Vittorio Emanuele, 28 marzo 2014: concerto per sole anime e cuori. Grazie

Vittorio Emanuele, 28 marzo 2014: concerto per sole anime e cuori. Grazie

Rosaria Brancato

Vittorio Emanuele, 28 marzo 2014: concerto per sole anime e cuori. Grazie

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sabato 29 Marzo 2014 - 18:02

Nella città dell'assurdo venerdì sera è andato in scena uno spettacolo gratuito, offerto da orchestrali e maestranze per dire "Noi ci siamo". Alle loro spalle i fantasmi di una politica e di una burocrazia che hanno ucciso negli ultimi anni il Vittorio Emanuele, ma non la speranza. Nessuna recensione per quello che possiamo definire un "concerto per sole anime e cuori", ma solo un grazie perchè per una volta, abbiamo sognato un Teatro che non è ma potrebbe essere.

Il tempo che si ferma. Il tempo fermo tra passato, presente e futuro. Questo è stato lo spettacolo di venerdì sera al Teatro Vittorio Emanuele, l’istantanea di un passato in bianco e nero, fatto di ricordi, successi, applausi, cadute e ricostruzioni, di un presente amaro, fatto solo di macerie e di un futuro che si vuole costruire nonostante tutto e tutti.

Il grazie va agli orchestrali, diretti dal maestro Rosario Presutti, alle maestranze, ai tecnici, alle sarte, agli scenografi, ai costumisti, a tutte quelle figure che ieri hanno reso possibile un piccolo miracolo: la sala piena, anzi, pienissima, senza pellicce, gioielli, senza passerelle, una sala partecipe, unita solo dalla voglia di rivedere quelle luci che si accendono sul palco non per un saggio di danza,un convegno, il salone della sposa, un meeting politico, ma per ridare vita alla magia del Teatro, che è musica, prosa, danza, parole, suoni,emozioni. Quindi l’unica cosa da dire è grazie.

Grazie agli orchestrali e alle maestranze per aver regalato alla città un piccolo sogno, senza chiedere in cambio né biglietto, né abbonamento, né impegni. Ci è stato fatto vedere un “assaggio” di quel che potrebbe essere, di quel che sarebbe potuto essere, se una pessima politica e un’ancor peggiore burocrazia non avessero deciso di strozzare un Teatro. Un grazie anche a Giovanni Renzo, che ci ha regalato la sua musica facendo vibrare ogni nota dell’anima, al coro Cilea, che tra il Nabucco e Va pensiero ci ha fatto volare oltre il Colapesce, un grazie agli attori del Pinelli, che ci hanno portato indietro nel tempo ricordandoci come e perché il Vittorio è oggi quello che è. Un grazie a Ninni Bruschetta, che ha “prestato” la sua voce e la sua arte per la favola musicale Pierino e il lupo, quella scelta dal presidente Puglisi per inaugurare una stagione che non c’è mai stata, cancellata dalle promesse fatte in fretta. Un grazie al pubblico, che ha risposto all’appello tornando a far vivere la sala di emozioni, applausi e sorrisi.

Posso aver scordato qualcuno, ma la mia non vuole essere una recensione dello spettacolo, ma solo un ringraziamento perché nel deserto c’è chi pensa a fare la danza della pioggia. Il programma è stato vario, hanno iniziato gli orchestrali a farci capire perché in questi anni non hanno mai smesso di lottare per la stabilizzazione che dovrebbe essere un punto fermo di un Teatro che vuol ritenersi tale e fare produzione. E poi magari fare “rete” e circuitazione, ma giocando con armi pari con le altre realtà e non facendo da mero contenitore. Poi gli artisti del Pinelli occupato, Giulia Giordano, Eleonora Bovo, Massimo Cammarata, che ci hanno riportato indietro nei secoli con una macchina del tempo che ora si fermava a Wagner ed ora correva fino al Teatro dei 4 mila, poi tornava al dopo sisma del 1908, quando l’allora teatro Santa Elisabetta, venne occupato dalle prostitute, per arrivare fino al Salone della sposa targato 2013, tornare indietro all’Aida del 28 dicembre 1908 e poi alle diverse inaugurazioni in occasione delle ricostruzioni. “Sarebbe un suicidio di massa se voi lo abbandonaste. Oggi è il tempo della verità”, tuona Giulia Giordano. Alle spalle degli orchestrali, con un gioco di immagini appare poi il video del concerto fatto al Teatro in Fiera occupato nel dicembre 2012, quando un gruppo di giovani e non più giovani, hanno fatto quel che nessuno, in 18 anni, aveva mai né pensato né osato fare: riappropriarsi dei luoghi della cultura devastati dal tempo e dell’ignavia. Gli orchestrali sul palco e gli orchestrali sul video alle loro spalle rappresentano il perfetto incrocio di un Teatro fermo nel tempo, intrappolato tra un grande passato, un infimo presente ed un futuro invisibile. Purtroppo non sta solo a noi rendere il futuro visibile, perché non siamo stati noi a volerlo, noi pubblico, noi città. Nessuno si può tirare indietro di fronte alla terribile responsabilità di uno spettacolo che ieri è andato in scena solo ed esclusivamente perché voluto dai protagonisti. Nessuno è incolpevole, in questi ultimi anni, dello scempio che è stato fatto del Teatro senza bisogno di scosse di terremoto o bombe. Nessuno è senza colpe. Il fantasma dell’opera, in questa farsa andata in scena al Vittorio è la politica. Un fantasma che ha causato gli stessi danni della guerra e del terremoto. Un fantasma che ieri un gruppo di sognatori insieme ad un pubblico di uguali sognatori ha voluto scacciare con un concerto per “sole anime e cuori”.

Quindi no, non farò la recensione dello spettacolo. Gli unici da fischiare ieri non c’erano. Erano dietro le invisibili quinte della cronaca e della storia.

Rosaria Brancato

2 commenti

  1. Grazie, grazie, grazie per la bella serata! Ho ringraziato anch’io gli orchestrali che incontravo alla fine dello spettacolo, uscendo dalla porta laterale del teatro ieri sera ed ho augurato loro miglior fortuna probabilmente lontano dalla loro Città, che non ha saputo o voluto accoglierli. Mi sono sentita ferita anch’io e non ho potuto fare a meno di pensare a quale potesse essere il loro stato d’animo ieri sera! Sono indignata perché penso che la cultura- cibo dell’anima- dovrebbe essere fornita, quasi gratuitamente come tutti gli altri servizi. Quel che mi conforta è la fiducia nelle potenzialità dei ns giovani , capaci di grandi risorse, e che troveranno il modo per emozionarci ancora.

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  2. Dividi et Impera 30 Marzo 2014 16:56

    Cara signora flavia sono felice che quanto fatto le sia piaciuto ma, da-omai-non-più-tanto-giovane, le chiedo di augurarci fortuna a messina e non altrove. Le chiedo di abbandonare la rassegnazione e, come suggerito dalla poesia di brecht, di trovare lei nel suo quotidiano il modo per cui il giusto non debba essere sempre vinto.

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