Riaprono i teatri. Giampiero Cicciò: Dobbiamo creare bellezza dopo tanto buio

Riaprono i teatri. Giampiero Cicciò: Dobbiamo creare bellezza dopo tanto buio

Rosaria Brancato

Riaprono i teatri. Giampiero Cicciò: Dobbiamo creare bellezza dopo tanto buio

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giovedì 20 Maggio 2021 - 08:34

"E' un dopoguerra questo, i nostri animi si sono abbrutiti ma la voglia di rigenerazione è fisiologica come la sete"

Intervista a Giampiero Cicciò, regista, autore, attore, direttore artistico, giornalista, artista a tutto tondo che ci racconta, nel momento del ritorno alla “vita” cosa è stato un anno di pandemia per il mondo dello spettacolo e quali sono i suoi programmi. Tra Messina e il resto del Paese.

Creare bellezza

Anche in Sicilia riaprono i teatri. Cosa significa per Giampiero Cicciò questo “ritorno” alla vita e quanto vi ha penalizzato la pandemia.Il ritorno alla vita lo dobbiamo ai ricercatori, agli scienziati, che hanno concepito i vaccini e le cure. Grazie a loro questo incubo sta finendo, finirà. La morte di così tante persone per questa pandemia, deve farci agire, lavorare, creare, per migliorare, ognuno nel proprio ambito, questo pianeta allo sbando. Noi teatranti, insieme a tante altre categorie di lavoratori, siamo stati molto penalizzati. E in questo “ritorno” il nostro impegno dev’essere quello di creare sempre più bellezza, dopo tanto buio, e sui palcoscenici portare degli specchi in cui ci si possa riconoscere e osservare ciò che di orribile rischiamo di diventare e ciò che di meraviglioso potremmo essere. E’ un dopoguerra questo, i nostri animi sono abbrutiti, siamo stanchi, provati, ma la voglia di rigenerazione è fisiologica come la fame e la sete.

Riconsiderare il quotidiano

Come ha vissuto Giampiero Cicciò questi mesi di pandemia? Spesso da solo a casa mia a Roma guardando il soffitto e rimuginando. I miei errori che mi hanno fatto soffrire e hanno fatto soffrire le persone che mi erano accanto, possono essere trasformati in un’occasione per riconsiderare la quotidianità pre-pandemia in cui, per dirne solo una, un abbraccio non dato e possibile è poi diventato impossibile da dare lasciando un rimpianto. Questa allegoria del pericolo che l’altro possa infettarti e tu infettare l’altro, non riguarda solo il discorso virus. Ho vissuto questa pandemia pensando a come, ripartendo, contagiare le persone attorno a me soltanto con roba bella e quindi indossare roba bella dentro di me.

Tornare al Teatro

Il rilancio del Teatro da dove passa? Giuseppe Ministeri ha dichiarato che non basta riaprire i teatri ma occorre far tornare materialmente il pubblico in sala e trovare modi nuovi per avvicinare le persone alla cultura.Ha ragione, la tecnologia ci dà nuove opportunità di divulgazione culturale impensate fino a pochi anni fa. E se saremo bravi a fare il nostro lavoro (artistico e di promozione) il pubblico accorrerà perché credo abbia una forte esigenza di tornare al teatro, al cinema, ai concerti… Nell’era social, esistono vari modi di arrivare alla gente, ma l’incontro vivo tra persone vive, è e resterà la più alta forma di “incontro” tra artisti e pubblico.

Riparto al Teatro di Pompei

Che progetti hai interrotto a causa della pandemia e quali progetti invece stai per riavviare? Il Festival inDivenire, ideato da Alessandro Longobardi, che mi ha offerto e poi riconfermato la direzione artistica per tre anni, era diventato un appuntamento molto atteso a Roma. E’ saltato nel 2020 e anche quest’anno non si potrà fare. Riparto con uno spettacolo diretto da Federico Tiezzi, è il mio quarto lavoro con lui e ne sono felice, che debutterà l’1 luglio nel Teatro Antico di Pompei. Sempre a luglio saremo a Firenze, Pistoia, Siena… e a gennaio saremo in tournée in tutta Italia.

“Molto rumore per nulla”

Parliamo dello spettacolo che l’Ente Teatro Vittorio Emanuele sta producendo, un’esperienza importante e che rappresenterà il primo passo sia per la ripartenza sia per nuove produzioni. Si tratta di “Molto rumore per nulla” di Shakespeare, che metterò in scena in autunno. Non vedo l’ora. Il cast sarà formato in maggioranza da attori messinesi che lavorano perlopiù lontano da Messina. Alcuni, per la prima volta, finalmente, saliranno sul palcoscenico della loro città. Messinesi sono anche coloro che cureranno musiche, scene e costumi: Dino Scuderi e Francesca Cannavò. E messinese era Celeste Brancato a cui è intitolata la “Compagnia Celeste” che nascerà proprio con questo allestimento. E che, si spera, possa diventare compagnia stabile dove, mi auguro, possano ruotare altri registi, attori, scenografi, ecc. Compagnia Celeste è un nome bellissimo che trasmette luce e futuro.

Il Teatro in carcere

Sei impegnato anche in un altro progetto teatrale, ideato da Daniela Ursino, in corso al carcere di Gazzi. Cosa ti ha colpito e ti colpisce di più di questa esperienza con i detenuti?Nel mio lavoro, la vita vissuta è il pozzo dal quale attingere il respiro dei personaggi che interpretiamo. Per Artaud l’attore è un “atleta del cuore”. E quando il cuore è allenato, anche dal nostro dolore, dal nostro entusiasmo, dal dolore procurato agli altri, dagli errori commessi, dal rimorso, o dall’aver conosciuto dimensioni al limite… questa “ginnastica” crea un atleta del cuore.

Esperienza sbalorditiva

Un attore professionista, di solito, per raggiungere alcuni apici emozionali, propri di certi personaggi estremi, deve studiare, lavorare sodo, approfondire. L’esperienza con i ragazzi del carcere di Messina, è stata sbalorditiva. In tanti anni di palcoscenico, di compagnie, non ho mai incontrato un gruppo di lavoro con una capacità di comunicare i propri stati d’animo con tanta naturalezza e spregiudicatezza. Certo, vorrei far studiare loro la dizione, come portare la voce e insegnargli tante altre tecniche fondamentali e imprescindibili del mestiere. Intanto già hanno ciò che di più importante e meraviglioso deve avere un attore: un universo da raccontare.

Come immagini il futuro del teatro?Con i teatranti che mettono in scena spettacoli con il pubblico non da remoto.

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