La “guerra dei rifiuti-: quante anomalie tra Ato3 e Messinambiente

La “guerra dei rifiuti-: quante anomalie tra Ato3 e Messinambiente

Redazione

La “guerra dei rifiuti-: quante anomalie tra Ato3 e Messinambiente

sabato 29 Novembre 2008 - 10:56

Dettagliata e “illuminante- relazione dello staff Rapporti con le partecipate di Palazzo Zanca. Dalmazio: «Abbiamo 70 dipendenti in più del previsto, perché l'Ato affida servizi aggiuntivi alle cooperative?»

Barresi contro Spicuzza. Dalmazio contro Barresi. Tutti contro tutti. Questa è quella che potremmo definire “la guerra dei rifiuti-, che ruota attorno a due società, Ato3 e Messinambiente, e all’attenzione che hanno posto su di esse i consiglieri comunali della XI commissione di Palazzo Zanca, presieduta da Nello Pergolizzi. Quest’ultimo, insieme al collega del Pdl Giuseppe Melazzo, ha chiesto e ottenuto una relazione sulle società partecipate, predisposta dallo staff di Palazzo Zanca e consegnata ai due consiglieri due giorni fa dalla segreteria generale.

Una relazione nella quale i rapporti tra Ato3 e Messinambiente appaiono in tutta la loro contraddizione, con accuse reciproche incrociate a rapporti politici che hanno reso particolarmente burrascoso il periodo del commissariamento Sinatra, durante il quale i vertici della società d’ambito si sono più volte avvicendati.

I primi aspetti più “torbidi- emergono quando il presidente Franco Barresi (nella foto) passa all’attacco di Enrico Spicuzza, il suo sostituto durante l’era Sinatra (il Tar prima e il sindaco Buzzanca poi avrebbero rimesso in sella Barresi). Sotto accusa alcuni atti esitati a sentenza del Tar già notificata e «un provvedimento sicuramente illegittimo perché riguardava una promozione con un passaggio dal terzo al quarto livello, misura non prevista in pianta organica». A proposito di Spicuzza, risalta un passaggio della relazione presentata del revisore contabile dell’Ato3 Giovanni Arruzzoli: «Dal registro degli acquisti risulta annotata la fattura di euro 5.990,68 relativa al dott. Enrico Spicuzza, regolarmente pagata per l’indennità di carica quale presidente del consiglio di amministrazione. A tal proposito si evidenzia che nell’assemblea dei soci del 5 maggio non è stato deliberato alcun compenso per gli amministratori».

Ma è quanto risulta dal verbale del Cda del 26 agosto, quando cioè Barresi aveva già ripreso il suo posto, che allarma: «Si rileva che si è proceduto ad affidamenti in capo a cooperative sociali di servizio non previste nel piano finanziario, né richieste attraverso atti formali del Comune di Messina e, quindi, sprovvisti della relativa copertura». Su questo punto la posizione del Comune è chiara: «Fino a quanto non vengono approvate perizie modificative e finanziate le nuove spese non è possibile rilasciare autorizzazioni alla esecuzione di lavori non previsti nei piani».

Capitolo rapporti tra Ato3 e Messinambiente. Il presidente del Collegio sindacale della società d’ambito Giuseppe Cambria ricorda che il presidente di Messinambiente «ha fatto istanza di fallimento all’Ato3» per 18 milioni di euro (dalla quale ha poi desistito). Ma Giuseppe non è l’unico Cambria che appare nella relazione. C’è anche Giovanni Cambria, fratello del presidente del Collegio sindacale, che insieme a Giuseppe Amendolia viene incaricato dall’Ato3 per difendere la società proprio nel provvedimento fallimentare promosso da Messinambiente. «E’ gravissimo – affermerà poi il consigliere comunale Pippo Capurro – riscontrare nella documentazione che il presidente del collegio dà incarico a suo fratello». Per la cronaca, gli incarichi ad Amendolia e Cambria presentano un “conto- da 21.537,19 euro l’uno, più ulteriori altri 2.983,36 euro. Circa 50mila euro. Arruzzoli, revisore contabile, dirà: «A tal fine si evidenzia che il procedimento non ha avuto corso in quanto nella prima udienza si è preso atto che la società Messinambiente aveva desistito alla procedura di fallimento». Amendolia e Cambria, tra l’altro, hanno difeso anche Barresi nel procedimento contro il Collegio sindacale della società: altre due fattura da 3.566,05 euro l’una.

Torniamo a Messinambiente. Il presidente Antonio Dalmazio è chiaro: ci sono 70 dipendenti in più del necessario. Proprio per questo «l’Ato ogni anno presenta un piano che Messinambiente regolarmente contesta. Il primo piano prevedeva 70 dipendenti in meno, per cui il numero dei dipendenti di Messinambiente non viene assolutamente pagato dall’Ato». Un problema dal quale nasce un paradosso, sottolineato dallo stesso Dalmazio: «Messinambiente ha 70 dipendenti in più che devono lavorare, a questo punto non comprendo perché i servizi aggiuntivi vengano affidati alle cooperative». Un punto sul quale, secondo Barresi, si può convenire, «ma dal 2009, perché per l’anno corrente i servizi sono già stati affidati e comunque qualsiasi decisione dovrà prendersi a condizione che Messinambiente sia in grado di svolgere in maniera dignitosa i servizi».

Quest’ultimo botta e risposta tra Dalmazio e Barresi è datato 22 settembre, e ha luogo proprio in sede di commissione consiliare. Ed è lì che il presidente della stessa Pergolizzi afferma che «Barresi ha creato un danno economico al Comune», che il consigliere dell’Udc Messina fa notare che «il costo per i 70 dipendenti ammonta a 210 mila euro al mese» e che Melazzo torna a sottolineare le due parcelle, per complessivi 50mila euro, liquidate dall’Ato. Barresi taglia corto: «E’ inutile nascondere che vi sono state delle anomalie, ma lo statuto prevede che quanto queste si verificano il Cda può porre il problema in assemblea ed è poi il socio che decide. E’ anche vero che dopo tre mesi di gestione il collegio sindacale non ha ancora scritto nulla, non ha fatto alcuna osservazione, sebbene abbia il compito di verificare la legittimità degli atti». Atti che, è bene dirlo, sono tutti finiti all’attenzione della Procura.

(foto Dino Sturiale)

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