Maregrosso sarà sempre terra di nessuno se non si libera l’affaccio

Maregrosso sarà sempre terra di nessuno se non si libera l’affaccio

Marco Ipsale

Maregrosso sarà sempre terra di nessuno se non si libera l’affaccio

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mercoledì 19 Giugno 2019 - 07:00

9,8 milioni di euro nel Masterplan per delocalizzare le aziende a Larderia. Ma tutto si muove molto a rilento

MESSINA – Le demolizioni degli scorsi anni sono servite a dare un’idea di cosa potrebbe essere Maregrosso. Spiaggia e mare in centro città, potenzialmente a beneficio di residenti e turisti. La riviera romagnola, ma anche altre in Italia, oppure Barcelona in Spagna, ne hanno fatto fonte di economia, turismo e ricchezza.

Messina, nel corso dei decenni, ne ha fatto sempre beneficio di pochi e mai della collettività, ha trattato le proprie zone migliori come discariche. L’esempio principe è la Zona Falcata ma si potrebbe fare un discorso simile per gran parte dei quasi 60 chilometri di costa, dei quali forse solo una decina sono facilmente accessibili e spesso in condizioni disastrate.

L’ultima indagine su Maregrosso, sulla quale sarà ovviamente la Magistratura a fare chiarezza, riguarda un’area di 1.400 metri quadri. 233mila euro di fondi inutilizzati, che sarebbero dovuti servire ad abbattere alcuni manufatti e proseguire la liberazione del frontemare, avviata qualche anno fa e poi interrotta. Così come i 100mila euro per eliminare una parte delle montagne di rifiuti ammassate davanti alla spiaggia.

Grazie ad Elio Conti Nibali per la Photogallery

Operazioni che avrebbero potuto essere importanti, sicuramente, perché la riqualificazione può procedere anche a piccoli passi. Ma non sono state avviate e la verità è che fin quando Maregrosso non sarà interessata da una maxi operazione di bonifica, per la quale servirebbe ben più di qualche milione, resterà terra di nessuno.

Il problema è atavico, nasce da quando diversi decenni fa fu concesso di costruire davanti al mare, quel mare che la città non aveva mai capito potesse essere fonte di ricchezza. E fu concesso per realizzare attività nel campo dell’edilizia, della meccanica, della siderurgia, della logistica, tutte cose che con la fruizione del mare non hanno nulla a che vedere. E’ la stessa logica di chi ha creduto che potesse essere a vocazione industriale la Zona Falcata, la parte più interessante dal punto di vista storico-culturale della città.

Ed il degrado è fomentato dal fatto che la via don Blasco, almeno fin quando ci saranno i lavori per prolungarla fino al viale Gazzi, non è strada di passaggio e la spiaggia è nascosta dalle costruzioni. Così i delinquenti ne approfittano per scaricarci di tutto.

Le attività edili, industriali e tutte quelle che sostengono l’economia cittadina, dando posti di lavoro, sono sicuramente importanti e da preservare. Ma devono trovare posto in aree specifiche, non certo in riva al mare.

Lo si è capito con il Prusst, il Programma urbano di sviluppo sostenibile del territorio, che prevede la delocalizzazione delle aziende con l’ampliamento dell’area Irsap (Istituto regionale per le attività produttive) di Larderia. Il Masterplan finanzia con 9,8 milioni di euro il progetto per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, gli espropri e l’acquisizione delle aree, mentre le aziende dovrebbero sostenere i costi eventuali di realizzazione dei nuovi capannoni a Larderia. Un accordo che dovrebbe garantire massimi benefici per le aziende, in modo tale da incentivarle a lasciare la via don Blasco e a trasferirsi a Larderia.

Quest’accordo, però, risale a quasi due anni fa, era l’agosto 2017, e da allora nulla o poco sembra essersi mosso.

L’obiettivo sarebbe quello di liberare la via don Blasco da qualsiasi costruzione che ostruisca la vista dello Stretto, per poi recuperare una spiaggia in centro città, facendo attenzione ai tre torrenti che sfociano in mare (Portalegni, Santa Cecilia e Zaera).

Un’operazione di portata enorme, che avrebbe bisogno di finanziamenti milionari e riguarderebbe appena uno dei 60 km di costa cittadina. E che dovrebbe essere replicata in tante altre zone della città. Proseguendo verso sud, ad esempio, dove però, prima di tutto, manca quella famosa via del mare, 7 chilometri da Zaera a Tremestieri, che aveva anche un progetto definitivo, ormai vecchio e da rimodulare, per la quale è stato chiesto, ma non è mai arrivato, un primo finanziamento.

Ma anche a nord, soprattutto in vista del nuovo porto di Tremestieri e della chiusura della rada San Francesco al traffico navale, andrebbe pensato un vero lungomare da Boccetta a Paradiso. Idee e progetti che da decenni rimangono su carta. Potenzialmente Messina è una nuova Barcelona di Spagna, in realtà resta una città di provincia che volta le spalle al suo mare.

(Marco Ipsale)

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2 commenti

  1. PRUSST ? PROSIT ! Messina è stata gestita da zalli travestiti da intellighentia ! Anche chi scrive l’articolo continua a sognare !!!

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  2. Ciò che servirebbe realmente sarebbe una completa definitiva rigenerazione dei cittadini messinesi. Gli attuali e i prossimi futuri non sono geneticamente consapevoli di cosa hanno distrutto e di quello che continueranno a distruggere

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