Porticciolo di Grotte, il Comune ci riprova. Ma non ha più quote nella società che dovrebbe realizzarlo

Porticciolo di Grotte, il Comune ci riprova. Ma non ha più quote nella società che dovrebbe realizzarlo

Porticciolo di Grotte, il Comune ci riprova. Ma non ha più quote nella società che dovrebbe realizzarlo

mercoledì 13 Aprile 2011 - 23:07

Buzzanca annuncia che la settimana prossima potrebbero arrivare i finanziamenti alla Nettuno Spa. Dalla quale, però, su sua stessa proposta, il consiglio comunale ha deliberato nel dicembre scorso di uscire

Il Comune di Messina sembra vivere di paradossi. Uno di questi riguarda la Nettuno Spa, una delle tante società partecipate di Palazzo Zanca, rimasta per anni praticamente inoperosa, un “carrozzone” qualcuno l’ha definita. Dove sta il paradosso? Nel fatto che nel momento in cui questa società potrà realmente diventare “utile”, non sarà nelle condizioni di esserlo. Perché il Comune, lo stesso Comune che oggi, a parole, sembra puntare forte su di essa, ha deciso di metterla in liquidazione e soprattutto di uscire dalla società stessa. Piccolo passo indietro: il sindaco Buzzanca ha annunciato “a mezzo stampa” che la settimana prossima si discuterà, a Palermo, del finanziamento da destinare proprio alla Nettuno per la realizzazione del famoso porticciolo di Grotte (ragion d’essere della stessa società) da oltre 600 posti barca. Si tratta di utilizzare fondi europei, i cosiddetti fondi “Jessica”. Peccato che il 10 dicembre scorso il consiglio comunale, su proposta proprio dell’Amministrazione (e del sindaco nella fattispecie, che ha delega alle partecipate), ha deliberato di non mantenere le partecipazioni azionarie nella società Nettuno srl. Palazzo Zanca deteneva il 40,51 per cento della società, nata come mista e poi divenuta interamente pubblica. Era stata creata proprio per creare un porticciolo, nello specifico a Fiumara Guardia, insieme alla Marina dello Stretto. Ma secondo quanto hanno riferito gli uffici nella loro relazione «l’attività gestionale non presenta i requisiti richiesti né sotto il profilo della efficacia né sotto il profilo della efficienza ed economicità, in quanto la società necessita annualmente interventi di ricapitalizzazione da parte dei soci». Da qui la decisione di abbandonare la Nettuno. Come si concilia tutto questo con le dichiarazioni del sindaco? E come dimenticare, ad esempio, le parole di Bruno Cilento, dell’Udc, che in quell’occasione si era opposto alla dismissione delle quote societarie, proprio perché alle porte ci sarebbe stato il finanziamento di cui oggi si parla?

In realtà in quell’occasione, ricorda oggi il coordinatore dei consiglieri comunali del Pd, Felice Calabrò (nella foto), «più di un consigliere comunale ha evidenziato qualche perplessità in merito alla proposta di delibera avanzata dall’esecutivo, proprio in relazione alla possibilità di accedere, o quanto meno di tentare di accedere, mediante la detta struttura societaria ai citati finanziamenti europei, ma i componenti della giunta interrogati hanno rassicurato i consiglieri zelanti sulla bontà dell’operazione, persuadendo di fatto la maggioranza ad esitare la detta delibera. E’ lecito, allora, chiedersi sulla base di quali elementi il sig. sindaco, attesa l’evidenza dei fatti, possa rilasciare dichiarazioni che disconoscono, o più precisamente, che contraddicono in maniera inequivoca la realtà? Come lo stesso amministratore possa sostenere l’utilizzo, per il recupero dei fondi europei, di uno strumento che per sua stessa volontà è stato dismesso? E’ davvero così lungimirante il primo cittadino? Tutta questa storia – conclude Calabrò – indipendentemente dagli aspetti tecnico-giuridici che, comunque, saranno approfonditi nel merito nelle opportune sedi, dimostra la superficialità e l’assenza di pianificazione di questa stupenda amministrazione».

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