modo per limitare i crolli è, invece di spendere i denari in restauri, stabilire una squadra di persone che ne curi le strade e gli edifici. Del resto, Pompei è una città viva. Se tu restauri una cosa nel 1960 e poi non la tocchi più… É proprio un principio sbagliato di manutenzione del sito. Sito peraltro così in vista che qualunque cosa gli capiti, anche non gravissima, viene subito amplificata. É una situazione patologica, che interessa anche altre aree, che però non va curata con la ricetta di interventi straordinari…

Ci dà un commento sulla situazione politica attuale?

La situazione politica attuale è la situazione migliore che poteva toccare a Berlusconi… («E’ favorevole al governo Monti?», chiede una ragazza) Il governo Monti non è un Governo…, a favore del governo Monti è Berlusconi. Poniamo che fosse rimasto sino alla fine: oggi perde la metà dei voti, a quel punto li avrebbe persi tutti. Dal momento che lui ha perso i voti non perché ha governato male, ma perché lo hanno sputtanato e lo hanno reso incredibile, non aveva alternative e doveva farsi da parte. Però, lui non c’è più ma ha la maggioranza, forte al Senato. Per cui Monti va avanti, fa delle cose che lui non poteva fare; se le cose vanno bene, le vota, se non vanno bene non le vota. Per un anno e mezzo è nella condizione ideale, che poi gli consentirà di essere rimpianto. Non poteva avere più culo di così, nello stato in cui è.

Oggi lei ha parlato di Rinascimento. Pensa sia auspicabile e necessario un nuovo “rinascimento” oggi?

Ce n’è abbastanza. Nessuno momento è stato più ricco e fertile di adesso. Certo, nel passato hanno fatto cose più grandi ma anche il nostro è un buon tempo.

Vittorio Sgarbi (Ferrara, 8 maggio 1952) è un critico d'arte, politico, opinionista, personaggio televisivo e storico dell'arte italiano. Si è laureato in Filosofia con specializzazione in Storia dell’arte all’Università di Bologna. Più volte membro del Parlamento e di amministrazioni comunali come quella di Milano, è stato sottosegretario ai Beni Culturali. E’ direttore alla Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Venezia. Dal 30 giugno 2008 è sindaco della cittadina siciliana di Salemi.

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