Quale prospettiva per la sinistra messinese?

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Quale prospettiva per la sinistra messinese?

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mercoledì 25 Luglio 2018 - 06:49

La riflessione del prof. Giuseppe Fera sul futuro della sinistra messinese

Leggo il sondaggio del Corriere della Sera sulle intenzioni di voto e debbo constatare l’ennesimo crollo di consensi al Partito Democratico ormai ridotto al 17% (cifra che porta pure male). Mi chiedo: a quanto dovremo scendere, forse sotto la soglia del 5%, perché qualcuno ai vertici del Partito suoni la sveglia?

Diceva il presidente Mao TseTung “Grande è la confusione sotto il cielo quindi la situazione è eccellente”, a voler indicare che i grandi cambiamenti potevano generarsi solo in presenza di dinamiche in movimento, situazioni instabili, confusione appunto. Ed è proprio la situazione che a livello nazionale (ma anche internazionale) si presenta ai nostri occhi in questo momento, un apparente grande caos che sta sgretolando certezze acquisite e costruendo nuovi e mutevoli scenari. Una situazione dunque eccellente, nell’ottica di chi auspica e vuole il cambiamento. E ragioni per voler cambiare ce ne sono tantissime, visto l’attuale modello di sviluppo economico sempre più iniquo che sta portando all’impoverimento milioni di famiglie, la minaccia terrorismo, l’emigrazione che non riusciamo a gestire civilmente, la subdola crescita di atteggiamenti razzisti, ecc..

A fronte di tutto ciò, il gruppo dirigente del PD appare assolutamente incapace di indicare una via d’uscita per “cambiare le cose”; impegnato in lotte correntizie di cui non frega niente a nessuno, autocondannatosi al più totale isolamento politico, e che continua a succhiarsi il pollice in attesa che la corrente del fiume gli porti il cadavere del nemico; speranza, per il momento, piuttosto vana, almeno a giudicare dai sondaggi. Un partito che appare al momento capace solo di un risentito arroccamento, e incapace, invece, di indicare alla politica italiana l’unica strada possibile: quella di aprire un dialogo che possa in qualche modo rompere il fronte avversario o, se si preferisce, sparigliare le carte e creare le condizioni per un positivo mutamento.

Ed è esattamente quello che occorre fare anche da parte del PD messinese, all’indomani di una competizione elettorale che ci ha consegnato luci ed ombre. Ombre perché il nostro candidato sindaco ha perso, ma anche luci visto che, grazie ad una incomprensibile e scassata legge elettorale regionale, il centro sinistra si ritrova il più numeroso gruppo in consiglio comunale, in presenza tra l’altro di un sindaco che non ha con sè ufficialmente alcun consigliere.

Una situazione assolutamente anomala ma che occorre capitalizzare, considerando che si può essere determinanti per quanto attiene le importanti materie di competenza del consiglio comunale, bilanci e politiche territoriali in primis, mentre per quanto riguarda tutto il resto si può e si deve agire per avviare con il sindaco De Luca un dialogo costruttivo e trasparente. Grazie ad un primo importante accordo con il Movimento 5 stelle abbiamo incassato l’elezione di Claudio Cardile (con il quale colgo l’occasione per congratularmi) alla presidenza del consiglio, e questo mi sembra un primo importante risultato da cui partire per “condividere” con il sindaco il governo della città e provare ad invertire il processo di declino economico e disgregazione sociale, a cui Messina sembra essere condannata.

Non starò qui a elencare i problemi e le criticità che conosciamo benissimo da almeno 20 anni, né tantomeno indicare prospettive o soluzioni ai problemi stessi; qui vorrei solo ragionare brevemente per capire che alleanze politiche, che metodo di lavoro seguire per individuare e risolvere i problemi e le criticità di cui sopra.

Come ho già avuto modo di dire, l’elezione di Accorinti prima, e di De Luca oggi, sono il sintomo evidente di una crisi che ha colpito il vecchio blocco di potere che ha dominato e purtroppo, in buona parte, domina ancora sulla città, per il quale obiettivo principale in questi anni è stato lasciare tutto com’è: i baraccati nelle baracche, i quartieri periferici nel loro degrado, le strade senza autobus ma in compenso con cumuli di immondizia, gli anziani senza assistenza e l’elenco potrebbe continuare all’infinito.

Se il Partito Democratico e la sinistra messinese vogliono innescare il cambiamento, smuovere le acque della palude, devono a mio avviso in primo luogo muovere dalla considerazione che sarebbe un grave errore pensare di costruire oggi alleanze politiche con questo o quel partito o movimento, senza porsi preventivamente due fondamentali domande:

· Quale strategia di natura sociale, economica e culturale si vuole mettere in atto, e quali devono essere le concrete azioni, il programma per realizzare tale strategia?

· Quali sono i gruppi sociali ed economici a cui tale strategia si rivolge e che dovrebbero contribuire a costruirla? Quali bisogni, quali interessi questi gruppi sociali oggi esprimono?

Se alleanze occorrerà costruire, e non può essere diversamente, tali alleanze dovranno essere prima di tutto di carattere economico e sociale, a partire da quei gruppi e soggetti maggiormente colpiti e penalizzati delle politiche di austerità di questi anni, dal liberalismo selvaggio, dai privilegi e dalla diffusa illegalità dei gruppi egemoni che stanno soffocando questa città: gli abitanti dei quartieri degradati, i disoccupati, i lavoratori precari, le piccole imprese industriali ed artigianali, i piccoli commercianti, i pensionati, gli studenti, ecc..Con questi soggetti e con i loro rappresentanti, sindacati, associazioni di categoria, circoli culturali, occorre aprire un confronto permanente per giungere alla costruzione di un programma di rinascita della città condiviso, improntato a principi di equità sociale e sostenibilità ambientale.

Questo deve essere l’obiettivo del PD e della sinistra messinese nei prossimi mesi; su questo obiettivo e su questa strategia vanno costruite le alleanza con le altre forze politiche. In questa prospettiva credo che il Movimento grillino possa rappresentare un possibile interlocutore per la sua storia recente che lo vede estraneo e alternativo al blocco di potere che ha governato la città, come del resto la parte più seria e meno malata di autismo ideologico che si era riconosciuta in Accorinti.

Allo stesso tempo va costruito con il nuovo sindaco un rapporto privo di pregiudizi politici ed ideologici, aperto al confronto ed alla collaborazione; un rapporto all’interno del quale si possano individuare degli obiettivi condivisi su cui collaborare, fermo restando il dovere di esercitare la più ferma ma leale opposizione su quelle iniziative che vanno in direzione opposta alla nostra visione strategica, o che comunque non si condividono.

Saprà il Partito democratico messinese raccogliere una simile sfida, farsi promotore di una nuova alleanza sociale democratica e progressista?In proposito permettetemi di dire che nutro qualche dubbio, soprattutto per via dei pesanti condizionamenti che vengono dalla incancrenita situazione nazionale che brilla per l’assoluta mancanza di idee, attaccamento culturale a modelli di un passato che sta scomparendo, la totale mancanza di dialogo e dibattito interni; basti pensare che nessuna seria analisi delle sconfitte subite è stata fatta che non fosse “avevamo ragione ma non ci hanno compreso”.A questo occorre aggiungere una struttura di partito completamente ingessata e burocratizzata in cui la conta delle tessere sembra essere fine e mezzo allo stesso tempo.

Ma se guardo al complesso delle formazioni politiche messinesi (ma anche a livello nazionale) posso dire con assoluta certezza che un vero rinnovamento ed un vero cambiamento progressista e democratico possono partire solo da una assunzione di responsabilità e dalla presa di coscienza della parte più sensibile e culturalmente avanzata del Partito democratico.

Da anni si parla di costruire un partito diverso, aperto alla società civile, di simpatizzanti e militanti e non di finti tesserati, ma al di là delle buone intenzioni nulla si è fatto in questa direzione. Forse, invece, è arrivato il momento di rompere gli indugi, di uscire dalle chiacchiere e di sperimentare in concreto cosa vuol dire un partito “aperto”, legato alla società civile, luogo di confronto e dibattito politico. Dentro il PD messinese ci sono le intelligenze, le risorse umane per imprimere una svolta; occorre che queste intelligenze prendano coscienza dell' enorme responsabilità che grava sulle loro spalle, e decidano di agire rompendo vecchi riti e schemi tanto consolidati quanto ormai inutili.

Chissà che proprio Messina non possa diventare un' esperienza pilota a livello nazionale; del resto solo pochi mesi fa l’irrompere sulla scena del mondo universitario aveva lanciato un segnale di grande novità all’intero partito. Poi il totale assorbimento nelle competizioni elettorali, la parziale trasformazione in “corrente universitaria”, l’accantonamento del ruolo di stimolo culturale per l’intero partito; in conclusione questa grande novità rischia già di trasformarsi in apparato e perdere la sua carica innovativa. Ma forse è proprio da qui che si può ripartire.

Giuseppe Fera, Laboratorio Democratico

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