Marzia, il ritorno a Messina: "Dove non c'è nulla si può fare tanto". E il sogno della fattoria diventa realtà

Marzia, il ritorno a Messina: “Dove non c’è nulla si può fare tanto”. E il sogno della fattoria diventa realtà

Giuseppe Fontana

Marzia, il ritorno a Messina: “Dove non c’è nulla si può fare tanto”. E il sogno della fattoria diventa realtà

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domenica 24 Ottobre 2021 - 07:00

Studiando e vivendo tra Milano e Roma, ha arricchito il proprio bagaglio culturale per poi tornare a investire in città: "Messina ha un potenziale incredibile"

MESSINA – Partiamo da una domanda: a Messina, davvero non c’è nulla? Qualcosa può o potrà cambiare, prima o poi? La fuga di ragazze e ragazzi, donne e uomini, sempre più spesso spinti ad allontanarsi dallo Stretto è diventata una vera emergenza sociale negli ultimi anni, con una città svuotata dai suoi stessi figli, che ogni giorno sono costretti ad abbandonarla o vogliono semplicemente vedere cosa ci sia fuori, lontano, a livello sociale, culturale e di opportunità. Tanti vanno via e qualcuno torna, per investire, realizzare qualcosa e provare, partendo dal proprio piccolo, a cambiare le cose.

La storia di Marzia Villari si può riassumere così. È la storia di una studentessa brillante, pronta ad andare via per scoprire il mondo, in giro per l’Italia nelle “classiche” città piene di gente del sud, come Milano e Roma, ma pronta anche a tornare, per un progetto in cui crede e un’idea diversa, da applicare in un luogo in cui si può fare tanto proprio perché c’è poco o nulla. Marzia studia, va via, viaggia, osserva e arricchisce un bagaglio che poi riporta in riva allo Stretto, dove con suo padre fonda e gestisce Villarè, fattoria urbana e azienda agricola, ma anche asilo nel pieno della natura, fatto di laboratori, ecosostenibilità ed eventi culturali.

Marzia, cosa ti ha spinto inizialmente ad andare via da Messina?

Messina mi sta stretta. Non mi dava la possibilità di vedere il mondo, è una città per tanti versi limitante e non ti permette di gustare l’internazionalità, vedere il progresso. È una città in cui si vive bene se ti “basta” il mare, il sole, il buon cibo e la famiglia, ma secondo me un adolescente, futuro lavoratore, a 18 anni deve andare via e capire come funziona il mondo. Il mondo funziona in modo completamente diverso dalla nostra città e in questo modo si può gustare, capire, cosa significa progresso, “andare avanti”, tutto ciò che è il sistema aziendale, le best practices nella pubblica amministrazione. Qui abbiamo un rallentamento burocratico dovuto sia alla lentezza del sistema, sia alla presenza di burocrati vecchio stampo che non permettono di andare avanti. La digitalizzazione, il mondo delle startup, sono cose che qui non puoi vedere. Anche il mondo della cultura, dell’arte, dal teatro ai musei, sono tutte cose che non puoi vivere in una città come Messina. Secondo me un diciottenne deve andare via per poter aprire gli occhi. E influisce anche l’essere un po’ fuori dal mondo: per prendere un aereo devi cambiare città, per arrivare alla capitale devi passare lo Stretto, non è ben collegata per la sua posizione geografica e quindi non ti permette la velocità che puoi avere in altri posti, che sia Roma o Milano.

Cosa ti è mancato lontano da casa? Hai cambiato prospettiva nel vedere la città?

La prospettiva non è cambiata nel tempo. Ho vissuto prima a Milano e poi a Roma, vedevo Messina da lontano e diciamo che nel tornare non sono stata attirata dalla città in sé. Ciò che mi tiene legata a questa terra è il progetto, che sta crescendo e su cui io e mio padre abbiamo una visione precisa. Vogliamo che cresca e diventi qualcosa di sempre più solido, sicuramente la scommessa che ho con la città è quella di poter creare valore aggiunto qui in termini sociali. Il nostro è un progetto anche a scopo socio-didattico. E poi in termini lavorativi, perché mi piacerebbe dire che Villarè possa portare lavoro. Ma la mia prospettiva su Messina non è cambiata: è una città molto chiusa, che ha deciso di non andare avanti, di non evolvere. È una città molto indietro per molti aspetti culturali, per tanti aspetti lavorativi. Difficilmente trascorro il mio tempo libero qui, non mi ha spinto a tornare la voglia di rientrare a casa, ma la grande opportunità che nasconde Messina: non essendoci niente si può creare tanto.

Quindi perché hai deciso di tornare?

Sono tornata piano piano in realtà. Prima mi sono avvicinata, sono passata a Roma da Milano perché era più semplice arrivare a Messina, anche con poco preavviso. Il caro voli Milano-Catania non permette di tornare velocemente, mentre da Roma con un treno o un pullman era questione di qualche ora. Mi ha spinto la voglia di mettere mani a questo progetto e possibilmente creare valore aggiunto in città. E così appena tornata mi sono immersa nel lavoro. Ho iniziato prima al mercato al Muricello, con gli eventi del sabato sera, e siamo riusciti a ripopolare un mercato finito nel dimenticatoio del quartiere. Contemporaneamente ho dato il via alle attività ludico-didattiche per i bambini in natura e quindi tutto quello che si poteva trasformare in gioco, laboratori, educazione non formale: le attività quotidiane dell’agricoltura, gli antichi mestieri, o la parte scientifica relazionata alla natura, che sia animali o botanica. Ho trasformato tutto questo in laboratori esperienziali per bambini: vendemmia, botanica, abbiamo fatto la marmellata insieme, costruito grazie a professionisti esterni un polmone con materiali riciclati.

Così nasce l’aspetto più importante della componente socio-didattica: il nostro asilo all’aperto. Da noi vengono una quindicina di bimbi ogni giorno a trascorrere le loro giornate in fattoria, vivendo l’esperienza dell’asilo immersi nella natura. Imparano grazie all’esperienza empirica, vedono il cambiamento delle stagioni, della natura e degli orti, si prendono cura degli animali e scoprono come poter risolvere un problema vivendolo nella quotidianità, che sia un pallone caduto da recuperare o costruire qualcosa con rami e rametti. Stimoliamo la fantasia e il sistema immunitario ne gode, si gestiscono i cambiamenti climatici. In più abbiamo dato vita alle degustazioni qui, dando spazi ampi alla gente in periodo post lockdown, potendo vivere solo spazi all’aperto. Si può mangiare, ci si può rilassare con gli amici e si mantiene la distanza di sicurezza: abbiamo vissuto un’estate bella nell’agrumeto, con le luci del cielo stellato e i profumi di zagara. Ci siamo dati da fare, al di là dell’aspetto puramente agricolo della nostra azienda. Siamo un’azienda agricola, produciamo ortaggi, frutta e miele. Collateralmente, però, crediamo che poter diffondere principi culturali di eco-sostenibilità o di alimentazione servono anche gli eventi, gastronomici, didattici o ludici. Vogliamo avvicinare le persone alla natura.

Quanto influisce oggi la scelta di aver vissuto fuori nel modo di vedere e di vivere Messina?

Vivere fuori città ti permette di vedere come funziona il mondo. E questo ti fa capire quanto Messina abbia un potenziale incredibile ma questo potenziale non viene sfruttato. La famosa frase “A Messina non c’è nenti” deve essere vista come una grande opportunità: non esserci nulla permette di poter creare tanto. Questo è ciò che vedo io, la possibilità di creare, di poter investire, di dare alternative, ma è anche vero che c’è un problema culturale alla base: siamo troppo focalizzati su cosa fa il vicino di casa e poco su quello che possiamo far noi. Viviamo guardando l’altro, le altre città, diciamo sempre che lì sono più bravi e a Messina non c’è nulla: ma qualcuno deve pur farle le cose. Bisogna arrotolarsi le maniche, con fatica e sacrifici, per cambiare le cose. E deve partire da noi ragazzi, se no non cambierà nulla. Non possiamo pensare che la generazione dei nostri genitori debba creare per noi il nostro futuro. Io sto lavorando oggi per una me futura, ma ciò che succederà dopo dipende da cosa succede ora. Se non studiamo, se non si crea un progetto insieme di una città diversa tra dieci, quindici anni, non può succedere nulla. Non si può pensare che stando seduti Messina diventerà una città con servizi all’avanguardia, con ultime tecnologie e pubblica amministrazione smart o capitale della cultura. Non dobbiamo aspettare che lo facciano gli altri, ma dobbiamo farlo noi: lavorando, studiando, viaggiando e riportando qui le novità viste fuori. Bisogna creare attivamente un progetto di una Messina migliore, ma attivamente, in cui il termine “politica” riprenda il suo significato profondo di “curare la polis”. Bisogna lavorare insieme per una città diversa.

11 commenti

  1. Brava!! Complimenti

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  2. Brava Marzia, mi auguro che la tua generazione possa avviare quel processo di rinnovamento che Messina merita per il recupero della sua dignità, sepolta non certo dalle macerie del terremoto ma dalla bieca e cieca cultura clientelare che ha minato e inquinato ogni forma di sviluppo!!!!

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  3. Giovanni Sicari 24 Ottobre 2021 12:55

    Brava Marzia,
    Il sogno sta diventando realtà, ma non dimenticare il sogno.

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  4. Brava Marzia, auguri e congratulazioni. Hai idee chiarissime e dici tante verità assolute. Una tra le tante : <<>>.

    Lo Stato centrale e sopratutto la Regione Sicilia , una Regione ricca di arte, di storia, di turismo anche internazionale, hanno colpe gravissime nella fuga dei ragazzi siciliani, braccia attive e capaci o cervelli fulgidi e sapienti.

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  5. Brava!!!

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  6. Mancava questo nel precedente commento

    ” Anche il mondo della cultura, dell’arte, dal teatro ai musei, sono tutte cose che non puoi vivere in una città come Messina “

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  7. raffaele gambuzza 24 Ottobre 2021 14:37

    Ottima lezione di vita……sinceri complimenti, stando fuori città, avrai acquisito questa consapevolezza…..che ti possiamo seguire in tanti….Saluti

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  8. tutto questo è meraviglioso ,continua così, vorrei venire a visitarti e portare i miei
    piccoli pronipoti qualche giorno, dove si trova questa bella natura? Ciao grazie

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  9. Nonritornoprima 24 Ottobre 2021 17:51

    Si può fare ma bisogna sdradicare dalla città,i deliquenti , i fannulloni ,gli amministratori che culturalmente l’hanno sepolta nell’oblio del loro interesse ipocrita.Bisogna aprire le porte a chi vuol fare risorgere questa città.Chi sono? Chi lavora nel silenzio, chi non si mostra,chi vuole la città pulita non baracche piene di spazzatura e lordume,dobbiamo pulire la città da falsi personaggi dannosi.

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  10. Complimenti. Avevo inviato un lungo commento ma non so se è stato inviato. Per qualsiasi informazione può contattarmi. 40 anni fa era il mio sogno coltivare e dare ai commensali quello che si era raccolto la mattina, senza un menù. Ma purtroppo ho fatto altro .50 anni ristoratore e 20 docente gastronomico. Buona fortuna.
    Se necessita di un’informazione gastronomica mi può contattare. Buon tutto

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  11. Questo sarà il più grande sbaglio della tua vita, tu non hai idea di cosa sia diventata Messina, te ne accorgerai presto, mi dispiace per te (tempo un mese e ti chiederanno il pizzo)

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