Favori ai detenuti, chiesto il giudizio per tutti gli indagati

Favori ai detenuti, chiesto il giudizio per tutti gli indagati

Alessandra Serio

Favori ai detenuti, chiesto il giudizio per tutti gli indagati

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martedì 16 Giugno 2015 - 22:07

Udienza preliminare a inizio luglio per i sei agenti penitenziari e le altre 22 persone finite nel mirino dei carabinieri dopo la scoperta del cellulare a disposizione dei boss reclusi a Gazzi.

I magistrati hanno tirato le fila e hanno deciso, alla luce degli accertamenti effettuati, di chiedere il rinvio a giudizio di tutti gli indagati. Va quindi al vagluio prelimiare l’operazione Alexander su presunti favori ai detenuti nel carcere di Gazzi. Ad occuparsene sarà il Giudice per l'Udienza Preliminare Daniela Urbani il prossimo 6 luglio. Alla fine dell'inchiesta, i PM Angelo Cavallo, Maria Pellegrino e l'aggiunto Vincenzo Barbaro avevano avvisato 28 persone, compresi i sei agenti di di polizia penitenziaria per i quali i magistrati avevano chiesto la sospensione dal servizio – richiesta rigettata dal GIP.

Ecco gli indagati: gli agenti penitenziari Silvio Bellinvia, 46 anni, Carmelo Cutropia (38), Francesco Giunta (48), Domenico Pantò (44), Carmelo Scilipoti (39) e Salvatore Strazzeri (44); ancora: Maurizio Lucà (43), Stefano Celona (40), Orazio Famulari (40), Vittorio Carnazza (52), Letterio Morgana (30), Antonino Settimo (28), Nunzio Lascari (56), Antonio Bonanno (32), Giovanni Bontempo (37), Leonardo Parisi (44), Egidio Comodo (38), Gaetano Li Mura (37), Salvatore Musumeci (34), Roberto Enzo Maria Pizzino (54), Giuseppe Pizzo Stancampiano (43), Carmelo Barrese (42), Stefano Murgo (61), Santo Nasello (68), Orazio Urso (55), Gaetano Sgroi (26), Antonino Santo Rosi (62), Antonino Spartà, 53 anni.

L’indagine dei carabinieri del Nucleo Investigativo scaturì da un filone dell’inchiesta Ricarica che nel 2006 svelò il progetto per l’omicidio di Antonino Spartà, fratello del boss di Santa Lucia sopra Contesse Giacomo: gli ordini venivano impartiti dal carcere di Gazzi dove i pregiudicati avevano a disposizione un telefonino e riuscivano a comunicare con i familiari tramite un intenso passaggio di pizzini. All'agente Bellinvia viene contestata la corruzione: si sarebbe fatto prestare 2 mila 500 euro da un detenuto in cambio di maggiore libertà di movimento all'interno del carcere. Gli altri devono rispondere di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale.

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