"Me ne frego se non hai soldi, buttati sui binari". Così le minacce dei cartomanti

“Me ne frego se non hai soldi, buttati sui binari”. Così le minacce dei cartomanti

Marco Ipsale

“Me ne frego se non hai soldi, buttati sui binari”. Così le minacce dei cartomanti

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martedì 12 Maggio 2020 - 14:00

Alcune vittime lamentano di non avere più soldi. Gli indagati insistono

Avvicinavano le vittime sfruttando momenti di fragilità e solitudine, ne carpivano la fiducia con lunghe telefonate anche di notte. Fingevano solidarietà e comprensione e dicevano di avere poteri sensitivi straordinari, di poter purificare da fenomeni paranormali negativi e di poter percepire il pericolo nelle vite altrui, che inventavano, parlando anche di rischi di morte per intere famiglie.

Come evitarli? Con riti malefici con teli appesi al balcone, ricorrendo alla cartomanzia, a riti esoterici, rituali magici e preghiere. In cambio si facevano dare tanti soldi, in contanti o con ricariche su carte prepagate.

Il modus operandi dell’associazione per delinquere scovata tramite l’operazione Majari è emerso dalle intercettazioni, avviate nell’estate 2017 e proseguite a lungo.

Le intercettazioni

I rituali magici o riti esoterici (chiamati “lavori”, “grafiche”, “invocazioni”) venivano sempre prospettati come molto costosi, perché bisognevoli di materiali speciali e talismani (“Il materiale esoterico costa!”), nonché come condizione imprescindibile per la rimozione del grave male, del “malocchio” o della “fattura” (“lui è stato anche fatturato!” – “io sono sensitiva…” – “la situazione è brutta… c’è stato una donna… mi raffigura una donna che ha fatto qualche cosa su di lui e non c’è niente da fare, si deve togliere subito… l’impurità!” – “Non c’è tanto da perdere tempo, perché ogni cosa peggiora!”; “purificazione nella tua casa! – “... sei di religione ortodossa no?… Esatto… e allora ti voglio dire una cosa, principalmente io sono con Dio… ok? Perché.appunto ci sono quelli che sono… insomma… di altre sponde, di altre cose… io faccio solo preghiere carismatiche… così lavoro… tolgo la negatività… tolgo il male, hai capito?”).

Talismani e riti

I riti, a volte, servivano anche a mettere a tacere definitivamente “voci e dicerie di paese” pericolose per la reputazione della vittima (per esempio relazioni extraconiugali) e comprendevano anche la consegna di “talismani”, ossia oggetti di vario tipo (collanine, portachiavi, braccialetti, pietre vulcaniche) che dovevano essere utilizzati secondo precise istruzioni: così, ad esempio, un braccialetto doveva essere indossato per ventiquattro ore consecutive, compresa la notte, e l’indomani doveva essere gettato in mare.

“Vai al trivio alle 3 di notte e urla ‘diavolo'”

I talismani, i riti o le formule, in altri casi, dovevano servire a conquistare o “riconquistare” la donna di cui la vittima si era innamorata o a mantenerne la buona salute (“Allora senti, qui io ora, quando chiudo, ti mando direttamente una foto di una formula che tu dovresti fare, se hai la possibilità, questa notte. Alle ore tre in punto… E ci vorrebbe un tre vie, cioè una strada che si fa con tre… strade, un incrocio va’, l’importante che siano tre strade, che non sia a quattro, capito?… magari ora più tardi, se puoi, dovresti comprare tre palmi di fettuccia nera… alle tre di notte devi andare nel trivio, ti devi smanicare il braccio sinistro a carne nuda, e dire ad alta voce: “diavolo…”).

Le minacce

Poi gli indagati, al minimo sospetto che le vittime, scoperti i loro inganni, cercassero di uscire dal circolo vizioso in cui erano incorse, passavano a vere e proprie intimidazioni nei loro confronti; in particolare, le minacciavano che, se avessero smesso di pagare o avessero denunciato i fatti, avrebbero scagliato al loro indirizzo, e a quello delle loro famiglie, ogni sorta di maleficio e negatività (“il rito”) o comunque generato nei loro confronti temibili fenomeni paranormali (presenza soprannaturale di acqua e di rumori, stato di ipnosi, etc.), a volte anche con l’ausilio di operatori dell’occulto ancora più potenti e pericolosi, come un tale “Valentino” (“…le interferenze le faccio io, i numeri telefonici, anche quello di tua sorella, che so il numero di cellulare se voglio, anche a quello di tua madre se voglio, che lo hai tolto il numero di cellulare, l’ipnosi, i soldi te lo sei dimenticata quando te li facevo scomparire da casa?… I rumori che ti facevo fare? L’idraulica e l’acqua che ti usciva, erano fenomeni degli alieni? Erano i marziani? vuoi questa sera che ti faccio rimbombare qualcosa? Così ti ricordi di Valentino? non è una minaccia… per farti ricordare che il paranormale esiste!”).

I ricatti

In alcuni casi gli indagati hanno ricattato le loro vittime, minacciandole che avrebbero divulgato tutte le informazioni “compromettenti” di cui erano venute in possesso, carpite in occasione dello svolgimento delle loro “prestazioni professionali” (uno degli indagati, per esempio, ha minacciato la vittima di divulgare il contenuto di non meglio precisate “cassette” o anche di riferire agli assistenti sociali ed al datore di lavoro della sua “cliente – vittima” le informazioni confidenziali ricevute).

I falsi mistici

Per incrementare il senso di smarrimento delle vittime ed eludere eventuali indagini, gli indagati inscenavano l’esistenza di fantomatici soggetti dai poteri ancora più straordinari (“Alessia”, “Ester”, “Carlo”, “Valentino”, “Loredana”, “Alina”, “Giovanna”, etc.), dei quali addirittura simulavano la voce al telefono. L’intera attività avveniva per via telefonica: gli incontri di persona, di conseguenza, avvenivano solo al momento della consegna del denaro contante.

E c’è chi si è venduto la casa…

Le vittime, per procurarsi la liquidità necessaria a soddisfare le incessanti richieste degli indagati, non solo attingevano a tutti i loro risparmi, vendendo gioielli, attrezzature di lavoro (in un caso, addirittura, un intero allevamento di bestiame) e persino immobili di proprietà (le stesse case di abitazione), ma erano costrette anche a contrarre gravosi debiti con amici e parenti (ai quali tacevano il reale motivo del prestito), fino a contrarre debiti a tassi usurari che non riuscivano poi ad onorare.

Una vittima ha consegnato oltre un milione di euro

Per ogni consulenza/rito, i malcapitati clienti versavano una “parcelladi qualche centinaio di euro, fino ad arrivare a corrispondere, nel corso del tempo, in totale, cifre anche superiori ai 10mila euro. Nei casi più gravi, due vittime hanno consegnato, rispettivamente, oltre un milione di euro e 70mila euro. In alcune conversazioni erano gli stessi indagati a suggerire alle vittime come procurarsi ancora ulteriore denaro, per esempio chiedendo prestiti ai familiari o vendendo gioielli al compro oro.

Le perquisizioni domiciliari

All’esito di alcune perquisizioni domiciliari seguite nel 2018, è stato sequestrato non solo materiale esoterico di ogni tipo (mazzi di carte per la cartomanzia; pergamene con simboli magici – “Pentacolo mistico dell’angelo Raphael” –;preghiere rituali; fogli con riferimenti ad arti magiche, riti esoterici, incantesimi, rituali, pozioni e formule magiche), ma anche appunti con informazioni sulle vittime e sulle loro abitudini. Subito dopo le perquisizioni, i sodali ed i loro accoliti si sono immediatamente adoperati per far sparire altro “materiale”, ancora in loro possesso (“Amico mio, fatti scomparire quello che hai a casa! – Ah! Stanno arrivando? – Ancora no, ma ci stanno… stanno cercando… perché i nominativi sono assai quelli gli ha dato… è stato uno stronzo che non gli sono riusciti i lavori… quindi ha fatto le denunce! – Quindi quanto tempo mi posso dare? una settimana?… quattro giorni… per fare? – Tu… entro martedì devi fare scomparire tutte cose! Almeno per due tre mesi non devi tenere nulla dentro!”).

Lo sfruttamento psicologico

Duplice la potenzialità offensiva del fenomeno criminale: allo sfruttamento economico delle vittime e, almeno in alcuni casi, dei loro parenti, si sommava un vero e proprio sfruttamento psicologico, cosicché le vittime, anche per la vergogna, si isolavano dalla famiglia e dal contesto sociale di riferimento, diventando sempre più succubi e “dipendenti” dal sodalizio.

“Porci, pazzi, morti di fame, babbigni”

In alcune eloquenti conversazioni telefoniche è emersa tutta la determinazione usata dagli indagati nell’azione di spoglio dei malcapitati clienti, definiti, senza mezzi termini, “porci, pazzi”, “morti di fame”, “babbigni”.

Gli appelli in lacrime

La spregiudicatezza dei sodali non si fermava nemmeno dinnanzi agli accorati appelli delle vittime che, spesso in lacrime, supplicavano gli indagati di smetterla con le insistenti richieste di denaro, dichiarando di non avere più soldi, di provare vergogna verso i figli, ai quali non potevano più comprare nulla e di essere disposti a compiere gesti estremi. Così, ad esempio, si esprimeva una vittima: “io non ce la faccio più… non ce la faccio perché ho la paura che mi succede qualcosa di brutto e io faccio qualcosa… o ammazzo a lei o ammazzo me!”. Un altro malcapitato cliente (che per riconquistare la sua amata aveva consegnato circa 70mila euro al sodalizio), in una eloquente intercettazione, con voce tremante e tono disperato, esclamava: “io m’ammazzo! ‘Sta situazione deve finire, deve finire… è diventato un calvario, non ce la faccio più, sono pazzo, pazzo… maledetto io!”; “mi deve lasciare in pace… mi sta portando nella cassa da morto… che calvario, che calvario!”; ed ancora: “Io non ho soldi! Mi posso solo sparare, ‘sta camurria deve finire, mi sparo e si leva ‘sta camurria… sono nella merda, le persone mi minacciano, mi prendono la faccia a schiaffi!”.

“Dice che è al lastrico, pure se mi dessero 50 euro che cazzo me ne fotte di loro”

Gli indagati commentavano tra loro, anche in modo sarcastico, le conversazioni avvenute con le vittime e, incuranti dei disperati appelli e delle minacce di gesti estremi, cercavano ogni modo per continuare a “spremere” i clienti: “Dice che è al lastrico… pure se mi dessero 50 euro che cazzo me ne fotte di loro! capito che ti voglio dire? … Dovrebbero essere sul lastrico come me, la gente, quando dicono che sono sul lastrico… veramente!”. Ed ancora: “Ora le mando un messaggio e le dico che i soldi li ho anticipati io per il materiale, ci fazzu venire i vermi!”; “Io questi clienti così che dicono una cosa… poi un’altra, mi danno fastidio! Ma l’hai capita a questa scimunita? È tirchia da morire!”.

“Per me ti puoi pure ammazzare, anzi ti indico pure la strada”

In altri casi, per ammonire le vittime, veniva loro raccontato di come era “finita” con altri clienti che si erano rifiutati di pagare: “… ha telefonato uno che io per discrezione non ti dico il nome e che questo qui è di Acquedolci e mi ha detto: ‘se lei non mi aiuta signora, io mi ammazzo!; la mia risposta… a chi non è tra le mie grazie: per me ti puoi pure ammazzare! Anzi ti indico pure la strada – gli ho detto – … anziché la corda che non hai… – dico – vai nella stazione di Acquedolci… che c’è la stazione ad Acquedolci, e ti infili nei binari del treno’ … ‘ma lei è una diavola!’ – gli ho detto: “gioia mia, se soldi non ne hai, con me non ne devi parlare, ti fai aiutare… ce ne sono tanti, gli ho detto, ad Acquedolci… ti fai aiutare da altri! – gli ho detto – … a me, non mi devi scassare la minchia, perché tu sei stato traditore!”.

Il senso di vergogna

Per gli indagati, dunque, era del tutto indifferente il destino dei loro clienti, una volta ridotti sul lastrico: avrebbero potuto tranquillamente suicidarsi, senza che con ciò si sentissero minimamente in colpa. E purtroppo le vittime, per insicurezza o senso di vergogna, continuavano a tacere e a subire. Fin quando una di loro ha denunciato.

Un commento

  1. Incredibile ancora ci sono persone che si fanno truffare da questi personaggi, non ci sono parole nel 2020.

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