"Io, docente, vi racconto la scuola al tempo del Coronavirus. Con rabbia e con amore"

“Io, docente, vi racconto la scuola al tempo del Coronavirus. Con rabbia e con amore”

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“Io, docente, vi racconto la scuola al tempo del Coronavirus. Con rabbia e con amore”

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mercoledì 01 Aprile 2020 - 07:18

Coronavirus- "Decenni di tagli e disinteresse verso l'istruzione hanno seppellito il sapere in Italia. Ora m'indigno di fronte a certe circolari..."

Di seguito la riflessione di Nicola Belfiore, un docente che racconta il momento drammatico che sta attraversando il mondo della scuola dopo decenni di tagli.

Docenti spinti allo sbaraglio

In questa emergenza pandemica, ci viene chiesto, con circolari e provvedimenti forzati, di dimostrare al mondo che i docenti e tutta la scuola italiana sono fattivamente presenti e attivi. Ci viene chiesto, anche, di coinvolgere le classi in una didattica a distanza mai sperimentata, sottolineando l’importanza di far sentire la nostra presenza agli alunni. Veniamo chiamati ad utilizzare i mezzi a nostra disposizione, cavalcando la rete su piattaforme e percorsi che non conosciamo. Spinti allo sbaraglio, dalla mano dell’ipocrisia e incoerenza politica, per presentare al mondo l’Italia che lavora, pretendendo quello per cui non siamo mai stati preparati.

Anni e anni di tagli alla scuola

Per decenni abbiamo gridato all’unisono, da nord a sud, la necessità di prestare attenzione a quello che l’istruzione rappresenta o dovrebbe rappresentare in una Nazione. Abbiamo chiesto, la considerazione che la scuola italiana meriterebbe, in quanto può vantarsi di un corpo docenti invidiabile e di alto livello intellettuale. Chi lavora nella scuola sa delle problematiche quotidiane legati a tagli economici continui, a fondi mai disponibili, a strutture ed infrastrutture fatiscenti, a mezzi e materiali obsoleti e del tutto inadeguati, sottolineati da una continua e corale richiesta di cambiamento e/o rinnovamento e da un assordante silenzio di generazioni in evoluzione. Nessuna formazione sulla didattica a distanza è stata dedicata e pensata per la scuola e per il personale scolastico, solo tagli. La realtà, per la maggior parte dei casi, è fatta di reti wireless mal funzionanti o non adeguate, di computer d’annata e non sufficienti alle reali esigenze, di fondi limitati e mai disponibili, di lavoro sommerso, di stipendi umilianti e di gran lunga al disotto delle medie europee.

L’amore per il nostro lavoro

Eppure, in questo scenario profondamente mortificante, noi docenti di qualsiasi ordine e grado, abbiamo, comunque, garantito l’istruzione ad un intero Paese, chinando la testa anche ai “contentini” contrattuali. Ci siamo sempre presentati al lavoro per il piacere e l’amore di farlo. Per la grande soddisfazione di vedere le facce allegre o musone dei nostri discenti. Abbiamo intuito, compreso e, a volte, risolto le loro problematiche esistenziali legate a famiglie quasi sempre più inadeguate, smarrite e, a volte, inesistenti. Ci siamo e vogliamo continuare ad esserci. Siamo stati affianco ai nostri alunni e con loro abbiamo sofferto le ristrettezze di non avere una palestra, un laboratorio o le attrezzature adeguate che la legge dovrebbe garantirci, in aderenza e rispetto al diritto costituzionale allo studio. Noi, donne e uomini della scuola: docenti, dirigenti, personale ATA, direttori, segretari, applicati ecc., abbiamo sorretto questa sgangherata Istituzione, emarginata e con indifferenza calpestata dalla politica del passato e del presente.

La scuola e il virus

Oggi, ci viene chiesto con toni perentori, così come la necessità del momento prevede, ma non giustifica, di essere vicini ai nostri alunni e di sostenere la scuola utilizzando mezzi e materiali disponibili in rete: E-learning, Classroom, piattaforme digitali, link e quant’altro pur di coinvolgere quanti avessero voglia di seguire la didattica a distanza, facendo forza sull’iniziativa personale degli insegnanti e sulla loro voglia di essere comunque presenti. Tutto ciò è lecito, sia per dovere istituzionale e anche perché il garbo e l’intelligenza dei nostri dirigenti (almeno la mia) ha lasciato la possibilità, non l’obbligatorietà, di azione e iniziative.

M’indigno per alcune circolari

Non posso, però, come docente non indignarmi di fronte alle tante note del MIUR , come ad esempio la n°318 dell’11/3/2020, dove veniva chiesto ad ogni scuola di monitorare tutte le classi per sapere: “quanti alunni possono contare su dispositivi elettronici (smartphone, pc, tablet, ecc.). Quanti alunni possono contare su dispositivi elettronici e collegamento internet. Quanti alunni stanno effettivamente seguendo ed effettuando la didattica a distanza. Quali strumenti stanno utilizzando i docenti del Consiglio di classe (oltre all’uso del R.E.) per la didattica a distanza.” Informazioni dove il MIUR sottolinea l’obbligatorietà e l’urgenza di trasmissione, ignorando che tutto quello che viene chiesto di sapere dovrebbe già essere da anni bagaglio a seguito di una scuola nuova e, soprattutto, innovativa.

Seppellito il sapere di un popolo

Paradossalmente stiamo assistendo all’ammissione implicita del Governo di non aver mai dotato le scuole degli indispensabili mezzi e materiali dei quali non si può oggi fare a meno. L’altisonante Ministero Istruzione Università e Ricerca, scarica sulla scuola e sui docenti le proprie colpe e superficialità, che da decenni hanno seppellito il sapere di un popolo. Relegato nel mio sconforto, ribadisco: dove si trovava il MIUR e dove sono stati i nostri politici in questi ultimi decenni, quando gli abbiamo con forza urlato nelle orecchie la necessità e l’urgenza di una scuola diversa, nuova, adeguata, in linea con le esigenze di chi continuava a crescere e cambiare, reclamando informazioni, formazione, e, soprattutto, attenzione? Tutti i docenti, oggi, con iniziative personali o collegiali, in un rispettoso silenzio, stiamo lavorando come abbiamo fatto sempre, con la piena coscienza e consapevolezza che senza la scuola il nostro Paese sarebbe stato un deserto culturale, come le menti di alcuni politici.

Nicola Belfiore

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2 commenti

  1. La testimonianza del docente è emblematica: sono definiti “forzati” i provvedimenti con i quali il Governo ha voluto salvaguardare l’anno scolastico dei nostri figli, ed in più punti della nota si enfatizza il concetto dei “tagli” che appaiono l’unica causa dello stato in cui si trova oggi la scuola italiana, stato che a detta del docente sarebbe stato determinato soltanto da chi non ci lavora dentro.
    Troppo comodo, forse.
    L’esigenza che un docente sia, nel 2020, in grado di interagire con le risorse che la rete rende disponibili non va vista come un imprevisto determinato dalla attuali condizioni di emergenza. Questa esigenza dovrebbe essere la normalità, alla quale tutti avrebbero dovuto dare nel passato il giusto contributo: sia le Istituzioni sia le persone che lavorano nella scuola.
    Ci sono docenti che stanno dimostrando un elevato grado di utilizzo delle risorse in rete: oggi mio figlio ha sostenuto una prova scritta di Fisica al Liceo Scientifico attraverso Google Meet (la classe virtuale) e Google Forms (il compito in classe). La sua Docente di Fisica ha mostrato un livello di utilizzo di questi strumenti confrontabile con il livello di utilizzo tipico delle Aziende private (io lavoro in una di queste, io e i miei colleghi sappiamo usare gli strumenti oggi più diffusi per l’interazione a distanza, e nessuno ci ha fatto mai un corso).
    Nel 2020 la preparazione di un docente non passa più soltanto da quella somministrata dall’Istituzione, ma è sempre più caratterizzata dal concetto di autoformazione e dalla voglia di migliorarsi. Formazione da parte delle Istituzioni ?!?!? C’è YouTube pieno di tutorial su ogni strumento informatico oggi disponibile !
    Sono convinto che i docenti della nostra scuola abbiano i mezzi per poter fornire, in questo momento di emergenza, un buon servizio ai nostri studenti.
    La rabbia ci può stare, l’amore anche. Ciò che però serve prioritariamente in questo momento è massimo impegno e professionalità. Per la rabbia e l’amore verranno tempi migliori dell’attuale.

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  2. egr. sig. Bonasera,
    non posso che essere contento che ancora ci sia qualcuno che come Lei crede nella scuola. Trovo sacrosante Le sue esternazioni sulle carenze della politica degli ultimi decenni verso l’istruzione. Ma trovo esagerata la sua affermazione in uno slancio di impeto “tutti i docenti, oggi, con iniziative personali o collegiali,..stiamo lavorando come abbiamo fatto sempre”, perchè non mi risulta assolutamente vero, essendo padre di uno studente delle superiori e quindi avendo contezza di ciò che realmente sta accadendo in una parte di scuola e che, a parte chi come Lei ha la missione dell’insegnamento, per moltissimi altri suoi colleghi la sua affermazione con corrisponda a verità purtroppo…

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