Birra e lavoro: Triscele non è solo una vertenza, è una questione d’orgoglio

Birra e lavoro: Triscele non è solo una vertenza, è una questione d’orgoglio

Birra e lavoro: Triscele non è solo una vertenza, è una questione d’orgoglio

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giovedì 22 Marzo 2012 - 01:36

Mentre 42 dipendenti in cassa integrazione chiedono garanzie occupazionali e la famiglia Faranda attende il definitivo sblocco dell’iter per la costruzione del plesso edilizio in via Bonino, gli scaffali restano vuoti. Resta la speranza di tornare a bere siciliano

Il futuro della Triscele è nuovamente appeso ad un filo. La famiglia Faranda non si sbottona e continua a vincolare la ripresa dell’attività allo sblocco definitivo dell’iter per la realizzazione del progetto edilizio nell’attuale sede di via Bonino. I lavoratori, giustamente, insistono per ottenere garanzie occupazionali. Le famiglie di 42 dipendenti hanno vissuto gli ultimi mesi grazie alla cassa integrazione che potrebbe però presto cessare senza la presentazione del piano industriale. Nella vertenza ci finisce inevitabilmente anche l’utenza, quegli appassionati di birra che ormai da mesi non possono più bere quelle bibite alle quali si sentivano ormai legati. Marchi del territorio che avevano già scalato il mercato ponendosi alla pari con un simbolo, quello storico della Birra Messina, che appartiene all’internazionale Heineken e vede la luce nello stabilimento di Massafra (Taranto)

Anche chi sta in mezzo, ovvero il consumatore, attende dunque risposte. Ma nulla può fare se non continuare a fidarsi delle parole della famiglia Faranda, che già in passato ha dimostrato la proprio messinesità appunto rilevando lo stabilimento. Il tempo però passa e gli scaffali restano vuoti di Birra del Sole, Patruni e Sutta, Trinacria. E così la scelta ricade inevitabilmente su altri prodotti che finiscono con l’affermarsi nelle abitudini delle famiglie della città, della provincia, della regione. Gli impegni presi e le promesse sono indelebili, dovrebbero essere sacre. Ma sono i fatti quelli che contano, che fanno la storia e cambiano le cose. I fatti, ad oggi, dicono solo che in attesa che altro cemento coli sulla Zir, contribuendo a cambiare volto ad una zona che ormai può ritenersi sempre più “centrale” e sempre meno industriale, 42 lavoratori rischiano il posto di lavoro e tanti appassionati del “consumo locale” si ritrovano senza una passione che avevano imparato a coltivare.

Non è una posizione “sindacale”, come non fu una posizione “industriale” quella della città che si schierò al fianco dei Faranda per la difesa di una ricchezza nostrana, nostra. Una mossa coraggiosa che fu ripagata, che funzionò grazie all’impegno di tutte le componenti, in primis quella imprenditoriale. Fare i conti nel salvadanaio di altri non sarebbe corretto, ma la speranza che quanto atteso possa finalmente realizzarsi è viva: la delocalizzazione e il rinnovamento dell’impianto, il reinserimento anche in altre aziende del gruppo del personale in cassa integrazione, la ripresa dell’attività e la re-immissione dei prodotti nei circuiti di vendita. Che la Sicilia, ma anche la Calabria, possano tornare a bere birra del sud, prodotta da messinesi, lavorata da messinesi, voluta da messinesi. E’ anche una questione d’orgoglio. (E. Rigano)

5 commenti

  1. L’interesse dei pochi prevale quasi sempre su quello dei tanti. I proprietari se ne infischiano dei dipendenti, dello stabilimento, della storia della città e dei consumatori.
    L’intenzione è quella di quadagnare un botto di soldi costruendo l’ennesima palazzina con belvedere sulle baracche, fatta di appartamenti che andranno a ruba venduti a cifre sostanziose. Ovviamente i nostri cari politici si guardano bene dal difendere chi li ha votati… “a bacca l’hanno ho sciuttu!!!!”

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  2. eccò srl dove lo stipo 22 Marzo 2012 07:10

    solo gli Audaci possono osare, gli Eroi essere processati, i Santi pregati e gli Dei adorati, ma i LAVORATORI e gli IMPRENDITORI onesti devono solo sperare e sperare in chi!!!!????.
    La politica? i Politicanti? i Manager? le Amministrazioni? o la banalità e la strafottenza e il menefreghismo di questi ultimi!!!???????
    L’orgoglio e la professionalità non bastano contro i soliti poteri, ma sicuramente i concittadini e i Siciliani gradirebbero molto rivedere i propri marchi e la qualità ITALIANA dei propri prodotti ai vertici del mercato Nazionale e magari internazionale.
    Perché fermare un marchio e una qualità dello stesso per stupida burocrazia e menefreghismo?????????????????????????
    Un detto dice che la speranza è l’ultima a morire MA come dice una canzone dei Liftiba chi visse sperando morì non si può dire, quindi avanti con la lotta e i cittadini vi appoggeranno, sempre se credono nel marchio Messinese e Siciliano
    In bocca al lupo e che le Istituzioni si muovano con criterio.
    Enzo

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  3. Io direi che prima di tutto la famiglia Faranda doveva riportare il nome di Birra Messina nella nostra città. O quantomeno far capire a chi la compra che comunque compra un Eineken…

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  4. carmelo cascio 22 Marzo 2012 16:27

    Una Domanda al Sindaco: come può il Comune cambiare la destinazione urbanistica di un terreno sul quale da oltre un secolo c’è una Azienda,senza che il proprietario abbia chiesto al Comune, la delocalizzzazione della stessa Azienda, avendo già individuato un terreno per la nuova sede della stessa Azienda?

    A Messina i “COLLETTI BIANCHI” POSSONO TUTTO…DISTRUGGENGO UNA STORICA AZIENDA PRODUTTRICE DI BIRRA APPREZZATA IN TUTTO IL MONDO,PER LASCIARE CAMPO LIBERO AD UNA SPECULAZIONE EDILIZIA

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  5. puzza di bruciato 22 Marzo 2012 16:38

    Vorrei ricordare ke oltre i dipendenti di triscele anche i dip dei molini gazzi stanno pagando il prezzo della speculazione edilizia; dopo toccherà all’autoparco all’atm alle fs….. vedi art. 18. Ma la magistratura ke fa? Perchè non si indaga, sicuramente di irregolarità nei metodi esiste.cmq in bocca al lupo ai lavoratori tutti.

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