“La Cena” arriva al Teatro Vittorio Emanuele e lo trasforma in un banchetto tra attori e spettatori

“La Cena” arriva al Teatro Vittorio Emanuele e lo trasforma in un banchetto tra attori e spettatori

Emanuela Giorgianni

“La Cena” arriva al Teatro Vittorio Emanuele e lo trasforma in un banchetto tra attori e spettatori

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martedì 07 Maggio 2019 - 14:20

Conferenza stampa di presentazione de La Cena, progetto teatrale di Walter Manfrè, scritto da Giuseppe Manfridi. Un evento unico, che coinvolgerà solo 27 spettatori per volta.

Il foyer del Teatro Vittorio Emanuele si trasforma in una suntuosa sala da pranzo per accogliere una cena del tutto particolare. Un padre, la figlia, il genero e il maggiordomo, 4 posti riservati a questa particolare famiglia e altri 27 destinati agli spettatori, testimoni attivi della vicenda. È La Cena, scritta da Giuseppe Manfridi, tra i più grandi drammaturghi italiani contemporanei, su sollecitazione di Walter Manfrè, regista e curatore del progetto teatrale, con Andrea Tidona, Chiara Condrò, Stefano Skalkotos e Cristiano Marzio Penna.

In quello stesso foyer si è svolta la conferenza stampa di presentazione dello spettacolo che andrà in scena, dal 14 al 22 Maggio, alle 19,00 e alle 21,00, mostrando come La Cena, più che una rappresentazione teatrale, è proprio un evento nel quale i 27 privilegiati spettatori vengono catapultati emotivamente e fisicamente, con la sola compagnia di un calice di vino, in questa cena familiare che si trasforma in un palcoscenico di turbolenti problematiche, giochi psicologici, intimi e scabrosi segreti.

La Cena, che debutta a Roma nel 1992 e riprende poi nel 2016, girando i più importanti teatri, è un elemento chiave di quella poetica tipica dell’operato di Walter Manfrè, definita, nel 1993, dal critico Ugo Ronfani, “Teatro della Persona”. Nel Teatro della Persona vediamo il pubblico divenire parte diretta della rappresentazione; pur non potendo intervenire sulla trama, la distanza tra spettatore e attore viene annullata completamente. Ulteriore elemento è l’abile connubio tra gioco e rito, il teatro è, infatti, entrambe le cose e solo così può intraprendere percorsi capaci di colpire chi assiste e raggiungere i più inaspettati capovolgimenti.

“Non è necessario sapere nulla. Basta sedersi, prendere il bicchiere di vino e assistere allo stesso meccanismo che avviene quando si va a cena dai parenti, sorridenti e ben disposti ma qualcosa di intimo e privato accade, lasciando tutti inermi nella propria sedia, cercando di capire cosa succederà. Una macchina perfetta dal punto di vista drammaturgico, ci lascia entrare in una dimensione empatica primaria, dove tutto è rivestito di sensualità. Uno spettacolo magico del quale essere protagonisti” afferma Simona Celi Zanetti, Direttore artistico sezione prosa.

Il cuore sta nel suo attento linguaggio, non un esercizio di stile ma un’altissima drammaturgia che vuole attrarre lo spettatore, incentivando sempre più la sua partecipazione a teatro. E ci riesce benissimo.

“Ho imparato a non lodare i miei spettacoli prima di andare in scena, ma La Cena va avanti dal 92 e so quale sia il suo risultato; c’è qualcosa dentro, forse una sincerità che arriva direttamente al pubblico e lo incanta. Non riesco a raccontare la realtà, il teatro realistico non mi appartiene, e anche quello del sogno, importante e rimasto dentro di me adesso mi lascia, ciò che più mi cattura è l’incubo, quella la zona nascosta, l’oscuro, il taciuto, il vergognoso che, racchiuso in qualche gesto contraddice spesso le parole” dichiara il regista Walter Manfrè.

In questo modo un amore filiale diviene un amore torbido entro cui resteremo fino alla fine.

La Cena racconta il ritorno a casa, dopo lungo tempo, di una figlia insieme al futuro marito. La figura del padre, grande protagonista, in tutta la sua complessità, nasce da un “amore a posteriori nato per mio padre” spiega il regista.  Il padre di Manfrè era un uomo estremamente colto, capace di incantare con le parole, aveva un’attenzione minuziosa ai termini, al modo di esprimersi, ma il suo comportamento all’interno del nucleo familiare non era altrettanto perfetto, pensava di poter imporsi con la coercizione, sbeffeggiando chi non comprendeva.

Attorno a questo personaggio particolare si sviluppa la storia, che Manfrè riporta a Manfridi. “Ho sempre raccontato lui le mie storie che poi trascrive in forma teatrale, colmando i miei vuoti e inserendo le sue invenzioni, soprattutto nella parte ludica che a me manca, è in grado di stemperare la situazione per poi farla ripiombare nel dramma” riferisce, ancora, il regista.

Il fine di tutte le opere di Manfrè, passando attraverso la descrizione di luoghi e momenti che l’hanno turbato, come la cena, il letto, la confessione, è mostrare, raccontare e far riflettere su quelle paure ancestrali, appartenenti a ciascuno di noi ma così difficili da tirare fuori.

E non vi era modo migliore che con questa opera unica per chiudere una stagione teatrale esaltante e di successo, grazie all’operato del Sovrintendente Gianfranco Scoglio, il quale spiega: “abbiamo voluto onorare il pubblico, dandogli un tributo effettivo per merito di questo grande maestro che si spinge sempre verso settori innovativi e di sperimentazione, cogliendo l’essenzialità della vita, rappresentandola magicamente con un senso di familiarità evidente. Non vogliamo essere né formatori né spettatori ma protagonisti per il rilancio del più antico Teatro della Sicilia, troppo spesso dimenticato. Il teatro è una casa aperta a tutti”.

Farlo, però, non è facile, mancando i fondi e necessitando, quindi, di maggior sostegno per creare una sinergia nuova. Una rappresentazione sarà, a tal fine, dedicata a tutte le autorità cittadine e un’altra agli sponsor, per far conoscere il valore doppio dell’investire nel teatro, che vale a dire investire sulla cultura, investire sul futuro. Come è avvenuto, in questo caso, grazie alla sponsorizzazione del Ristobar “Principi”, presente in via Garibaldi. Imprenditori giovani che dal grande amore per la propria terra hanno tratto la volontà di farla conoscere, tramite le sue pietanze. Saranno loro a fornire il vino che gli spettatori sorseggeranno durante la rappresentazione, in un delicato momento di convivialità.

“Il concept del ristorante nasce dalla voglia di far stare tutti bene riprendendo le tradizioni culinarie siciliane. Siamo partiti dal vino Principi di Sicilia, che assaggeremo durante la serata, e siamo arrivati a creare il locale, presente proprio dinanzi alle navi crociera per scommettere sulla Sicilia e farla assaggiare a chi viene da fuori” spiega Gabriel Curatolo.

Un vero evento unico, abile mix di elementi diversi, che ci farà immergere in un’esperienza irripetibile, invadente, incisiva e perturbante, ma capace di far riflettere ciascun spettatore per scoprire un po’ di più anche su se stesso. Un teatro vivo, al quale non si può far meno di prendere parte.

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