La mafia di Barcellona controlla le discoteche di Capo Milazzo, gli interessi nelle società dei Napoli

La mafia di Barcellona controlla le discoteche di Capo Milazzo, gli interessi nelle società dei Napoli

Alessandra Serio

La mafia di Barcellona controlla le discoteche di Capo Milazzo, gli interessi nelle società dei Napoli

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venerdì 25 Febbraio 2022 - 11:08

Anche dopo l'operazione Gotha 7 la famiglia Napoli è rimasta nel business delle discoteche di Milazzo. Ancora controllo dalla mafia di Barcellona.

I barcellonesi continuano a controllare il business dello svago di Milazzo. Niente sfuggiva agli appetiti del clan, ricostituitosi sul triumvirato Ottavio Imbesi-Carmelo Vito Foti e Mariano Foti, dopo il ritorno in libertà dei boss, dal 2019: i bar, i lidi, le discoteche, dal Capo a Monforte Marina e Spadafora, alle porte di Messina. A tutti veniva imposta la security di imprese in mano ai boss, le forniture, il personale interno. E tutti dovevano anche pagare il pizzo, ovviamente. E’ il quadro che emerge dall’operazione antimafia con oltre 80 arresti condotta dai Carabinieri.

Il ruolo di Santino Napoli

Un controllo cui doveva sottostare anche uno dei principali gruppi attivo in questo settore, quello dell’ex consigliere comunale di Milazzo, Santino Napoli, già al centro dell’operazione Gotha 7. Anche dopo quella maxi operazione antimafia e i diversi provvedimenti giudiziari che lo hanno riguardato, le discoteche del capo sono rimaste sotto il controllo della mala barcellonese, fino ad epoca recente.

francesco massara
Francesco Massara

A mettere insieme i pezzi emersi dalle indagini dei carabinieri, che hanno piazzato delle strategiche e proficue cimici ovunque, intorno ai boss e sulle linee telefoniche delle loro nuove leve operative, dopo averle individuate, sono stati i PM Fabrizio Monaco, Francesco Massara e Antonella Fradà, coordinati dall’aggiunto Vito Di Giorgio.

Gatto longa manus di Carmelo Vito Foti

I magistrati sono partiti dalle dichiarazioni dell’ex boss pentito Carmelo D’Amico, che aveva già svelato gli interessi della mala del Longano nelle attività commerciali del Capo – la sua famiglia ne gestiva alcune direttamente – e aveva indicato Santino Napoli tra gli uomini a loro vicini. D’Amico ha anche confermato il ruolo di Salvatore Gatto che, hanno scoperto i Carabinieri, negli ultimi anni stava cercando di allargarsi autonomamente nella zona. Ma, rivela l’inchiesta che ha portato agli oltre 80 arresti, una volta tornato in libertà Carmelo Vito Foti, interessato a prendersi il business delle discoteche, Gatto viene ridimensionato. Sono le conversazioni tra i due a rivelare i contrasti, poi le conversazioni degli altri indagati, da Mariano Foti a Mariano Calderone, che spiegano cos’è accaduto: Gatto ha provato a tenere per sé parte dei proventi delle estorsioni e non ha gestito a dovere – secondo Vito Foti, alcune vicende legate proprio ai locali di Napoli. Dove, col padre nel ciclone dei guai giudiziari, è il figlio Antonino ad occuparsi dei locali. Tra i soci anche Francesco Rantuccio. Entrambi sono finiti al centro dell’operazione Hera, a dicembre scorso.

Il controllo del Paradiso e le altre discoteche

Nel 2018 i Carabinieri intercettano infatti diversi contatti telefonici tra Antonino Napoli e due uomini di Gatto, il suo braccio operativo e il titolare dell’agenzia che assicura i buttafuori alle discoteche, non soltanto al Paradiso. E non mancano i contrasti. Napoli cerca di abbassare il prezzo della security del Paradiso, che viene imposto in sovrannumero da Gatto, e i collaboratori delle discoteche battono i piedi sull’ammontare del “pizzo”, ritenuto troppo esoso rispetto agli incassi delle serate. “Qua gestiscono tutto loro, mettono la musica, aprono, chiudono il bar, la security se ne va prima. Se dobbiamo fare i soldi si deve fare come dico io, se no soldi non ne entrano”, prova ad obiettare qualcuno. Ma Gatto non vuole saperne di mollare la presa e Napoli deve sottostare. Viene anche intercettato un incontro al Tul Bar di Barcellona, dove ci sono tutti, i gestori dei locali e gli uomini di Gatto. E tutti alla fine devono “abbassare la cresta” e adeguarsi alle richieste dell’emissario dei boss.

L’attentato al Santorini e i rapporti con Rantuccio

I magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia mettono le mani su una conversazione particolarmente interessante, intercettata tra Gatto e Carmelo Vito Foti. Parlano dell’attentato al Santorini di Monforte, gestito da un poliziotto che li denuncia, raccontando che dopo l’incendio il gestore vuole appaltare la security ad un’azienda catanese.

“ll carabiniere addirittura voleva prendere i buttafuori di fuori di Catania, gli ho detto io ‘porti buttafuori
di Catania perché dice che non vuole più lavorare con uno che gli ha bruciato il locale. Però tu sai che è stato per loro, li chiami e gli dici ‘Ma io il locale gliel’ho bruciato per voi'”, dice Carmelo Vito Foti.
Gatto: “Gli ho detto io a Ciccio… gli ho detto Ciccio… ma tu sai benissimo che io telefono prima a te…”

Foti: Ciccio chi sarebbe?

Gatto: “Rantuccio…(…) Gli ho detto io “Ho dato il culo per te e Antonio Napoli gli ho detto”

Foti: “Ti hanno mandato loro a bruciare il locale o lo hai fatto per i cazzi tuoi?”.

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