"Biografia della peste", dove la morte è incerta e parziale

“Biografia della peste”, dove la morte è incerta e parziale

“Biografia della peste”, dove la morte è incerta e parziale

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mercoledì 20 Marzo 2013 - 08:42

Scritto e interpretato da Francesco D'Amore e Luciana Maniaci, sarà in scena alla Laudamo dal 22 al 24 marzo per il cartellone "Paradosso sull'Autore". Una storia dura e grottesca di cui è permesso ridere

Avevano colpito il pubblico di Messina con “Il nostro amore schifo”, adesso tornano con “Biografia della peste”, in scena nella Sala Laudamo dal 22 al 24 marzo per il cartellone “Paradosso sull’Autore”, curato da Dario Tomasello. Sono Francesco D’Amore e Luciano Maniaci, che insieme formano il gruppo “Maniaci d’Amore Teatro”. Il loro nuovo spettacolo ha la regia (e quella che viene chiamata “scenofonia”) di Roberto Tarasco, i costumi di Alessandra Berardi e l’assistenza tecnica di Agostino Nardella.

Ambedue molto giovani, Francesco D’Amore (Bari, 1983) e Luciana Maniaci (Messina, 1985) parlano così dello spettacolo: «“Biografia della peste” non è una favola nera, ma una storia dura e grottesca, simile a certi sogni di facile interpretazione, coi simboli così chiari, così scoperti, da risultare sospetti. Questo spettacolo è un delirio sociologico travestito da fiaba, o da musical. È teatro ragazzi con sovrapposta un’irriverente rappresentazione mortuaria collettiva. A Duecampane, dove tutti si conoscono e tutti si vogliono bene per statuto, dominano il dubbio e l’incompiutezza. Così, anche la morte è diventata incerta e parziale. La peste del titolo non è altro che questo: una morte part-time, 23 ore al giorno. Tutti gli abitanti – meno due – ne sono infetti. Nell’unica ora di vita che è loro concessa è possibile per i semi-morti cercare una via per “migliorare la propria biografia”, come si augurava Sartre.

“Biografia della Peste” è la storia, raccontata dal punto di vista del virus, dell’unica famiglia scampata al virus. Il ritratto di una madre-albero che è l’unica donna felice del mondo, di un padre-cavolo, innocuo e saggio come ogni ortaggio, di un figlio che all’occasione sa essere spastico o gentiluomo, e di una ragazza morta che non fa che sbagliare i verbi e lamentarsi di non poter ballare.

Se la più grande sfortuna dell’uomo è quella di nascere da altri esseri umani, ereditandone errori e conflitti, non sarebbe tutto più facile se derivassimo dai cavoli, come suggerisce la fantasia popolare? Duecampane è il luogo dopo la Caduta, in cui quest’alternativa può essere considerata l’unica base per la costruzione di una nuova e più sana umanità. Parliamo di un paese da fiaba, per questo c’è permesso riderne. Un paese inventato, almeno quanto il nostro».

In scena alla Sala Laudamo, il 22 e 23 marzo, alle ore 21.00; il 24 marzo, alle ore 17.30. Prezzi: posto unico 10 euro, ridotto 6 euro.

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