Fragale in corsa per -la città bella-: «Ecco come cambiare la macchina amministrativa».

Fragale in corsa per -la città bella-: «Ecco come cambiare la macchina amministrativa».

Redazione

Fragale in corsa per -la città bella-: «Ecco come cambiare la macchina amministrativa».

martedì 03 Giugno 2008 - 14:45

L'ex city manager ha costruito una lista, Abc, con volti nuovi per il consiglio comunale: «Ci sono dipendenti del Comune che da 29 anni non hanno progressioni verticali»

«La città ha bisogno di un governo democraticamente eletto e di una comunità che crede nella politica». La nostra chiacchierata con Emilio Fragale, city manager del Comune di Messina nei ventuno mesi di amministrazione Genovese e oggi candidato con la lista ABC da lui -costruita-, parte da qui, e dalla considerazione che la città giunge alle urne non proprio in buone condizioni: «Parlando con la gente – afferma Fragale – si registra disincanto e disillusione, ma al tempo stesso volontà di riscatto, risveglio, rinascita. Comprendo che questo non può avvenire con commissari ma con amministratori onesti e illuminati, capaci di riflessioni profonde e azioni concrete portate avanti con coerenza».

Lei scende in campo con una lista, ABC, e con un simbolo, il Pilone. Ce li spiega?

«L’acronimo ABC ha diversi significati, sviluppati in un documento programmatico. Il richiamo al Pilone e allo Stretto è fortemente simbolico. Dalla vetta del Pilone si ha la vista di una città bellissima. Sono convinto che dalla zona di Ganzirri, Faro, Mortelle, Tono possa pianificarsi la ricettività di Messina. Quando si parla di turismo, penso all’avvio di un percorso che passa da queste zone. Non credo a un turismo fatto di posti letto senza appeal, penso piuttosto che Messina ha un appeal che può essere irresistibile, per cultura, patrimonio storico-artistico, ospitalità. Il Pilone proiettato sul mare è il simbolo di una città che non ha limiti circoscrizionali, dell’area metropolitana, della Regione dello Stretto, di una politica di competizione elettorale che deve abbracciare la provincia di Reggio Calabria. Tornando ad ABC, uno dei primi significati è Amare una Bella Città. Se vince la città bella, vince Messina, una città bella in senso oggettivo, per i doni che ci ha fatto la natura, ma anche in senso soggettivo, per le risorse umane preziose che abbiamo. Il ragionamento vale in senso “orizzontale-, dalla zona nord di cui abbiamo parlato alla zona sud da riqualificare, da rendere a misura d’uomo. E’ necessaria la configurazione di nuove centralità urbane, che non può essere disgiunta dal risanamento, che non è solo l’eliminazione delle baracche, ma anche inclusione sociale, riorganizzazione territoriale. Infine il centro cittadino, che deve essere degno della tredicesima città d’Italia, va rimodulato».

La sua è stata la prima lista presentata già in autunno, e da quel giorno è partita una serie di incontri tematici. Cosa è emerso?

«Intanto non nascondo che la necessità di costruire una lista nasce anche dal pragmatismo dettato da una legge elettorale che secondo me andrebbe modificata. Ma essendo in vigore, bisogna fare di necessità virtù, e io ho tentato proprio questo, attraverso un percorso di selezione di persone ricche di passione, entusiasmo, esperienza, con pari opportunità di ingresso. Ho accompagnato la nascita e la crescita della lista nei vari momenti di incontro e di riflessione che l’hanno contraddistinta, con relatori diversi e altamente qualificati, che hanno offerto spunti interessanti per il programma del candidato sindaco. Questa lista non è una sommatoria di persone, ma un metodo. Sono tutti soggetti che si cimentano per la prima volta nel rinnovo del consiglio comunale, mi sembrava corretto che non ci fossero delle chances per persone che hanno già avuto esperienza. Non perché abbia qualcosa contro di loro, ma se vi è un appello a un impegno non deve essere strumentale al posizionamento di qualcuno. L’appello è un vero impegno politico, ad una passione autentica».

Quello che notiamo in questa campagna elettorale è che si parla troppo poco di contenuti, contribuendo a quell’allontamento della gente dalla politica che spesso sfocia nell’antipolitica vera e propria.

«Credo nella politica, nei progetti, nei programmi e nel giudizio in base alle proposizioni. Questa è la politica, che talvolta viene tradita, e se viene tradita la politica viene tradita la polis, la comunità. Il che offre spazio all’antipolitica, che si manifesta con due tipologie di persone: chi ambisce a essere rappresentante senza essere rappresentativo di nulla; chi invece coltiva interessi egoistici. Quando ti candidi, a qualsiasi carica, sei portatore di un’istanza mai personale. Ci devi credere, altrimenti generi un effetto pericoloso di distanza dalla politica».

Lei è stato direttore generale del Comune per due anni. Cosa c’è che non va nella macchina amministrativa?

«Ci sono alcune cose che si devono fare e si possono fare. Dipartimenti e staff non riescono a dialogare tra loro, dirigenti, funzionari e impiegati vanno motivati dentro un ragionamento condiviso dalla classe politica. Ricominciare sempre da capo fa male, c’è la necessità di un piano strategico che per tre quattro mandati vincolino le amministrazioni, garantendo per carità il rinnovo. Non possiamo pensare che quello su cui riflette la politica sia scisso dal lavoro dei dirigenti. E’ un collegamento continuo, il programma sfocia nel progetto politico, da questo si passa al piano triennale delle opere pubbliche che deve fare i conti col bilancio, il bilancio ha a che fare con gli obiettivi che si pone il direttore generale e con l’attività formativa. La vera scommessa, insomma, è nei processi di semplificazione. Ci vogliono obiettivi chiari, la misurazione del rendimento, meccanismi premiali. Occorre fare degli sforzi, i dipendenti hanno esigenze non solo normative, e mi riferisco alla prospettiva di crescita. Ci sono dipendenti del Comune che da 29 anni non hanno progressioni verticali. Gli ambienti di lavoro vanno migliorati, con dotazioni logistiche e di strumenti. Ci sono poi dei settori chiave, quelli dove il contatto tra pubblica amministrazione e cittadino è più diretto, ecco lì vanno destinati i migliori. Ci sono infine alcuni dipartimenti che vanno potenziati, penso alle attività produttive, alla solidarietà sociale, all’ufficio Europa per captare finanziamenti comunitari».

Due parole sul commissariamento Sinatra.

«Ha esordito male e sta finendo malissimo. La nomina di questo commissario denota la disattenzione del governo regionale nei confronti di Messina».

Il Pd è una -creatura- ancora ai primi passi, non sempre facili, tutt’altro. Che idea si è fatto del processo di nascita e di crescita del Pd a Messina, in Sicilia e nel Paese?

«Occorre un grande sforzo. Il Pd non può essere la sommatoria di due esperienze politiche ma deve trovare una formula di sintesi. Uno sforzo che non va inventato, capiamoci, ma che nasce dalla vera politica. La politica che deve selezionare la classe dirigente. Un partito non si identificherà mai con un’amministrazione, io sono per un partito che continui l’attività di impegno, di selezione, di confronto e sappia orientare, criticare e tavolta proteggere i propri rappresentanti quando governano. Il Pd deve essere un vero partito nuovo, che sappia abbracciare anche chi non ha mai avuto esperienze in passato. Genovese e Rinaldi sono i primi soggetti che apriranno, dopo le elezioni, un confronto per costruire un partito veramente autorevole».

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