Reggio Calabria. Pazzano sul caso Castorina: "nessuno ha detto sono certo della sua innocenza"

Reggio Calabria. Pazzano sul caso Castorina: “nessuno ha detto sono certo della sua innocenza”

elisabetta marciano

Reggio Calabria. Pazzano sul caso Castorina: “nessuno ha detto sono certo della sua innocenza”

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lunedì 28 Dicembre 2020 - 08:33

La Strada e Riabitare Reggio con Saverio Pazzano: “Il caso Castorina apre un’enorme questione morale. La maggioranza se ne assuma la responsabilità”.


Bene che vada per Castorina e per la classe dirigente che lui rappresenta si potrà parlare di un’enorme questione morale e di un malcostume pervasivo. Questo al netto di qualunque rilevanza penale, prima di
qualunque esito di indagine. C’è una cosa che sorprende ancora: nessuno dei rappresentanti istituzionali dell’area politica di Castorina, né dei suoi colleghi della maggioranza ha detto la frase: “Sono certo della sua
innocenza
”. Nessuno. Questo significa una cosa sola, anche dietro la frase rituale “della fiducia nella magistratura e nel rispetto dei suoi tempi”: che nessuno crede che la presenza di brogli sia inverosimile. – le riflessioni del movimento la strada in una nota stampa

Figlio nobile del PD


Nessuno si è sentito di difendere la posizione politica di Castorina. Davanti a questo c’è una sola cosa da dire: l’indagine penale deve fare e farà il suo corso, ma l’inchiesta politica va fatta alla classe dirigente che si è accompagnata a Castorina, che lo ha scelto come rappresentante in svariati ruoli, affidandogli deleghe di peso, e ha beneficiato – comunque, brogli o non brogli– del suo peso elettorale. Castorina è un figlio nobile
del Pd reggino, primo degli eletti del centrosinistra, già capogruppo del partito in consiglio, delegato al bilancio della Città Metropolitana, membro della direzione nazionale del Pd, insieme a diversi altri incarichi
che ne sanciscono un ruolo di primo piano nella città dello Stretto.

Fiducia del sindaco

Ha avuto fino a ieri la piena fiducia del Sindaco, del gruppo dirigente del Partito Democratico, dei colleghi della maggioranza in Consiglio Comunale e in quello Metropolitano. Tutto questo in virtù di cosa? Del consenso elettorale o della stima dei colleghi? Nell’uno e nell’altro caso la maggioranza comunale non può pensare di liquidare la questione con
un’alzata di spalle. Se non altro bisogna che una classe dirigente si interroghi almeno sulla capacità o l’incapacità di scegliere i propri rappresentanti. Che risponda politicamente –e subito– di questo.

Nessuna fiducia nella politica

Perché se le frasi rituali dicono “abbiamo fiducia nella magistratura”, c’è una verità più profonda e diffusa in tutta la città: nessuno ha più fiducia nella politica. Ed è questa la ferita che bisogna sanare. La maggioranza non può pensare di far passare la cosa in cavalleria, né con la storia della mela marcia né con l’attendismo. Primo: pretendere le dimissioni di Castorina. Senza nascondersi dietro la foglia di fico che le dimissioni le ha
già chieste la direzione nazionale del Pd con Oddati.

Caso nazionale

Reggio è diventata un caso nazionale per i problemi della classe dirigente locale: è questa che deve prendersi la responsabilità di chiedere le dimissioni, senza rinvii. Un po’ come ha avuto la prontezza di fare con Ripepi, senza tanto almanaccare sul fare i puri col garantismo degli altri. Certo, la coerenza è un bene raro. La maggioranza in comune deve dire se vuole o non vuole le dimissioni di Castorina. La decisione devono prenderla loro, e qui. La maggioranza locale deve prendere o non prendere questa posizione, non si lamenti altrimenti di essere spesso sottoposta a
commissariamenti.

Tradito il popolo


Secondo: rinunciare fino alla chiusura delle indagini – e poi, eventualmente, del processo– al seggio in Comune assegnato a Castorina. La maggioranza non stia lì col pallottoliere, a contare i voti derivanti di brogli o meno. È stata tradita la sovranità popolare. Rinuncino alla surroga, si astengano, facciano che vogliano, ma non utilizzino in Consiglio Comunale quel voto che tradisce il popolo. Un punto di penalizzazione è il minimo che possa capitare a chi ha nella squadra titolare, punta di diamante, un “giocatore dopato”. Questo sempre in attesa di ulteriori misure, in attesa di nuove e – si spera– veloci elezioni stabilite dal Ministero.

Parte civile


Terzo: Il Comune dichiari da subito che si costituirà Parte Civile in caso di rinvio a giudizio, a tutela dell’onore della città. Lo dichiari prima. Anticipi quanto previsto dal codice etico approvato nel 2016. Quarto: si apra una Commissione d’indagine in Consiglio Comunale. Uno strumento previsto dal
Regolamento, e tanto più essenziale quanto più la Nona Commissione Garanzia e Vigilanza non funziona e non può funzionare per i noti motivi legati alla Presidenza di Ripepi. Problemi ancora irrisolti, e che
sembrano non interessare affatto a quella maggioranza su cui la Garanzia dovrebbe appunto vigilare.

Commissione d’indagine

Una Commissione d’indagine che aiuti a rispondere a queste semplici domande: com’è possibile che nelle liste elettorali del comune siano iscritti anche i defunti; quanto è diffuso il malcostume di consiglieri comunali e
candidati che vanno a chiedere decine di duplicati delle tessere elettorali per i propri elettori; quanto è diffuso il malcostume di consiglieri comunali e candidati che vanno a controllare seggio per seggio i voti riscossi, di
fatto limitando il segreto del voto, perché “poi vado a vedere se mi manca il tuo voto nel seggio…”; com’è possibile e quanto è diffuso il fenomeno di consiglieri comunali e candidati che brigano per avere presidenti di seggio e scrutatori “di fiducia”…

Coraggio del consiglio

Una serie di domande cui, come si vede, non compete alla Magistratura
rispondere, ma alla Politica. Vedremo in Consiglio Comunale se si avrà il coraggio e la decenza di volersi sottoporre a questo esame con una Commissione ad hoc. Il Consiglio Comunale deve avere il coraggio di
dimostrare alla città che non è marcio tutto il cesto, che non ha niente da nascondere. Che non ci sono comportamenti clientelari da coprire, che è estranea a una prassi politica che, anche se non di rilevanza penale, rappresenta la peggiore espressione possibile di una classe dirigente.

Dimissioni sono inutili


In ultimo: non è La Strada che deve dimettersi dal Consiglio Comunale, non è il nostro seggio ad essere illecito. Dimissioni peraltro inutili, come ben sa chi le propone. Perché servano a qualcosa, occorre che, oltre
a tutti noi della minoranza, si dimettano anche cinque membri della maggioranza. Praticamente impossibile. Sarebbe solo un regalo alla maggioranza, ci sarebbe ancora meno controllo in Consiglio. Servirebbe solo a fare qualche nota stampa e qualche selfie. Da che esiste la democrazia, l’Aventino non ha mai funzionato, è servito solo ai poteri forti per rafforzarsi ulteriormente.

Luce del sole

Bisogna pretendere ancora più presidio, essere ancora più presenti in Consiglio, denunciare. Come abbiamo fatto noi nelle sedi opportune rispetto alle elezioni comunali. Proporremo una “Commissione d’inchiesta”, ci auguriamo che tutti coloro che parlano di dimissioni possano votarla, servono 1/5 dei consiglieri per poterla discutere. Anche qui è una questione di numeri. Questi, almeno questi, senza brogli e alla luce del sole.

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