E' sempre più urgente avviare un piano di difesa del territorio. E deve partire dai Comuni

E’ sempre più urgente avviare un piano di difesa del territorio. E deve partire dai Comuni

Giovanni Mollica

E’ sempre più urgente avviare un piano di difesa del territorio. E deve partire dai Comuni

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mercoledì 23 Novembre 2011 - 19:36

Nei prossimi anni si intensificherà la frequenza di calamità naturali che metteranno in grave pericolo un territorio di per sé fragilissimo. Le amministrazioni che non fermeranno la cementificazione selvaggia del territorio, bloccando le licenze edilizie e sospendendo l'efficacia dei PRG, avviandone una revisione completa alla luce dei recenti disastri, si assumeranno una gravissima responsabilità nei confronti dei cittadini

L’ennesima tragedia che ha colpito la provincia di Messina ripropone in modo urgente e drammatico il problema del dissesto del territorio.
Nessuno può sapere con esattezza dove colpirà la forza della Natura la prossima volta, ma ormai è chiaro a tutti che la giustificazione “in 50 anni non era mai successo nulla di simile” è solo un alibi per amministratori pubblici ed enti che non sanno fare il proprio dovere.
Certo, affrontare un problema così grave e complesso non è facile, ma è evidente che, oltre a reclamare a gran voce le risorse economiche indispensabili per affrontare l’emergenza, vi sono provvedimenti immediati – a costo zero o quasi – che, alla luce di queste tragedie, i nostri amministratori devono approvare immediatamente. Sapendo benissimo che le variazioni climatiche e la tropicalizzazione delle fasce temperate accentueranno sempre di più, in un futuro ormai prossimo, i fenomeni atmosferici che tanti lutti hanno causato nella nostra Provincia.
Ci chiediamo con quale coraggio le Commissioni preposte abbiano rilasciato e continuino a rilasciare licenze di costruzione in zone dove è evidente che solo la bontà del Padreterno può salvaguardare chi vi abita o vi andrà ad abitare. Quantomeno perché, in caso di emergenza, non vi potrebbero arrivare mai i mezzi di soccorso.
E, per favore, non si venga a raccontare che la concessione è un atto dovuto: nessun magistrato oserebbe censurare l’operato di un’Amministrazione che sospende il rilascio di nuove licenze in attesa di una revisione del Piano Regolatore, imposta da una comprovata emergenza idrogeologica.

Viceversa, prolungare ulteriormente questa sciagurata e colpevole inerzia decisionale potrebbe essere molto rischioso. Per la gente e per gli stessi amministratori pubblici.
Quanto avvenuto a Saponara e Barcellona impone anche un’altra considerazione.
Alcuni gruppi politici continuano a richiedere lo storno delle risorse pubbliche destinate al Ponte sullo Stretto, per destinarle alla messa in sicurezza del territorio messinese. Abbiamo sempre sostenuto che si tratta di una richiesta assurda. Come infinite volte ripetuto, i 1.770 milioni che la Stretto di Messina dovrebbe ricevere per gli anni 2012 e 2013 sono denari dello Stato e, in quanto tali non possono essere destinati solo a un paio di comuni siciliani. Con mezza Italia che rischia di franare, da Genova al Trentino, dalla Campania al Molise.
Nell’ex Bel Paese sono stati censiti ben 6.633 comuni a rischio – tra cui 277 siciliani – e, con una semplicissima proporzione, alla nostra provincia, tutta intera, toccherebbero, sì e no, 8 o 9 milioni.
Quando la sola Regione Sicilia, per Giampilieri e Scaletta, ne ha anticipati 44 sui 160 stanziati dal Governo nazionale con la legge di stabilità.

Perché allora si continua a strumentalizzare le speranze della gente per fare la guerra al Ponte, dicendo nei giorni pari che le risorse per il Ponte non ci sono –e, se è così, non ci sono neanche per il dissesto – e in quelli dispari che devono essere destinate alla provincia di Messina? Sapendo che, anche se ciò avvenisse, arriverebbero somme assolutamente insufficienti.
Esaminiamo infine la lunghissima lista di opere compensative, mitigative e connesse sulla quale litigano in questi giorni i nostri prodi consiglieri comunali e provinciali.
Qui sì che troviamo somme rilevantissime: nuove strade e coperture di torrenti (80 milioni), pianificazioni urbanistiche e riqualificazioni di aree degradate (70 milioni), reti fognarie (40 milioni), ripascimenti (11,8 milioni). E poi il completamento dell’impianto d’illuminazione della Nuova Panoramica e gli svincoli, una galleria e una nuova stazione, opere e operette certamente importantissime per la nostra città. Per centinaia e centinaia di milioni.
Ma nulla o quasi per il monitoraggio, la prevenzione, la pianificazione e il riassetto delle aree della nostra provincia maggiormente esposte al dissesto. Eppure, vale il ragionamento fatto in precedenza: se il Ponte non si farà – ed è legittimo che alcuni se lo augurino -, non verrà realizzata nessuna delle opere compensative, mitigative o connesse. Qualora invece si avviassero i lavori – ed è altrettanto legittimo che altri se lo augurino –, nulla sarebbe destinato al dissesto del territorio per la semplice ragione che le risorse saranno destinate ad altri scopi!.
Insomma, la tutela del territorio è considerata da alcuni come urgente e prioritaria se ALTERNATIVA al Ponte, diviene secondaria e dilazionabile se COLLEGATA all’attraversamento stabile.

Un commento

  1. Faremo tesoro della saggezza delle massime latine,tertium non datur,una terza possibilità non è concessa,ed errare humanum est,perseverare autem diabolicum,errare è umano,perseverare è diabolico,quando dovremo redigere il nuovo piano regolatore e regolamento edilizio,facendone strumenti di governo del territorio e non i carnefici della nostra terra e delle sue genti? Saremo capaci di non fare scelte di nuova espansione,in un mercato immobiliare saturo e invenduto,e puntare all’edilizia delle demolizioni e conseguenti ricostruzioni,utilizzando lo strumento delle società di trasformazione urbana sul costruito? Quello che è rimasto del nostro territorio dovrà servire all’edilizia delle opere di urbanizzazione e delle infrastrutture economiche,in cui abbiamo una vocazione millenaria,commercio e turismo insieme alle attività correlate al mare dello stretto. BASTA NUOVA EDILIZIA RESIDENZIALE PRIVATA, A QUELLA POPOLARE PUBBBLICA SI DESTINI L’INVENDUTO.

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