Messina. Neuropsichiatria infantile: storie invisibili di adoloscenti che il covid ha ferito

Messina. Neuropsichiatria infantile: storie invisibili di adoloscenti che il covid ha ferito

Rosaria Brancato

Messina. Neuropsichiatria infantile: storie invisibili di adoloscenti che il covid ha ferito

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mercoledì 21 Aprile 2021 - 15:38

Tagli, anoressia, tentativi di suicidio. In era covid l'aumento dei disturbi psichici tra adolescenti è un'emergenza. Anche a Messina

La sera del 24 dicembre 2020, il “Natale in rosso” dell’Italia in pandemia, un gruppo di adolescenti si è riunito davanti al Presepe. Ognuno di loro ha dato voce al cuore, quel cuore arrivato fin lì ammaccato, silenzioso, tormentato. Si son dati l’un l’altro parole di speranza, propositi, sogni. Per la prima volta è riapparso il termine “futuro” nelle loro frasi. Il presepe era nel reparto di Neuropsichiatria infantile del Policlinico di Messina e quella vigilia di Natale racconta la storia dei nostri figli e delle nostre figlie che stanno pagando le conseguenze indirette dell’emergenza covid.

Il grido di aiuto

Sono danni che rischiano di andare ben oltre quei tagli che si sono inflitti al corpo, quel digiuno forzato che li ha portati all’anoressia, quel disagio esploso in tante forme di autolesionismo, fino ai tentativi di suicidio. C’è chi li chiama “generazione Covid” e lanciano un grido che l’Italia, con appena 325 posti letto di neuropsichiatria infantile su tutto il territorio nazionale, non è ancora in grado di ascoltare. Mettendo a repentaglio il loro futuro di adulti.

Disturbi psichici in aumento

L’allarme per l’aumento esponenziale dei disturbi dei teenager è nazionale, ma a Messina, che è punto di riferimento storico per un bacino d’utenza che copre sia la Sicilia che la vicina Calabria è drammatico. Non mancano soltanto i posti letto, ma anche psicologi ed una rete effettiva nel territorio. Se ci “sfuggono di mano”, rischiamo di perderli e i danni li vedremo quando diventeranno adulti.

Il dovere di proteggerli

Intanto, oggi, nel loro “adesso” fatto di Dad, di quarantene, di divieti di toccarsi e stare insieme, il nostro dovere, come adulti, è quello di PROTEGGERLI. Innanzi tutto dalla società che li ha messi ai margini come “criticità di secondo grado”. E poi dalle ombre che hanno dentro e sono diventate ogni giorno più grandi.

Neuropsichiatria infantile

La Neuropsichiatria infantile del Policlinico ha 58 anni di tradizione assistenziale e formativa ed è la responsabile dell’Uoc, Gabriella Di Rosa che ci racconta come, soprattutto la seconda ondata di pandemia, ha fatto registrare un aumento esponenziale degli accessi dal pronto soccorso al reparto per disturbi psichiatrici. Più del lockdown che ci aveva lasciato una speranza di rialzarci, la seconda ondata è come se avesse cancellato la parola futuro per i nostri ragazzi.

“Casi in continuo aumento”

Da dicembre ad oggi ad oggi il 31% dei pazienti ricoverati in Neuropsichiatria Infantile è giunto a causa di un disturbo psichiatrico, rispetto al 18%, nello stesso periodo del 2019 pari al 58% in più- racconta Gabriella Di Rosa-Vengono a tutte le ore del giorno e della notte, da tutta la Sicilia e dalla Calabria, che non ha posti letto. Arrivano al pronto soccorso per atti di autolesionismo, tentativi di suicidio, gravi stati d’ansia, gravissimi disturbi alimentari e nel comportamento”.

Manca una rete territoriale

Le ferite sul corpo, l’aggressività nei comportamenti, l’anoressia che arriva fino a far rischiare la stessa vita (questi ultimi casi sono aumentati del 50% rispetto al 2019) sono tutte conseguenze dell’azzeramento della vita sociale degli adolescenti. Sono conseguenze di strategie politiche che hanno fronteggiato l’emergenza lasciando indietro i giovani, i bambini, gli adolescenti, quella fascia dai 12 ai 18 anni che sta subendo contraccolpi fortissimi. Anche perché dopo le dismissioni non c’è un servizio territoriale di supporto. O meglio, c’è solo nelle carte e nelle buone intenzioni del legislatore.

La lettera a Draghi

Non a caso la Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza Antonella Costantino ha scritto al premier Draghi un appello, affinchè vengano inseriti nel Recovery Plan fondi per potenziare un settore che più di ogni altro della medicina ha visto il moltiplicarsi degli accessi negli ultimi mesi e patirà le conseguenze nei prossimi 3 anni. Non solo non bastano i posti letto in Italia ma anche le strutture ed i servizi territoriali (con differenze tra Regioni e Regioni) e le figure di supporto, psicologi per primi. Basti pensare che Neuropsichiatria infantile a Messina è una delle sole 4 strutture per il Sud.

Punto di riferimento

Siamo sempre stati punti di riferimento non solo per la provincia ma anche per la Sicilia e la Calabria e di fronte a tutte le richieste di soccorso facciamo di tutto per dare risposte, nonostante difficoltà oggettive-ci spiega ancora la dottoressa Di Rosa– Vengono famiglie disperate con i loro ragazzi che esprimono i disagi interiori attraverso comportamenti diversi, dall’aggressività all’autolesionismo, all’ansia, all’anoressia. Purtroppo abbiamo una serie di problemi, dal numero dei posti letto alla questione degli psicologi che sono fondamentali in tutte le fasi della presa in carico, fino alla necessità di una rete di servizi territoriali”.

“Qui creano legami”

“Qui si crea veramente una famiglia, i ragazzi, i bambini creano legami profondi con noi. Il mio telefono non è mai spento e come il mio anche quello dei miei colleghi. Ma quando lasciano il reparto hanno bisogno di una rete che li segua. In questi mesi abbiamo assistito al nascere di amicizie e gruppi tra i giovani. Hanno riscoperto l’importanza di “essere” tra loro, di guardarsi negli occhi non attraverso uno schermo, di stringere una mano, di confidarsi i loro problemi comuni. Tutto questo ci fa pensare che è un dovere come comunità intervenire”.

Adesso solo 4 posti letto

Hanno dai 10, 12, 13, 16, 17 anni. Sono ragazzi, ragazze, ai quali da un anno è stato detto che non possono toccarsi, non possono incontrarsi. Non hanno più il “respiro” delle ore a scuola, tra di loro, e lo schermo è diventato l’unica modalità di contatto con il mondo esterno. La Neuropsichiatria infantile del Policlinico di Messina ha 14 posti letto più uno in sovraccarico, ma in questo momento sono 4 perché a febbraio sono state chiuse le prime stanze per riprendere alcuni lavori di ristrutturazione e dal 10 aprile un’altra stanza.

Con 4 posti letto è impossibile fronteggiare l’emergenza di continue richieste d’accesso, che rischiano di “restare” parcheggiate nei pronto soccorso (pediatrico o generale in base all’età) o, peggio, per chi ha più di 16 anni, essere trasferiti in reparto per adulti. I posti letto servono perché spesso restare in reparto è fondamentale per la ripresa del paziente. A maggior ragione se il 100% dei casi che arriva dal pronto soccorso ormai è un’emergenza collegata indirettamente al covid. Non si può rimandarlo indietro nella “gabbia” che ha fatto esplodere il disturbo.

“Aiutateci ad aiutarli”

Dalla Calabria si sobbarcano lunghi viaggi e arrivano la notte, contando in un ricovero, ma noi siamo in una situazione complicatissima- prosegue Di Rosa– Né possiamo dire a queste famiglie tornate indietro. Cerchiamo in ogni modo di garantire il ricovero protetto. In Sicilia gli unici due altri reparti sono ad Acireale ed a Palermo ma sono diventati solo posti covid e comunque rispondono di non avere posto. Noi siamo l’unico punto di riferimento, allora chiediamo, aiutateci a dare la migliore risposta possibile”.

Il problema degli psicologi

Ad esempio dando modo di attuare rapporti di lavoro più adeguati agli psicologi (in reparto ce ne erano due ma a tempo determinato, scaduto l’8 aprile). La diagnostica psicologica a supporto di ogni visita è fondamentale. Non basta curare le ferite “visibili”, se non si arriva all’anima del problema. Anche per questo è importante contare su personale formato e preparato da utilizzare anche negli ambulatori e nel territorio. Il supporto psicologico accompagna il bambino/a il ragazzo/a e le loro famiglie per tutta la terapia e anche nel cammino successivo.

Storie di legami

Loro sono splendidi, sono accadute storie bellissime. Entrati in reparto si “riconoscono”, iniziano a crearsi alleanze, legami, tra di loro- spiega la responsabile dell’Uoc- E anche dopo che vanno via creano gruppi whatsapp e si fanno forza, condividono i percorsi di rientro. Lo so perché continuiamo a sentirci. Ci vedono come quella parte di famiglia allargata che in questo momento è stata negata. Il distacco da noi è spesso molto doloroso, al punto che vogliono trascorrere con noi anche i momenti di festa. A Natale avevamo il reparto pieno di ragazzi dai 13 ai 17 anni. Abbiamo temuto che nelle notti di Natale e Capodanno si potessero registrare situazioni preoccupanti. Invece è stato meraviglioso. Si sono riuniti davanti al presepe e si sono parlati, hanno condiviso i propositi per il futuro. Il futuro è tornato nei loro discorsi e hanno condiviso le loro speranze. Quasi tutti sono stati dismessi a gennaio e continuano a sentirsi”.

Un porto sicuro

Per loro, giunti al pronto soccorso pieni di tagli, in anoressia o depressi, entrare in reparto ha significato incontrare adulti che li ascoltano e coetanei con i quali tornare ad avere un rapporto diretto. Per le famiglie che li accompagnano è stato come trovare finalmente un porto sicuro al quale affidare i loro cuccioli feriti.

“Stare insieme è nutrimento”

Per i giovani il guardarsi faccia a faccia, toccarsi, stare insieme è nutrimento– continua la dottoressa Gabriella Di Rosa-Sono generazioni che fanno uso di social e quindi si abituano ad un certo tipo di comunicazione, ma è altrettanto vero che il contatto è fondamentale. Noi ci siamo dovuti abituare a questo mondo social, ci siamo iscritti a instagram, facebook e abbiamo scoperto cose terribili. Ci sono siti che spiegano cosa fare per diventare anoressici, si creano modelli terribili con metodi da suggestioni di massa. Solo quando arrivano da noi acquisiscono piena consapevolezza di essersi persi in un mondo virtuale e non reale

Quando si entra in questi reparti si torna a percorrere il sentiero della vita. Il problema è il dopo, perché i ragazzi hanno paura della vita quotidiana senza chi li ha sostenuti in quei giorni. E il fatto che i posti letto siano 4 in un momento in cui il fenomeno è amplissimo è una criticità che deve rappresentare la priorità in assoluto.

I disturbi dei più piccoli

L’Università e il Policlinico di Messina devono trovare il modo, insieme alla rete di servizi territoriali, di non lasciare soli i nostri figli. I disagi peraltro si stanno cominciando a manifestare anche tra i più piccoli, quelli al di sotto dei 12 anni. E’ vero sono più “protetti” dalla rete familiare, ma il disagio del non poter più stare a scuola o con i compagni, né vivere la vita di sempre li porta a somatizzare. Sono piccolissimi e non riescono ad esternare il disagio, così arrivano in reparto con mal di testa inspiegabili e continui, difficoltà di deambulazione. Dopo gli accertamenti viene esclusa la causa neurologica e si capisce che è stato somatizzato un disagio.

Tempostretto darà voce

Li chiamano Generazione covid ma sono guerrieri che hanno bisogno di uno Stato al loro fianco, delle istituzioni. Tempostretto darà voce a queste storie, piccole e grandi, nella speranza che quelle frasi espresse davanti al Presepe del reparto di Neuropsichiatria infantile del Policlinico, diventino sogni realizzati. Lo faremo con lo stile e la sensibilità che ci appartiene, nella massima tutela dei minori e dei fragili, ma con la consapevolezza che solo dando voce al silenzio si cambiano le cose.

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2 commenti

  1. Tutto quello che c’è in questo articolo è spiegato egregiamente, e vorrei tanto che altrettanto egregiamente venisse trattato questo silente e grave problema che esiste tra i giovanissimi….. purtroppo il Covid ha creato un “vortice” nel quale gli adolescenti sono stati “risucchiati “e quel” vortice” sono proprio i social che sono diventati l’unico svago tra le quattro mura ….uno svago che necessita una “disintossicazione” perché nasconde insidie di cui spesso neanche i genitori si accorgono….nei social avviene una sorta di lavaggio del cervello e lo abbiamo visto purtroppo dai casi di “giochi mortali”avvenuti di recente ,si nascondono adulti perversi che si insinuano persino nei giochi ( in un gioco innocente di bambole da vestire in chat virtuali si introducono adulti e se uno non controlla attentamente non sai quello che accade)ci sono troppi bambini che hanno fretta di crescere e onestamente spesso ci sono genitori dietro che permettono foto ,pose,”ammiccamenti “sbagliati,anche in biancheria intima che andrebbero vietati perché prede di pedofili( una bambina di dieci anni a Roma ha postato un video mentre si denudava in camera da letto dei genitori (dove erano?) Si crea un danno senza precedenti a non fare vivere la vita per l’ effettiva età che hanno ….ecco perché poi nascono i problemi perché si tende a copiare modelli sbagliati ,c è un precoce approccio sessuale che porta a fare scelte sbagliate e a non vivere in modo sano la sfera affettiva…..ecco che poi avvengono i disagi,le insofferenze verso tutto e tutti , l’autolesionismo perché ci si sente sbagliati ,quando è sbagliata la società che non protegge ,che non interviene prontamente ,che non controlla adeguatamente tutto lo schifo che si riversa sui social che tra l’altro sono usati malissimo anche dagli adulti con conseguenze sugli adolescenti che cercano di “imitare “i modelli sbagliati credendoli giusti . Purtroppo sono aumentati i disagi proprio perché è aumentato il tempo da trascorrere su questi social perché il Covid ha tolto la possibilità di vivere la vita reale sostituendola con quella virtuale……sarebbe stato molto meglio il contrario per i nostri figli……

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  2. Bravi che date spazio e voce a questi problemi che stanno diventando una vera e propria emergenza sociale di cui i media non si occupano affatto e neanche la politica sanitaria!

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