ll caldo di questi giorni è frutto di più complessi processi fisici dinamici. Ecco come è cambiato lo scenario meteo
Un tempo c’era il famoso anticiclone delle Azzorre che regolava gli eccessi termici dell’estate mediterranea. Oggi, a causa dei cambi di pattern atmosferico, indotti in direttamente dal cambiamento climatico, l’anticiclone delle Azzorre tende a migrare sempre più spesso verso ovest, in direzione delle Bermuda, lasciando scoperto il Mediterraneo.
Il “vuoto” lasciato viene a sua volta colmato dal suo collega, il più caldo e opprimente anticiclone africano, che sempre più spesso torna a visitare il Mediterraneo e l’Italia, per lunghissimi periodi, se non mesi interi.
A proposito di caldo e della sua origine
Nei prossimi giorni saremo interessati da una intensa ondata di calore. A differenza di quanto si pensi il caldo non è il solo prodotto dell’intensa radiazione solare di luglio o dell’afflusso di masse d’aria molto calde, subtropicali continentali, provenienti dai deserti del Maghreb. Anzi, in questi giorni sull’Italia i venti al suolo sono disposti dai quadranti settentrionali.

Il caldo di questi giorni è frutto di più complessi processi fisici dinamici che contribuiscono a scaldare l’aria lungo l’area interessata dalla circolazione anticiclonica. Difatti il caldo che ci sta interessando in questi giorni è originato da una massa d’aria molto calda in quota che dal Marocco e dal Mediterraneo occidentale si sposta verso i mari italiani.
Ecco perchè la massa d’aria all’interno di un persistente regime di alta pressione tende a scaldarsi
Man mano che l’aria si sposta verso nord all’interno del promontorio tende a scendere di quota, dai 4000/3500 metri iniziali fino ai 1500/1000 metri, a causa della struttura dell’anticiclone stesso. Durante questa discesa, l’aria viene compressa adiabaticamente, ossia senza scambio di calore con l’ambiente circostante.
Questo processo di compressione causa un intenso riscaldamento dell’aria, ben evidente negli strati più bassi. In pratica, all’altezza dell’Italia, la massa d’aria calda dai 5000-4000 metri iniziali arriva fino a 1500/1000 metri, comprimendosi verso il basso e scaldandosi, attraverso le famose “subsidenze atmosferiche”.
Ossia lenti moti discendenti che non fanno altro che comprimere l’aria verso il basso, scaldandola ulteriormente. Spesso i massimi di questi promontori anticiclonici dinamici si hanno in corrispondenza delle aree dove si hanno nel punto dove le “subsidenze atmosferiche” sono più intense ed estese.
Perché al suolo la pressione rimane bassa malgrado siamo sotto l’anticiclone?
Ai piani inferiori, vicino al suolo, i valori di pressione rimangono medio/bassi, a causa dell’intenso riscaldamento diurno per irraggiamento (calore irradiato dalle superfici verso l’atmosfera). Ciò favorisce pure la formazione, nello strato d’aria prossimo la pianura o il fondovalle, di moti ascensionali (invisibili) che però sono limitati a poche centinaia di metri.

Questo perché queste correnti ascendenti (conosciute dagli amanti del parapendio) vengono “tappate”, ad una certa altezza dal suolo, dalle correnti discendenti indotte dallo stesso anticiclone, tramite le sopra citate subsidenze, che inibiscono sul nascere questi moti ascendenti.
Lo schema che rappresenta i moti discendenti all’interno dell’anticiclone africano
Ciò spiega perché il cielo rimane quasi sempre sereno o poco nuvoloso e questi moti ascensionali, noti anche come “termiche”, vengono bloccati sul nascere, senza raggiungere particolari altezze. Difatti le termiche riescono a produrre nuvolosità (cumuli o cumulonembi) solo nei punti (spesso in prossimità di un monte) solo lì dove il moto ascensionale è talmente intenso (forzato da un pendio o da una confluenza di brezze sul crinale di una montagna) da bucare questo “tappo” prodotto dall’anticiclone.
Allora solo in quel caso la corrente ascensionale può crescere in altezza, raggiungendo il livello dove può condensare il vapore acqueo contenuto, creando la nuvola. Generalmente ciò succede solo quando l’anticiclone inizia ad invecchiare, con il venir meno dei suoi moti discendenti, e l’aumento dell’instabilità, soprattutto in quota. Tali fattori possono favorire lo sviluppo anche di intensi temporali.
