Morto sul lavoro a Taormina, 4 condanne. La famiglia: "Giustizia per gli operai"

Morto sul lavoro a Taormina, 4 condanne. La famiglia: “Giustizia per gli operai”

Alessandra Serio

Morto sul lavoro a Taormina, 4 condanne. La famiglia: “Giustizia per gli operai”

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mercoledì 12 Maggio 2021 - 10:30

4 condanne per la morte dell'operaio Vincenzo Di Stefano avvenuta a Taormina nel 2015. Il racconto della moglie

Vincenzo Di Stefano è morto perché le regole sulla sicurezza sul lavoro non sono state rispettate. La pensa così il giudice monocratico di Messina Claudia Misale, che ha chiuso con 4 condanne il processo per la morte dell’operaio di Taormina, scomparso il 25 febbraio 2015 mentre puliva il tetto del capannone di un locale commerciale a Trappitello. Aveva poco meno di 60 anni.

Alla sbarra ci sono i titolari del capannone, molto noti in zona, e il responsabile della ditta che impiegava Di Stefano. Sono stati condannati ad un anno per omicidio colposo, pena sospesa, e al pagamento di una provvisionale di 20 mila euro a testa, da liquidare subito alla famiglia, assistita dall’avvocato Giuseppe Trimarchi. Affronteranno poi il processo civile per l’eventuale risarcimento.

“La sentenza è stata per noi un sollievo – racconta la moglie di Vincenzo Di Stefano – nessuno ci ridarà mai mio marito, ma il processo è stata un’agonia, si è cercato di dire cose che non stavano né in cielo né in terra. Invece la verità e venuta fuori. E’ una sentenza che fa giustizia al lavoro di una vita di mio marito ma è giustizia per tutti gli operai, troppo spesso abbandonati all’insicurezza e sacrificati al profitto, che come mio marito escono di casa tutti i giorni per ritornare con quel che serve a crescere i propri figli e invece rischiano la morte”.

Di Stefano è morto dopo un volo di 6 metri mentre ripuliva dalla cenere lavica il tetto del capannone. Un pannello si è staccato e lui è precipitato al suolo. Lo schianto non gli ha lasciato scampo: malgrado avesse il casco, è morto sul colpo.

“La norma vuole che per lavorare ad oltre tre metri d’altezza, considerato lavoro in quota, si osservino protezioni adeguate aggiuntive – spiega l’avvocato Trimarchi – che in questo caso non c’erano”.

Al processo in più è venuto fuori che un analogo incidente, con esiti non tragici come in questo caso, era accaduto un anno prima sempre ad un operaio della stesa ditta, durante l’esecuzione di lavori allo stesso capannone.

Per questo la giudice Misale è arrivata alla condanna, in primo grado. Gli imputati sono stati difesi dall’avvocato Carlo Autru Ryolo, Salvina Neri e Isabella Giuffrida.

“Abbiamo passato una vita insieme – racconta Cettina Franco, la moglie di Vincenzo – avevo 14 anni quando abbiamo cominciato a vederci. Lui mi lasciava tanti bigliettini romantici che mi passava di nascosto in strada. Noi ragazzini pensavamo di non essere notati, invece tutti in paese sapevano di noi perché vedevano sempre lui in strada, con l’ombrello, anche sotto la pioggia battente, passeggiare nei pressi di casa mia. Poi abbiamo fatto la classica “fuitina” di allora e abbiamo costruito una famiglia. Col suo lavoro abbiamo cresciuto 5 figli ai quali non è mai mancato niente. Un lavoro che ha sempre svolto con dedizione, accettando qualunque compito per amore della sua famiglia. Lo stesso impegno che tutti gli operai mettono nel proprio lavoro, per questo è dovuta a tutti loro giustizia, meritano un lavoro sicuro”

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