E Messina finì sotto... l'Espresso

E Messina finì sotto… l’Espresso

Redazione

E Messina finì sotto… l’Espresso

sabato 29 Settembre 2007 - 10:40

Fa discutere l'inchiesta del settimanale: una panoramica a tutto tondo, dalle famiglie illustri ai... pasticcini di Genovese

«Padroni e predoni». Firmato l’Espresso. La metafora è presto fatta: Messina finisce sotto un treno in corsa, sotto forma di quattro lunghe pagine di un’inchiesta giornalistica che è andata a ruba nelle edicole cittadine. La penna feroce e sferzante è quella di Riccardo Bocca, il quale fa una disamina sui “mali- di Messina, sui comitati d’affari, sulle inchieste giudiziare che hanno coinvolto e tuttora coinvolgono istituzioni come l’Università e il Comune, sulle piaghe del lavoro e del risanamento e sulle famiglie dei soliti noti ben radicate nel territorio e nelle “stanze dei bottoni-.

Il taglio è quello tipico de l’Espresso, fiumi di nomi e di dati, ma anche punte di malizia, come il pungente e sottile finale dell’articolo, che sottolinea il «gesto di cortesia» del sindaco Genovese, che ha fatto recapitare nell’albergo che ospitava Bocca «una scatola di dolci lunga mezzo metro e larga poco meno». Così come “cattivella- è la sottolineatura sul fatto che quella scatola fosse “griffata- Irrera e che il padre di uno dei titolari sia implicato nell’inchiesta Gioco d’azzardo. Giochetti giornalistici che ci stanno, a contorno di una lunga requisitoria che fa riflettere e che accende i riflettori su tanti fatti noti e meno noti, e sulle dynasty locali dei messinesi che contano: dai Gullotti-Genovese ai D’Alia, dai D’Alcontres ai Martino, dai Germanà ai Ragno, Bocca li cita tutti, elencando gradi di parentela e incarichi politici (o, in alcuni casi, universitari).

Non poteva mancare il riferimento ai conflitti d’interesse di Genovese, dalla sua attività imprenditoriale in società con i Franza alla società C&M gestita, tra gli altri, dalla moglie Chiara Schirò e dall’ex sindaco Mario Bonsignore, fatto denunciato nelle scorse settimane dal settimanale Centonove e dal consigliere comunale Udc Carmelo Santalco. Si parla dell’Università, della sospensione di Tomasello, dei test di Medicina e del mai chiarito omicidio Bottari. Bocca scrive delle inchieste che hanno coinvolto Palazzi e palazzinari, da Gioco d’azzardo a Oro grigio, passando per un Piano regolatore del porto messo in discussione. Ci sono poi le piaghe della disoccupazione, con i dati allarmanti forniti dalla Cisl, e del risanamento, con casi assurdi in concomitanza di un evento, il centenario del terremoto del 1908, tutto da scoprire, fino alle opere incompiute di Tremestieri e degli svincoli e agli sprechi degli enti locali.

«E’ la fotografia reale, purtroppo, della città – commenta Maurizio Bernava, segretario provinciale della Cisl, interpellato dallo stesso Bocca all’interno dell’articolo – che non scopriamo attraverso l’Espresso, che piuttosto è l’Espresso a scoprire oggi. Non dobbiamo avere il prosciutto sugli occhi. Da messinese mi dispiace sinceramente che la città appaia così sulle pagine di un settimanale nazionale come l’Espresso, ma chi attraversa anche casualmente Messina non può non notare come stia sprofondando, come regni il caos urbano e dell’edilizia. Anche la storia delle famiglie – aggiunge – è una realtà da tempo operante, la realtà di una cappa politica che c’è da più di cinquant’anni. Le celebrazioni stesse del centenario del terremoto, che sette anni fa furono proposte da me e dall’arcivescovo Marra, sono stati svilite, un’occasione persa, così come un’occasione persa è rappresentata, finora, dall’amministrazione Genovese. Bisogna avere il coraggio di fare autocritica. Non deve arrivare l’Espresso a farci notare lo scempio che c’è nel settore trasporti. E’ possibile che si continui a far scaricare tir al Molo Norimberga?». Siamo senza speranze, dunque? «Il declino è evidente, ma purtroppo dall’inchiesta non vengono fuori quelle potenzialità enormi che la città ha, naturali e soggettive, e che purtroppo sono soffocate e non riescono ad emergere. Il messaggio è che serve un rinnovamento etico – conclude Bernava – e questo, onestamente, doveva arrivare l’Espresso a farcelo capire?».

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