Come ricevere una critica con assertività

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martedì 23 Aprile 2013 - 11:12

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Rassegniamoci: errare non solo è umano, ma è pure inevitabile. Così come è spesso inevitabile ricevere delle critiche, perché ce le meritiamo, oppure perché ci troviamo nel raggio di tiro di qualcuno che, per un motivo o per l’altro, decide di sceglierci a bersaglio dei suoi strali. Che reazioni provoca in noi una critica? Che risposte mettiamo in atto? Le critiche, ovviamente, non sono tutte uguali: possono essere motivate o meno, essere dirette o velate, rivolte ad una specifica azione compiuta o alla persona che la compie, nella sua interezza. Possono essere usate per migliorare la relazione (affettiva o lavorativa che sia) che si ha con qualcuno, ma possono anche essere usate come armi per ferire. In ogni caso, è raro che una critica ci scivoli completamente addosso, per fortuna: tenere nel giusto conto l’opinione degli altri è utile, ci serve a mantenere forti e sani i legami sociali, essenziali al nostro benessere. Non considerare affatto le critiche ci impedisce di ascoltare le esigenze degli altri per noi significativi e, nel lungo termine, ci conduce all’isolamento. Di contro, dare troppo peso alle critiche e porsi l’obiettivo irrealistico e perfezionistico di non suscitarne mai, di piacere sempre a tutti, ci crea attorno una gabbia di imposizioni e divieti che finisce per schiacciarci con la sua incombenza.

Ancora una volta, in medio stat virtus: è saggio valutare ogni critica ricevuta, prendere quello che di buono e utile ci offre e lasciare andare invece gli elementi che non ci aiutano o, peggio, ci feriscono gratuitamente. Ma come distinguiamo gli elementi utili da quelli distruttivi? Quando qualcuno ci muove una critica poniamoci le seguenti domande: sta criticando una mia precisa azione, un mio comportamento, o sta criticando me come persona nella mia interezza? Prendiamoci sempre qualche istante per capirlo. Nel primo caso riconosciamo la critica come mirata ad ottenere un cambiamento ed approfondiamo per capire se, come, quanto abbiamo sbagliato, che effetti la nostra azione ha avuto sulla persona che muove la critica e cosa possiamo fare per rimediare. Se invece la critica riguarda il nostro valore come persona, rifiutiamola in toto, ignorando o, al contrario, facendo presente la scorrettezza della critica rivolta a noi come persona, ma soprattutto invitiamo l’altro ad indicarci puntualmente dove abbiamo sbagliato, in modo da collaborare per trovare una soluzione. Rifiutiamo sempre le critiche che ci attaccano o sminuiscono come persone, ma teniamo in conto quando ci viene segnalato un nostro comportamento poco efficace o dannoso per qualcuno: nel caso in cui ci rendiamo conto di aver sbagliato, ammettiamolo con sincerità, esprimiamo il nostro dispiacere per il danno arrecato ed impegniamoci a comprendere come cambiare per migliorare, senza colpevolizzarci più del necessario (il passato non si cambia), ma impegnandoci seriamente ad avere una condotta più utile a noi ed agli altri.

Poniamo il caso in cui iniziamo un nuovo lavoro che richiede l’acquisizione sul campo di nuove competenze, al nostro quarto giorno di lavoro, la collega alla quale ci hanno affiancato per imparare esprime malcontento sul nostro lavoro dicendo: “E’ proprio vero che la professionalità non si improvvisa!”. Come ci comportiamo? Abbiamo tre possibili tracce da seguire. 1) Possiamo scegliere di ignorare completamente la sua critica alzando il naso ed andandocene, pensando e magari dicendo: “Chi se ne frega di quello che pensa lei: il lavoro l’ho fatto io e so che è perfetto”. Così facendo, abbiamo perso l’opportunità di capire se veramente abbiamo sbagliato e come: non abbiamo imparato nulla di nuovo sul nostro lavoro e abbiamo contribuito a creare distanza tra noi e la nostra collega. Quali saranno i frutti di tale agire, nel lungo tempo? 2) Possiamo scegliere di darle completamente ragione, chiniamo il capo e, sconfortati ma d’accordo, pensiamo: “lo so che non valgo nulla, pure a scuola la mia maestra me lo diceva sempre che ero un asino totale. Se già allora ero un inetto, figuriamoci adesso!”. Ancora una volta, non avremo capito se e dove abbiamo sbagliato, abbiamo permesso alla nostra collega di intaccare la nostra autostima e le abbiamo confermato l’idea che ha di noi come incapaci, persino di farci rispettare. 3) L’altra strada che possiamo percorrere è: rifiutiamo il giudizio che la nostra collega emette genericamente e globalmente su di noi come persona, chiedendole di specificare precisamente dove abbiamo sbagliato e cosa dobbiamo fare per non ripetere lo stesso errore in futuro: “Sono qui da pochi giorni, con lo scopo di imparare quello che ancora non so. Potresti spiegarmi precisamente dove ho sbagliato?”. Così facendo abbiamo imparato dai nostri errori, abbiamo tenuto testa alla critica della collega in modo gentile, ma fermo, dimostrandole che sappiamo farci rispettare rispettando gli altri, ponendo così le basi per una relazione all’interno della quale le critiche possono essere strumenti costruttivi di crescita e non armi da usare per svilire l’altro.

“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana di via Ugo Bassi, 145, Messina. Per informazioni telefonare al: 345.2238168.
Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

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