“Truth – Il prezzo della verità”, il dovere di informare

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Tosi Siragusa

“Truth – Il prezzo della verità”, il dovere di informare

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lunedì 28 Marzo 2016 - 23:05

Sulla rotta della decima musa: incroci pericolosi tra politica e giornalismo nell’esordio da regista di James Vanderbilt. Impressioni a cura di Tosi Siragusa

Ha inaugurato la festa del Cinema di Roma questo buon film di genere drammatico-biografico, che riproduce in modo interessante ma senza grandi scintille, gli eventi intercorsi nel settembre 2004, quando, pochi mesi prima delle elezioni presidenziali americane, una abile produttrice televisiva, Mary Mapes, predispose la messa in onda da parte della CBS, di un'inchiesta sul passato di George W. Bush, il discusso candidato, poi effettivamente arrivato, per il suo secondo mandato, sul più alto scranno; secondo tale puntuale e provata ricostruzione, attraverso una raccomandazione, lo stesso avrebbe infatti raggiunto lo scopo di evitare il proprio reclutamento in Vietnam, negli anni 70, con un comodo trasferimento alla Guardia Nazionale Aerea. La denuncia, avente forza di un fondato scoop giornalistico, condotto a mezzo dei mass media, nell'ambito del programma "60 Minutes", sollevò all'epoca un gran polverone, compromettendo seriamente la carriera della coraggiosa professionista, nonchè dell'anchorman della CBS, Dan Rather, che rassegnò le dimissioni, una cocente sconfitta, insomma, del giornalismo non di facciata, un Watergate alla rovescia.

I due protagonisti di “Truth – Il prezzo della verità”, nelle parti di Mary e Dan, sono, rispettivamente, Cate Blanchett e Robert Redford. Si segnala, altresì, la presenza di Dennis Quaid, nel ruolo del colonnello Roger Charles e, fra gli altri, di John Benjamin Hickey. Le recitazioni appaiono convincenti, in particolare quella della Blanchett, che è davvero encomiabile nella sua algida perfezione. L'attrice australiana negli ultimi anni non ha commesso alcun errore nella resa dei personaggi, quali la nevrotica Jasmine, del riuscito lungometraggio di Woody Allen e la Carol, irrequieta e ambivalente, dell'omonimo recente film (per il quale era altresì candidata all'Oscar, quale migliore attrice protagonista). Dal canto suo, anche Robert Redford sembra davvero giunto alla sua "second life", se si considerino gli ultimi suoi impegni cinematografici, anche registici. Aveva peraltro già interpretato un giornalista in "Tutti gli uomini del Presidente" e in "Qualcosa di personale". Anche la regia di James Vanderbilt, alla sua opera prima, è condotta con seria precisione, senza sbavatura alcuna. Vanderbilt ne è peraltro anche lo sceneggiatore, sulle tracce del memorial della stessa Mary Mapes, "Truth and Duty". Se ne consiglia la visione, trattandosi, in uno, di un avvincente thriller giornalistico, sulle tracce della serie "The Newsroom" e di un solido e coinvolgente dramma, nella tradizione, insomma, assimilabile a "Il caso Spotlight" e molto vicino anche a "Insider – Dentro la verità" e "Veronica Guerin – Il prezzo del coraggio". Riuscite anche le musiche di Brian Tyler.

Il pregio sostanziale dell'opera cinematografica sta comunque nella sua innegabile capacità di sollevare giuste domande sul rapporto basilare fra giornalismo e potere, spesso non del tutto trasparente e sano, e sul ruolo stesso del giornalista. Come anche in Italia è stato più volte sperimentato, ciò che è scomodo non ha diritto di esistere, e, per raggiungere questo scopo, il metodo, più che rodato, è quello di attivare subito la macchina del fango, per screditare persone, mestieri e categorie… e così la Verità si eclissa, anzi non c'è più spazio per essa, subentrandone molteplici, soggettive e variabili, al suo posto.

Tosi Siragusa

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