Parla Termini, Amam Messina trema ancora: le mazzette al 15% e le Jaguar

Parla Termini, Amam Messina trema ancora: le mazzette al 15% e le Jaguar

Alessandra Serio

Parla Termini, Amam Messina trema ancora: le mazzette al 15% e le Jaguar

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mercoledì 21 Ottobre 2020 - 08:39

Tutta la verità dell'ex presidente Termini sulla corruzione all'Amam e il cartello di imprese che effettuavano i lavori alla municipalizzata di Messina

L’ex presidente dell’Amam Messina Leonardo Termini ha rivelato agli investigatori molti particolari sul cartello di imprese che monopolizzava l’azienda municipalizzata acquedotti e su tangenti vecchie e nuove. Tangenti alimentate dalle difficoltà, oggettive o create ad arte, a farsi pagare per le imprese che effettuavano i lavori. Il vaso di Pandora scoperchiato da Termini, quindi, minaccia ancora terremoti.

Nei verbali depositati agli atti dell’inchiesta su una gara per i lavori nella tratta interessata dalla frana di Letojanni, infatti, ci sono parecchie parti delle dichiarazioni dell’ex presidente coperti da omissis. Segno che gli investigatori stanno ancora verificando alcuni fatti ed hanno avuto necessità di secretare parte dei racconti del manager pubblico.

Il resto dei verbali da lui rilasciati non sono del tutto inediti. Sul cartello di imprese che secondo lui gestiva i lavori Amam, infatti, Termini aveva già parlato chiaramente deponendo al processo Terzo Livello. Agli atti dell’indagine su una parte di questi lavori, che va al vaglio preliminare a metà dicembre, ci sono però alcuni passaggi interessanti, dove Termini svela molto chiaramente come era gestita l’azienda, mettendo nero su bianco nomi, percentuali, regalìe, in qualche caso fatti anche risalenti nel tempo. Come due autovetture Jaguar che sarebbero state consegnate nel decennio scorso per l’affidamento di un servizio.

Tutta una serie di circostanze hanno rafforzato la mia convinzione che nel tempo si sia consolidato un sistema di equilibri e di suddivisioni grazie ad aziende correlate soprattutto a cinque ditte predominanti ovvero le ditte riconducibili a Celesti, Sottile, Barillà, Micali, Buscemi. Questa situazione non solo era ben nota nell’ambiente Amam, ma mi fu anche palesata…”, spiega Termini nel dicembre 2016 al magistrato Francesco Massara.

IL SISTEMA AMAM E LE TANGENTI

Più di una volta, racconta Termini, nel corso del suo mandato era stato avvicinato dai titolari di poche ditte che però chiedevano il suo interessamento perché i mandati di pagamento venissero liquidati in tempi rapidi anche per altre aziende. Tra questi, svela l’ex presidente, Celesti gli avrebbe detto, in almeno due occasioni, di essere disponibile a riconoscergli qualcosa, a venire incontro a eventuali “sue necessità”: “Non contento, in una occasione successiva il Celesti fu ancora più esplicito e mi propose la disponibilità a corrispondermi il 15% sui mandati di pagamento purché fossero liquidati con particolare celerità. Per l’ennesima volta gli feci capire che tali proposte erano fuori luogo e assicurai che comunque l’azienda avrebbe effettuato regolarmente i pagamenti dovuti purché i lavori fossero effettuati correttamente”.

Le ditte del cartello in quel periodo, come ha riferito al processo Terzo Livello, secondo Termini avevano l’avallo dell’allora presidente del consiglio comunale di Messina Emilia Barrile. Così, dopo aver prodotto gli sms scambiati con l’esponente politico, Termini racconta di un incontro al bar Apollo con gli imprenditori Celesti e Barillà, presente anche la Barrile. Incontro in cui gli viene palesato il “sistema” delle ditte “che la stessa aveva già stabilito e concordato”.

IL NODO FIRE

Per i mandati di pagamento alla Fire, caldeggiati dalla Barrile a favore di Bommarito, l’ex presidente del consiglio e il manager del settore creditizio sono già stati al centro del processo Terzo Livello. Ma Termini ha ancora qualcosa da precisare. Gli investigatori nel 2016 gli chiedono esplicitamente di Progettografica, ovvero l’azienda che gestisce il software con le anagrafiche degli utenti Amam. E che in virtù di questo scambiava i dati con Fire, per dare corso al recupero crediti dei morosi. “Non cè dubbio che nella combinata azione Amam-Fire-Progettografica l’azienda abbia subito quella pesante prescrizione dei crediti pari a circa 35 milioni di euro”.

L’UDIENZA PRELIMINARE

L’inchiesta sui lavori Amam sarà esaminata dal giudice per l’udienza preliminare Simona Finocchiaro a metà dicembre prossimo. Inizialmente fissata il 12 ottobre scorso è slittata perché l’ufficio giudiziario era stato sgomberato dopo un sospetto caso di coronavirus.

Gli indagati sono gli imprenditori Salvatore Celesti, Salvatore Brischetto di Acireale, Gaetano e Natale Micali, il dirigente Amam Francesco Cardile e l’ex direttore generale Luigi La Rosa. Le ipotesi di reato sono corruzione, frode e abuso d’ufficio in una gara del 2015 per l’appalto di controllo e manutenzione degli impianti di sollevamento Fiumefreddo, Bufardo Torrerossa, del serbatoio di Piedimonte Etneo e delle condotte che attraversano il territorio catanese.

Il PM Federica Rende ha chiesto il rinvio a giudizio, vuole cioè che tutti siano processati. A dicembre il GUP Finocchiaro ascolterà anche i difensori, gli avvocati Ernesto Marcianò, Silvano Martella, Alessandro Billè, Enzo Grosso, Antonio Strangio e Simone Spada, poi deciderà se archiviare o se ci sono elementi per andare a processo.

Gli indagati iniziali erano molti di più. Ma la Procura ha effettuato un stralcio chiedendo intanto al GUP la valutazione del ruolo dei quattro imprenditori e i due ex dirigenti.

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