Massaro, Orsa: Rivoluzionario stare al tavolo. Dittatura sindacale in passato

Massaro, Orsa: Rivoluzionario stare al tavolo. Dittatura sindacale in passato

Massaro, Orsa: Rivoluzionario stare al tavolo. Dittatura sindacale in passato

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venerdì 02 Novembre 2018 - 08:41

Il segretario Orsa spiega perchè l'organizzazione sindacale ha partecipato al tavolo delle trattative: "I veri vincitori sono stati i lavoratori. Noi la dittatura l'abbiamo vissuta al tempo dell'Atm targata Foti"

Prima di pubblicare la mia riflessione sulla fase che Messina sta attraversando, ho aspettato la manifestazione di CGIL e UIL per evitare si pensasse alla tattica dell’ingerenza subliminale. Chi si aspetta un mio intervento sul balletto dei numeri della manifestazione resterà deluso, 50 o 5000 lavoratori in piazza vanno rispettati senza se e senza ma, ho fondato la mia esistenza sindacale sul valore del popolo che partecipa e si rende protagonista, chi si schiera e ci mette la faccia avrà sempre la mia stima.

Certo, la situazione che si è creata è obiettivamente strana, due sigle confederali in piazza e l’ORSA con CISL e altri autonomi al tavolo delle trattative non si era mai visto, ammetto che, vista la nostra storia, la collocazione naturale dell’ORSA sarebbe stata all’interno della protesta che contesta al sindaco “atteggiamenti Autoritari, al confine con la dittatura, forieri di macelleria sociale”.

PERCHÉ L’ORSA HA CONTINUATO A TRATTARE?

La prima versione del “Salva Messina” era inaccettabile, macelleria sociale era il termine adeguato, dentro c’erano privatizzazioni senza frontiere, la chiusura di Casa Serena e il licenziamento degli addetti, ingenti perdite di posti di lavoro nei servizi sociali, internalizzazione dei servizi appaltati che avrebbero prodotto i licenziamenti delle maestranze in forza alle ditte, esuberi in ATM e nessuna speranza per i precari dell’AMAM. Si, era una macelleria sociale! Ne ero convinto, tanto che nei miei interventi rivolti al sindaco, insistevo sulla convenienza del dissesto.

A conti fatti la tassazione ai massimi livelli la subiamo da anni, i licenziamenti dei lavoratori precari e dell’indotto che avrebbe prodotto il dissesto, erano presenti anche nel piano di riequilibrio versione De Luca ma col dissesto restava almeno la possibilità di dimezzare la massa debitoria e congelare gli interessi. Ricordo che in quella fase, durante gli incontri col sindaco, sedevo vicino al segretario UIL Tripodi, ancora partecipe al confronto, il sindaco era arroccato sulla tesi dell’austerità lacrime e sangue, pur mantenendo un’apertura al confronto che, però, non lasciava intravedere stravolgimenti del “Salva Messina”. Dopo un loro acceso alterco, fui io a dire a Tripodi: “a questo punto l’unica soluzione è lo sciopero generale”. C’è da dire che in quel momento il fronte sindacale era più o meno compatto su una posizione: “sto piano di riequilibrio non s’ha da fare”. il sindaco, che stupido non è, capì che non avrebbe portato quel “Salva Messina” in Consiglio Comunale con la firma dei sindacati. L’inversione di rotta rispetto alla macelleria, Cateno la imboccò con CGIL e UIL ancora al tavolo “ la cornice economica è questa, la drammaticità dei bilanci è inconfutabile, sono disposto a concertare con voi il modo di uscirne col minimo sacrificio”. La nuova posizione del sindaco scatenato mi tranquillizzò parzialmente, c’era ancora spazio per la discussione. Decisi di godermi l’attimo di distensione abbandonando il tavolo, il tempo di un caffè nella macchinetta di palazzo zanca e la conseguente sigaretta. Che cosa accadde in quei 5-10 minuti non lo so, nel rientrare in sala giunta incontrai i gruppi CGIL e UIL nel corridoio, diretti verso l’uscita, chiesi loro cosa fosse successo e mi fu risposto un laconico: “Buona Firma”.

Quella sera non firmai il Salva Messina, nonostante si fossero fatte le ore piccole apportando le prime varianti fondamentali al piano di riequilibrio. Al mio rifiuto di sottoscrizione i lineamenti del volto di Cateno si posizionarono nella versione stizzita, gli spiegai che nel sindacato di base è diverso, il segretario firma, eventualmente, dopo aver consultato la base dei lavoratori. Dall'assemblea, partecipata anche dai lavoratori del sindacato ISA, uscì il mandato per cui ORSA non avrebbe firmato il documento ma aveva il dovere di proseguire la trattativa se non fosse stato dichiarato il dissesto. Il consiglio Comunale approvò il piano di riequilibrio e De Luca riuscì a convincere il ministero che il dissesto non era inevitabile, non c’erano ancora le famose condizioni oggettive. Si tornava al tavolo con i sindacati per affrontare nel dettaglio le problematiche delle partecipate. Suggestionato dalla nomea di “fascista” attribuita al primo cittadino, non mi aspettavo che l’ORSA, ormai nella lista delle canaglie non firmatarie dell’accordo, fosse convocata per la trattativa tecnica. Invece c’erano tutti: GIL,CISL,UIL, UGL,ORSA,CISAL,ISA…. De Luca, il fascista, invitò anche l’associazione per i diritti delle pulci con la tosse che non si presentò per impegni congressuali precedentemente intrapresi.

Non devo difendere De Luca, le nostre idee politiche e di società sono notoriamente distanti anni luce, ma la dittatura della rappresentanza sindacale l’ORSA l’ha subita durante il governo libertario di Accorinti che nelle rare occasioni di coinvolgimento ufficiale del sindacato si confrontava solo con CGIL, CISL e UIL e a loro volta, le sigle blasonate, nelle aziende partecipate chiedevano e ottenevano la democratica esclusione del sindacato autonomo e di base. La soppressione violenta del dissenso l’ORSA l’ha subita con il direttore ATM Foti, “democraticamente” nominato da Accorinti, senza passare per il concorso pubblico per non scadere nell'eccesso di democrazia. Tornando al Salva Messina, il resto della trattativa l’avete seguito in diretta Facebook, (altra dinamica da ventennio), la conclusione è scritta nei verbali, penso sia superfluo elencare i dettagli per sancire lo stravolgimento in positivo ottenuto al tavolo, la corsa alla paternità per le modifiche apportate la racconta tutta.

L’ORSA NON VOLEVA IL DISSESTO?

Si ma non per posizione ideologica, per mero calcolo di convenienza. La dichiarazione del dissesto non spetta al sindacato, De Luca è tornato da Roma con l’autorizzazione a tentare il riequilibrio, a quel punto restare arroccati sulla posizione di principio favorevole al dissesto senza se e senza ma, non era compito del sindacato. Di fronte al nuovo scenario è stato doveroso sedersi al tavolo e tentare di cambiare quel Salva Messina che nella seconda versione, se analizzata dal punto di vista dei lavoratori a rischio, è anche preferibile al dissesto.

L’evoluzione del Salva Messina ha prodotto la tutela di tutti i posti di lavoro, anche dei 40 operai delle ditte impiegati nelle pulizie di Palazzo Zanca. La missione statutaria del sindacato è tutelare i lavoratori ma anche il lavoro, in tal senso il “Salva Messina due punto zero” garantisce più del dissesto. Un sindacato di lotta, ma anche responsabile, assunte le varianti si confronta con la base, ne assume mandato, mette da parte ideologie e preconcetti e si siede a trattare nell’interesse di chi, domani, col dissesto si sarebbe trovato con le tasse al massimo ma, GIOCOFORZA, anche senza posto di lavoro.

LA PIAZZA

L’eventuale lotta dura senza paura doveva scattare, in modo unitario, solo dopo il fallimento certificato della trattativa: sciopero generale, a oltranza, anche contro le regole. Organizzare una piazza col permesso retribuito pagato dalla controparte E con il fronte sindacale spaccato, non è il modo migliore per impaurire il padrone. Purtroppo non siamo riusciti a cambiare la società sul modello del socialismo reale e siamo costretti a confrontarci nel mondo dell’ultra liberismo dove comandano i mercati e la società è legata ai bilanci, in quest’ambito dobbiamo garantire i diritti dei lavoratori, diversamente resteremo nella storia come bravi oratori della dottrina comunista ma non incideremo nel futuro. La politica e il sindacato hanno due ruoli diversi, a un pulitore delle ditte, prossimo al licenziamento, gli puoi anche spiegare nelle assemblee che la soluzione migliore sarebbe l’abolizione della proprietà e la gestione dei mezzi di produzione sotto controllo operaio, ma allo stesso tempo il sindacato deve governare l’emergenza e garantire il suo salario in questa società che ha scelto il capitalismo.

Compagni abbiamo fallito e consegnato il paese alla destra reazionaria mentre stavamo chiusi nelle sezioni di partito a studiare la rivoluzione sovietica, intanto la peggiore delle destre accumulava consensi facendo leva sui bisogni della gente e prendeva il nostro posto nelle fabbriche.

Bisogna tracciare le differenze fra il centro sinistra imborghesito e i comunisti, scendere in piazza con loro per fare dispetto e De Luca, senza conoscere i fatti, non è stato un grande segnale. A parte i lavoratori cui confermo massimo rispetto, c’erano quelli del jobs act e dell’abolizione dell’articolo 18, c’era la borghesia elitaria del “cerchio magico” che non è una sezione del PCI ma il centro di potere di padre Scalia.

A mio avviso è stato più rivoluzionario partecipare il tavolo del Salva Messina, affrontare De Luca nel merito delle questioni e con la forza delle idee comuniste essere riusciti a cambiarlo a favore della classe operaia di riferimento. Certo, un’ORSA in piazza a cantare bella ciao insieme alla UIL (?) sarebbe stata consona alle aspettative, ma solo chi ha messo la faccia in quella trattativa domani può rivendicare ciò che ha firmato: tutele dei posti di lavoro, investimenti sulla produzione, garanzie per l’indotto, passaggi a full-time dei contratti part time, stabilizzazione dei precari e internalizzazione dei lavoratori in forza alle cooperative. Firmando sta roba De Luca ci ha superati a sinistra…

Dal confronto ne sono usciti vincenti i lavoratori, soprattutto quelli a rischio licenziamento.

Mariano Massaro

Un commento

  1. Nicolò D'Agostino 2 Novembre 2018 16:31

    “La classe operaia andrà in Paradiso… ma intanto deve andare al supermercato…”. Caro “Patri i Cuba” (Patri i Francia da manu manca), le acrobazie dialettiche non ti faranno sfuggire dalle responsabilità politiche che ti sei assunte. Non c’è da giustificarti con nessuno se la Tua coscienza e la Tua scienza hanno deciso di farlo: nessuno ti chiamerá traditore del popolo. Un buon sindacalista “la piazza” é un arma che viene dopo “il tavolo” e se il tavolo ha una saggia soluzione, “la piazza” riposa. Per quanto concerne padre Scalia… Lascia perdere… Lui, io e Te guardiamo al bisogno degli ultimi, Noi con le nostre Processioni, Tu con le Tue rivoluzioni (fuori dalla storia). Ciao… Accordo ben fatto.

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