Il cinema di Cecilia Mangini: i documentari con Pasolini

Il cinema di Cecilia Mangini: i documentari con Pasolini

Lavinia Consolato

Il cinema di Cecilia Mangini: i documentari con Pasolini

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sabato 24 Ottobre 2015 - 06:34

“Senza Pasolini” ha ospitato una figura storica del documentarismo: Cecilia Mangini, che ci ha raccontato dei suoi lavori con Pier Paolo Pasolini e della sua filiazione “pasoliniana”. Il documentarismo va a concludere la giornata sul Pasolini etnografo, alla Sala Fasola

Cecilia Mangini, fotografa e documentarista, classe 1927, si è intrattenuta con la professoressa Alessia Cervini, che cura l’evento del “Senza Pasolini” insieme al professor Pierandrea Amato, in una discussione profonda e articolata sul suo lavoro di documentarismo che coinvolse Pier Paolo Pasolini, che pure certamente non era estraneo a questo settore.

Il documentarismo vanta antenati illustri, come Antonioni, e questo certamente ai tempi “non era un lavoro per signorine, allora mi comportavo come un ragazzo”. Quando, nel 1958, la Mangini filmò un gruppo di ragazzini romani che vagavano per le strade senza meta, chiese di avere la collaborazione di Pasolini: “Io non ero nessuno, avevo solo firmato qualche fotografia, nonostante tutto Pasolini ha accettato”, e questo portò ad un sodalizio che durò fino al 1962.

Il documentario in questione è “Ignoti alla città”, cortometraggio in Technicolor che fu censurato dal ministro Tambroni, per vendetta contro Pasolini, con l’accusa di istigazione all’immoralità, dal momento che tre di quei ragazzini commettono un furtarello. Con la sceneggiatura e regia di Cecilia, il commento di Pasolini corrisponde ad una traslazione documentaristica di “Ragazzi di vita”, e “chi avrebbe potuto, se non lui in persona” dare voce a quelle immagini, voce che certamente, spiega la Mangini è “un grande valore aggiunto”.

Il secondo doc è “Stendalì” (1959), il soggetto del quale è tratto da “Morte e pianto rituale” di Ernesto De Martino. Il corto è incentrato su un suggestivo canto sacro funebre delle donne del Salento, che usano un dialetto greco. Pasolini creò quel canto funebre tratto da diversi testi greci.

Il canto delle marane” (1962) è il terzo e ultimo corto, che vede di nuovo protagonisti dei ragazzini che fanno il bagno, inizialmente con scherzo, poi con grande malinconia: il bagno è un “momento ludico ma anche di protesta”, protesta contro il mondo, “ci era piaciuto farne dei ribelli, a Pasolini sarebbe piaciuto”. Il commento di Pasolini si associa alla bellissima musica di Egisto Macchi. Tale commento inoltre è stato tratto da una poesia della raccolta “La religione del mio tempo”. Questi documentari non sono testi di cinema, non esiste un vero testo: “se le immagini funzionano, il testo arriva”. Lo scopo non era documentare la realtà, il sodalizio Mangini-Pasolini non è neorealista, questi filmati sono ognuno “10 minuti di pura poesia, leggere Pasolini e anche la Mangini non attraverso la politica, ma attraverso la poesia”, spiega la Cervini.

Per concludere, una selezione (Taranto e Catania) da “Comizi d’amore ‘80” (1982), girato per la Rai, totalmente filiato da Pasolini, che nel 1965 aveva girato “Comizi d’amore”, proiettato nel pomeriggio sempre in Sala Fasola.

Lavinia Consolato

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