Operazione Nemesi Ninetta, altre 4 condanne e un'assoluzione per traffico di droga

Operazione Nemesi Ninetta, altre 4 condanne e un’assoluzione per traffico di droga

Alessandra Serio

Operazione Nemesi Ninetta, altre 4 condanne e un’assoluzione per traffico di droga

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venerdì 08 Aprile 2016 - 17:36

Dai 6 ai 14 anni di carcere le condanne per gli esponenti di spicco del traffico di droga pesante gestita dal clan di Mangialupi, scoperto dal Reparto Operativo dei Carabinieri di Messina 10 anni fa.

A dieci anni di distanza dagli arresti, arriva a sentenza, se pur soltanto in primo grado, un'altra "storia" processuale scaturita dall'operazione Nemesi-Ninetta, la maxi indagine del Reparto Operativo dei Carabinieri sul più grosso traffico di droga di Messina.

Oggi pomeriggio la Prima Sezione Penale del Tribunale, (presidente Grasso) ha emesso 4 pesanti condanne e deciso una sola assoluzione totale. Alla sbarra, alcuni nomi di spicco di quello che viene considerato il clan in grado di tenere le redini di un fiorente giro di droga pesante, quello di Mangialupi, grazie ai contatti con altre realtà criminali sicialiane, calabresi e non soltanto.

La condanna più pesante, 14 anni di carcere, i giudici l'hanno emessa per Santo Caleca; poi 13 anni per Giuseppe Arena e Gennaro Ragosta, infine 6 anni per Antonino Merillo. Assolto dall'unica accusa contestatagli in questa trance processuale Francesco Fusco "per non aver commesso il fatto". Incassa assoluzioni parziali anche Santo Caleca, che però non evita la "tegolata".

La pubblica accusa aveva sollecitato condanne ancora più rigorose. Hanno difeso gli avvocati Salvatore Silvestro, Antonello Scordo, Carlo Autru, Tancredi Traclò.

l blitz scattò nel luglio del 2006 alla fine di una indagine che interessò ben 91 persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa e traffico di droga, acquistata per lo più reinvestendo i proventi delle rapine. Sette i gruppi criminali mappati dagli investigatori, che quando fecero scattare le manette sequestrarono oltre 15 chili di stupefacente. I rifornimenti avvenivano in Calabria, a Catania, Noto, Siracusa, Enna, Marsala, ma anche Napoli e Novara.

L’operazione venne chiamata “Ninetta” dal soprannome di Antonino Bonaffini, della omonima famiglia nota per l’impero costruito sui prodotti ittici, ai quali nel 2011 sequestrarono un patrimonio stimato in oltre 450 milioni di euro. L’inchiesta si è avvalsa delle dichiarazioni di 4 pentiti, tra cui i fratelli Carmela e Francesco Portogallo, che decisero di collaborare con la giustizia all’indomani dell’omicidio del meccanico Emanuele Burrascano, assassinato in via San Cosimo nel 2002.

(Alessandra Serio)

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