Messina, quella montagna sparita per far posto alla discarica dei Mancuso

Messina, quella montagna sparita per far posto alla discarica dei Mancuso

Alessandra Serio

Messina, quella montagna sparita per far posto alla discarica dei Mancuso

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giovedì 28 Novembre 2019 - 07:30

I dettagli del sequestro della discarica abusiva dei Mancuso dove veniva smaltito il materiale dei cantieri privati cittadini

Hanno interrato rifiuti non trattati, smaltendo materiali diversi da quelli per i quali erano autorizzati, provenienti da tanti siti diversi, molti cantieri in più rispetto a quelli regolari. Ma soprattutto hanno stravolto la morfologia di un intero territorio, rendendolo più vulnerabile alle frane e agli acquazzoni.

Le immagini del Gruppo Aeronavale della Finanza parlano chiaro e sono impressionati, nel confronto con i rilievi della stessa zona effettuati nel 2014: prima c’era una montagna, adesso non c’è più.

C’è tutto questo e tanto altro nell’indagine della Guardia di Finanza di Messina che ieri ha portato al sequestro della discarica abusiva di Gravitelli, utilizzata da Daniele Mancuso, fratello del più noto boss Giorgio Mancuso, negli anni ’90 punto di riferimento della mala del rione, impegnato nella faida con negli altri gruppi cittadini poi pentitosi. Anche Daniele ha alle spalle una condanna, definitiva, per appartenenza al clan di famiglia. Il figlio Giuseppe, invece, non ha precedenti per mafia. Anche la ditta di Daniele aveva chiesto iscrizione e registrazione, ma non gli erano stati concessi.

E’ forse per questo, spiegano i finanzieri, che la SOFIA onlus, la società che aveva i mezzi pesanti coi quali venivano conferiti i rifiuti, era intestata proprio al nipote dell’ex boss. La società, peraltro, aveva ottenuto l’iscrizione al registro dei gestori ambientali, anche se non era comunque autorizzato a quel tipo di rifiuti che gli investigatori hanno trovato sotto il terreno di contrada San Corrado.

A più riprese, i finanzieri hanno piazzato telecamere ed effettuato riprese dall’altro, scoprendo che i camion dei Mancuso nell’area privata scaricavano la qualunque, per lo più materiale di risulta di cantieri in palazzine private, in qualche caso provenienti dai cantieri delle imprese di famiglia, ma non solo. Sono finiti interrati a Gravitelli, per esempio, buona parte dei materiali di risulta del complesso Le Terrazze 2, Belvedere, Sitre e delle case popolari di Pace.

Quando i finanzieri hanno effettuato l’ultimo rilevamento, i mezzi dei Mancuso stavano scaricando materiale proveniente proprio da Le Terrazze 2, in particolare da un cantiere di via Arcipeschieri, su un terreno di una società di Santino Pagano, che aveva appaltato i lavori alla Trigeo di Gabriele Galipò. Ovviamente gli accertamenti non riguardano alcuna di queste ultime società.

L’attività della Finanza, condensata nelle 11 pagine del provvedimento di sequestro siglato dal Gip Monica Marino, sembrano soltanto la punta del’iceberg di un’attività più ampia e ancora tutta in corso. A lavoro sul caso ci sono infatti ben 3 magistrati, il sostituto Rossana Casabona e la collega della Direzione distrettuale antimafia Liliana Todaro, coordinate dall’aggiunto Rosa Raffa.

I reati contestati agli otto indagati – i due Mancuso padre e figlio e 6 loro lavoratori impiegati per lo più sui mezzi – sono due violazioni ambientali legate all’attività di conferimento e smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi. Sotto chiave sono finiti l’area, in parte intestata a terze persone e in parte ai Mancuso e 4 autocarri, oltre ad altri mezzi di lavoro, bobcat ed escavatori, che la Guardia di Finanza ha trovato in discarica quando è andata a mettere i sigilli.

“Valuteremo i prossimi passaggi necessari dopo aver esaminato le ipotesi d’accusa mosse dalla Procura – commenta il difensore storico dei Mancuso, l’avvocato Filippo Mangiapane. – Intanto è però doveroso sottolineare che l’attività che viene contestata non ha nulla a che fare con la criminalità e men che mai con la criminalità mafiosa, che infatti non viene ipotizzata nel decreto di sequestro preventivo, né adombrata”.

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