Quartetto Biedermeier - Una full immersion nella musica da camera per flauto di Mozart

Quartetto Biedermeier – Una full immersion nella musica da camera per flauto di Mozart

giovanni francio

Quartetto Biedermeier – Una full immersion nella musica da camera per flauto di Mozart

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martedì 25 Aprile 2023 - 09:00

La recensione. Il penultimo concerto della stagione della Filarmonica Laudamo di Messina

MESSINA – Il penultimo concerto della stagione della Filarmonica Laudamo, domenica scorsa al Palacultura, ha visto ospiti i giovani musicisti del Quartetto Biedermeier, e precisamente Domenico Testaì (flauto), Dario Militano (violino), Clelia Lavenia (viola) e Giulio Nicolosi (violoncello).

Protagonista assoluto del concerto Wolfgang Amadeus Mozart, con le sue composizioni per quartetto con flauto.

Il programma è stato di rilevante interesse, in quanto gli artisti hanno eseguito praticamente l’opera omnia di Mozart per quartetto con flauto, ad eccezione del Quartetto K 285 a).

Il complesso infatti ha eseguito il Quartetto in re maggiore K 285; il Quartetto in do maggiore K 285b; il Quartetto in la maggiore K 298 e il Quartetto in fa maggiore K 370, quest’ultimo composto in realtà per oboe.

È noto che Mozart non amava affatto il flauto (pare che lui stesso ammise di sentirsi “anchilosato” quando era costretto a scrivere per tale strumento), e le uniche composizioni per flauto nel catalogo mozartiano le scrisse su commissione, soprattutto da parte del ricco flautista dilettante olandese De Jean, e non sono certo annoverabili fra i suoi capolavori. Costituisce però eccezione il Quartetto n. 1 in re maggiore K 285 per flauto, violino, viola, violoncello, pagina che presenta un primo movimento con uno sviluppo elaborato e complesso, che trascende lo stile galante nell’ambito del quale è comunque collocata la composizione. Particolarmente bello l’”Adagio”, una dolce melodia del flauto accompagnata dal pizzicato degli archi, a proposito del quale così scrisse il musicologo Einstein: “L’adagio dolcemente malinconico, forse il più bel solo accompagnato che sia mai stato scritto per flauto”. Ottima l’intesa dimostrata dai componenti del Quartetto, esecuzione limpida e corretta, buona resa dell’unisono, eccellente e sicura la performance del flautista.

Il Quartetto in do maggiore K 285b, anch’esso composto su commissione del flautista olandese De Jean, è incompiuto, dal momento che Mozart compose solo due movimenti. Senz’altro meno interessante del primo, presenta tuttavia un secondo movimento, “Tema con variazioni”, di eccezionale importanza, in quanto lo stesso tema con variazioni verrà utilizzato da Mozart, con ben altri esiti, in uno dei suoi più felici capolavori cameristici, la Serenata K 361 per dodici strumenti a fiato e contrabbasso (la celeberrima “Gran partita”). Questo movimento ha dato l’opportunità di esprimersi in maniera più individuale, oltre al flautista, anche agli altri artisti.

La seconda parte del concerto si è aperta con il Quartetto con oboe in fa maggiore K370.

Costituisce il pezzo più importante mai composto nella letteratura musicale per questo tipo di raggruppamento. Un vero gioiello di musica da camera, e pertanto non stupisce che i flautisti se ne siano appropriati, anche se l’originale con oboe risulta più affascinante all’ascolto.

Composto a Monaco nel 1781, come dono all’orchestra della città in segno di riconoscenza per la splendida esecuzione dell’”Idomeneo”, il quartetto fu dedicato al celebre oboista Friedrich Ramm, grande virtuoso dello strumento, definito da Mozart “gran musicista…gran valentuomo e gran libertino”. Mozart riuscì a contemperare magistralmente l’esigenza di far dialogare i quattro strumenti alla stregua di un quartetto d’archi, che all’epoca vedeva in Haydn il grande indiscusso maestro, in cui il discorso musicale viene distribuito e alternato fra i vari strumenti senza che uno prenda il sopravvento sugli altri, e nel contempo di esaltare la figura dell’oboe (che sostituisce il primo violino di un classico quartetto d’archi), al quale è riservata comunque una parte concertante da protagonista. Suddiviso in tre movimenti, supera di gran lunga tutti i componimenti musicali da camera per archi e strumento a fiato solista dell’epoca, e verrà superato a sua volta solo dal meraviglioso Quintetto con clarinetto k 581 dello stesso autore. Anche qui spicca il secondo movimento, un adagio, scritto nella tonalità di re minore, che costituisce un vero lamento desolato, indubbiamente la gemma più preziosa del quartetto.

Il Quartetto Biedermeier si è dimostrato davvero all’altezza di questo capolavoro, l’esecuzione è stata sempre equilibrata, precisa ed espressiva.

Ci si sarebbe aspettati che tale brano fosse eseguito per ultimo, come “dulcis in fundo”, mentre il complesso ha eseguito come ultimo brano il Quartetto in la maggiore K 298, senz’altro il più debole di tutto il concerto.

Il Quartetto, infatti, scritto nel tipico stile galante allora in voga, risulta convenzionale nei temi e nello sviluppo, senza alcun elemento di originalità o di intensità. Come più critici hanno messo in rilievo, tuttavia, tale mancanza di ispirazione sembra essere voluta, in quanto con questo brano Mozart pare abbia voluto comporre una parodia, per mettere alla berlina un certo modo (brutto) di comporre musica. Le intenzioni poco serie con le quali il genio salisburghese si approcciò a questo brano sono testimoniate dalle indicazioni che diede al terzo movimento: “Rondeau, allegretto grazioso, ma non troppo presto, però non troppo adagio, così così, con molto garbo ed espressione”.

Molto applaudita la performance dell’ensemble, che ha concesso un breve ma graditissimo bis, un adattamento della famosissima aria di Papageno “Der vogelfanger bin ich ja” dal Flauto magico.

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