"Nove". Il percorso al femminile alla conquista di una famiglia basata sull’amore

“Nove”. Il percorso al femminile alla conquista di una famiglia basata sull’amore

Tosi Siragusa

“Nove”. Il percorso al femminile alla conquista di una famiglia basata sull’amore

venerdì 07 Agosto 2020 - 07:00

Il teatro che ritorna, la sua sottile magia che si rinnova e per fortuna ricomincia a irrompere nelle nostre serate. E al Clan Off, in trasferta per l’occasione negli scenari del Mume, ha ritrovato una inedita location per questa insolita estate. Confidiamo siano riproposti gli interessanti spettacoli già in programma, che pregustavamo, e per forza di cose non portati avanti a causa dell’iinterruzione della stagione 2019/2020.

Mise en scene, questa, di spessore e qualificabile come coraggiosa, essendo autobiografica e portando all’attenzione del pubblico momenti di vita vissuta, altamente connotati da problematiche eticamente dense.

E così plaudiamo all’iniziativa, a questo monologo gentile, che, con assertività non urlata, denuncia comunque come per alcune famiglie di fatto, ad oggi, il nostro paese sia molto retrivo, disconoscendo realtà ormai presenti, che richiederebbero un riconoscimento e, prima ancora, una materiale accettazione.

L’intitolazione riconduce al periodo di gestazione dal quale origina la vita, ma anche alla sacralità dell’esistenza e alla simbolica conquista della verità che rende liberi. La protagonista, Egle Doria, è ben versatile, riuscendo a passare da un registro all’altro e a gestire con inventiva le molteplici situazioni rappresentate, conferendo personalità e colore ad ognuno dei personaggi in scena, attraverso poche battute connotanti e accessori di scena, sapientemente utilizzati all’uopo, così come i frequenti cambi di scena facilitati da pannelli scorrevoli.

La sua vita vera è dunque passata al vaglio, con i suoi eventi significanti, i sogni e le scelte importanti.

Da figlia, che serba amorevolmente il ricordo materno, a nipote, parente, persona che si muove negli scenari sociali di prossimità, a donna tradita anche nel proprio anelito a divenire madre, fino alla scelta, più emozionale che ragionata, di creare una sua famiglia, nella forma cd “arcobaleno”, fondata sull’amore.

Se una pecca si vuol rintracciare è nell’affastellarsi delle situazioni ricordate, che sgorgano da una memoria non filtrata, e dunque non composta, non certo equilibrata, e tale vuluus è non solo comprensibile, ma consequenziale alla storia narrata, che non certo paradossalmente si ricompone nel finale, che finalmente si attaglia al sentire più profondo del personaggio femminile.

L’Italia appare davvero indietro, nel non voler vedere questi frammenti di vite normali, generando ferite insanabili, che la rappresentazione, con ironia, ma con piglio forte e deciso, riesce a scandagliare e restituire. Le donne single o con una partner femminile, che decidono di concepire attraverso la fecondazione assistita, nel nostro Paese non possono farlo e lo script prima generosamente messo a punto dalla stessa interprete e da Nicola Alberto Orofino, è poi diretto dallo stesso immaginifico artista con somma maestria.

Questo intimo diario, in conclusione, è simbolico messaggio, non di denuncia propriamente detta, ma di oggettiva rappresentazione contro la dignità familiare denigrata, che per affermare con forza la propria esistenza deve tribolare, affrontando sacrifici più consistenti del necessario, ma che infine con resilienza porta a casa la conquista della quotidianità anelata, e ciò riveste importante valenza sociale, ed è in grado di penetrare nelle nostre coscienze, instillando dubbi laddove ancora permangano ancestrali chiusure.

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