Antonino Marino: "A volte è meglio dare un calcio alla nostalgia...canaglia.."

Antonino Marino: “A volte è meglio dare un calcio alla nostalgia…canaglia..”

Antonino Marino: “A volte è meglio dare un calcio alla nostalgia…canaglia..”

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venerdì 13 Luglio 2018 - 05:57

Di seguito la riflessione di un lettore di Tempostretto sui tanti nostalgici di alcuni periodi storici italiani....

Nostalgia. Una bella parola afferente un sentimento controverso, che necessita, in generale, dell’esistenza di un vissuto trascorso facente parte dei ricordi, ed è quindi’ normale che un soggetto di 14/15 anni, ne sconosca l’essenza e ne abbia un’idea approssimativa. E se insisti, il ragazzino/a, prima ti guarderà un po’ stralunato e poi ti risponderà (mentendo) di avere nostalgia del periodo in cui i nonni lo portavano alla Villa comunale a girare con il triciclo o salire sulla giostra. A tal proposito – intendo di nonni e nipoti – mi ci butto dentro, poiché “nonnottantadue” di una dolcissima intelligentissima nipote quindicenne di nome Marianna, che fino agli 8/9 mi ha dato la gioia e anche l’orgoglio di poterla accompagnare in lunghe passeggiate, spettegolando a bassa voce su qualche improbabile abbigliamento esibito da signore in transito, intervallate dalla sosta al bar per la “granita cioccolato con panna e brioche” mentre io stavo lì incantato. E mentre sorbivo il mio caffè, ne osservavo gli angelici lineamenti e gli eleganti movimenti. Poi, già dall’ultimo delle Medie, non mi cerca più, perché (“è la vita bellezza” starei per dire”) preferisce la passeggiata con i coetanei e la sosta al McDonald’s piuttosto che al Fast-food. E immagino quale sarebbe la risposta se le chiedessi “perché”: “Nonnino mio, ti voglio bene, ma or non è più quel tempo e quell’età”. Vabbè, il tempo scorre inesorabile e dunque occorre farsene una ragione. Torno dunque al tema per ricordare che la parola “nostalgia” deriva dal greco nostos (ritorno) e algos (dolore) e che, molto più semplicemente altro non è che un rimpianto di fatti e periodi della vita oramai facenti parte del trascorso. Una sorta di desiderio non più appagabile, come ad esempio di tornare a vivere in un certo luogo in cui si è stati bene con cose e persone, oppure la nostalgia del proprio paese di origine, della patria e della famiglia. Insomma, un bel sentimento che spesso è rivolto al passato prossimo o remoto. Per altri versi, ci sono anche i nostalgici di certi periodi della Storia celebrati con sfarzo mediante commemorazioni esagerate. Insomma fascismo e antifascismo, comunismo e anticomunismo, sessantotto e varie altre ricorrenze, sono un minestrone i cui ingredienti fanno assaporare la nostalgia a talune fasce di popolazione. E ci sono anche i nostalgici del periodo berlusconiano, che ora l’hanno rivisto “riscendere in campo”, per ricompattare un Partito oramai alla frutta, ma che torna puntualmente a tuonare contro tutti, facendo finta di non ricordare che anche nel “giorno” della Politica, c’è il tramonto. Caro Silvio, fattene una ragione. Sei stato grande ma ora il romanzo è giunto alla pagina del “ e vissero insieme felici e contenti” e dunque continuare fare proclami del tipo “bisogna vincere e vinceremo” riferito a Forza Italia è politicamente anacronistico. I nostalgici della “discesa in campo” del 1994 se ne facciano una ragione. Quanto alle “contrastanti nostalgie” che in questo particolare momento travagliano la sociopolitica in Italia, va dato sicuramente risalto a quelle che si fronteggiano alimentandosi l’una contro l’altra armate. Mi riferisco a quella legittima degli immigrati, che – diciamolo francamente – è giustificata e profonda, come la nostalgia di casa, appena mitigata dai contatti telematici, che umanamente produce confusione mentale e spaesamento. E di contro c’è quella dei cosiddetti autoctoni cioè gli italiani, che è reattiva, ma anch’essa comprensibile umanamente poiché motivata dall’attaccamento ai luoghi di origine e di stanza. Questa miscela bollente di nostalgie che si contrastano, può assumere caratteristiche identitarie con rifiuto mentale verso l’integrazione già di per sé complicata, col risultato che gli immigrati decidono di riunirsi in gruppi, distanziandosi dai modi di pensare e agire dei residenti, così creando le condizioni per riunirsi e realizzare usi e costumi della propria terra natia, realizzando così una sorta di comunità separate, mentre i nativi sognano che prima o poi ciascuno possa realizzare i desiderata e dare un sonoro calcio alla: “Nostalgia canaglia, di una strada, di un amico, di un bar, di un paese”(1).

  1. Albano e Romina. Terza classificata al Festival di S. Remo 1987

Antonino Marino

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