Quel telo verde con su scritto "Luca Vinci" e la quotidianità violata nella Saponara ferita

Quel telo verde con su scritto “Luca Vinci” e la quotidianità violata nella Saponara ferita

Quel telo verde con su scritto “Luca Vinci” e la quotidianità violata nella Saponara ferita

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giovedì 24 Novembre 2011 - 00:01

Sul luogo del disastro: odori, suoni e immagini della tragedia di via Roma. Dove si fa l'abitudine al fango e al dolore

Il sacco è verde. Verde scuro. Forse non è un sacco, forse un telo. Ma fa poca differenza. A fare la differenza è il bigliettino bianco attaccato sul telo, che ne svela il contenuto. Luca Vinci, c’è scritto. Dentro quel telo c’è un bambino di dieci anni. Trasportato, in mezzo a pietre e fango, da stanchi vigili del fuoco. Scortato dai militari dell’Arma, dei Ris. Quelli veri, non quelli della tv. Guardato a vista dagli uomini dell’esercito. Un bambino di dieci anni. Un altro angelo volato in cielo perché dal cielo è arrivata la punizione che lui, il piccolo Luca, certo non meritava. Il telo è verde ed è chiuso come meglio non poteva. Perché l’ultima immagine di Luca non può essere quella di un corpicino dilaniato dalla violenza vendicativa della natura. L’ultima immagine deve essere quella di un bambino, come ci ha detto il parroco Nicolò, «pieno di gioia di stare in mezzo agli altri». Per chi scrive Luca Vinci, fino a martedì sera, era un nome. Digitato su una fredda tastiera di un freddo computer per dare l’annuncio che nessuno vorrebbe mai dare: Luca è morto, è la prima vittima della nuova alluvione di Messina. Poi ieri, quasi per caso, Luca è diventato un corpicino contenuto in un telo verde scuro passato davanti ai miei occhi. Troppo il dolore, forte la rabbia. E’ indecente che nel 2011 una piccola vita se ne debba andare così. Ma è successo. Lì vicino c’è la cugina di Luca. Che piange, piange e non si dà pace. «Nuncenti», sussurra, lanciandogli uno sguardo sconsolato. Passano pochi minuti. Due vigili del fuoco si riavvicinano alla casa da cui hanno tirato fuori, stavolta in mano non hanno un telo ma un’asse di legno. La mamma di Luca è viva. Serve una barella improvvisata. Viene tirata fuori dalla casa travolta dalla montagna nel giro di pochi minuti. Viene trasportata con maestria fino all’ambulanza, che partirà verso il Policlinico di Messina.

La quantità di fango riversata su via Roma fa impressione. Ma ciò che fa impressione è l’abitudine all’odore, del fango. Lo stesso odore di Giampilieri quattro anni fa. Di Giampilieri, Scaletta, Molino, Altolia due anni fa. Di Mili San Pietro, Mili San Marco, Briga un anno e mezzo fa. Di Bordonaro poche settimane fa. L’odore del fango è ormai routine, per chi fa il cronista in questa città. E’ ormai routine il meccanico rumore dei bobcat. E’ routine l’immagine di quelle grandi braccia robotiche, che quasi con “delicatezza” affondano le proprie “dita” nel fango. Piano piano, perché non si sa cosa ci possa essere, lì sotto. E’ così anche a Saponara. In via Roma. Tre bobcat fanno avanti e indietro. Per accedervi, dalla campagna, c’è un piccolo cancelletto rimasto incredibilmente illeso. Così come integro è un ombrello colorato appeso allo stesso cancelletto. Un po’ sporco di fango, certo. Ma integro. Poco più in là, sotto gli occhi di carabinieri, soldati, volontari, cittadini impauriti ma non rassegnati, c’è un capannello di uomini. Tutti attorno ad una casa che non è più una casa. Sembra che stia per scoppiare, sembra che le pareti siano troppo piccole per contenere l’enormità che contengono. C’è fango ovunque, in quella casa. Fango che trasborda dalle finestre, dalla porta. Sembra davvero che stia per scoppiare. Ci sono pure pezzi di alberi, lì dentro. Ci sono anche due corpi. Ciò che ne resta. I corpi di Luigi e Giuseppe Valla. Di padre e figlio. Uniti dallo stesso, tragico destino.

In tanti scavano, in tanti cercano. Sanno già cosa troveranno e non saranno i Luigi e i Giuseppe a cui tutti, in paese, volevano bene. Ecco, un vigile del fuoco prende in mano un lenzuolo. Lo allarga. Non è necessario dire nulla, non è necessario che qualcuno spieghi cosa sta accadendo. E’ stato trovato un corpo, è quello di Giuseppe. Il giovane 28enne che voleva fare il medico. E nessuno, effettivamente, dice nulla. I bobcat continuano a scavare. In mezzo al fango spunta una macchia liquida verde. Cos’è? E’ detersivo. Uscito fuori da un fustino trascinato anch’esso dalla frana. Una stonata nota di quotidianità in un contesto che di quotidiano non ha nulla. C’è anche il suono che non t’aspetti. Tra le quattro macchine accatastate una sull’altra, c’è una Lancia Y. Viene leggermente urtata da un bobcat. E suona l’allarme. Un’altra, stonata nota di quotidianità. Ecco a cosa non faremo l’abitudine. Che a stonare siano le piccole cose quotidiane e non il fango, le pietre, la morte. Che arrivano e si prendono tutto. Occupano tutti i pensieri, occupano tutto lo spazio. E non destano più stupore. Perché non c’è più spazio per la quotidianità.

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