La comunità pro-Totò Riina di Facebook diventa un caso nazionale

La comunità pro-Totò Riina di Facebook diventa un caso nazionale

La comunità pro-Totò Riina di Facebook diventa un caso nazionale

mercoledì 07 Gennaio 2009 - 12:39

Il procuratore Antimafia Pietro Grasso lancia l'allarme: «Non escludo che dietro la creazione del gruppo ci possa essere la mano mafiosa». Ipotesi appoggiata anche dal senatore D'Alia

Quello della comunità creata su Facebook pro-Totò Riina e in merito al quale, proprio qualche giorno fa, si è espresso anche il senatore D’Alia, ha assunto le proporzioni di un vero e proprio caso nazionale. Prende sempre più piede, infatti, la tesi, sostenuto anche dal procuratore Antimafia Pietro Grasso, secondo cui il gruppo creato sul social network più in voga del momento non sia altro che il frutto di infiltrazioni mafiose giunte persino sul web.

Un’ipotesi da molti condivisa e su cui Grasso ha tutte le intenzione di andare a fondoattraverso l’apertura di un’inchiesta giudiziaria. Un’affermazione probabilmente destinata a dividere mondo politico e società civile sull’effettiva possibilità di riuscire, attraverso mezzi giudiziari, a tenere a bada un mezzo difficilmente domabile come quello del web e di tutti i “fenomeni- ad esso collegati.

Tra i politici a parlare in favore della proposta di Grasso, c’è anche lo stesso D’Alia che dopo aver invitato tutti i colleghi a cancellare la propria iscrizione da Facebook qualora i responsabili del social-network non avessero provveduto all’eliminazione della comunità-Riina, dichiara di condividere a pieno l’allarme lanciato dal procuratore: «Condividiamo la posizione del procuratore Antimafia sul rischio concreto di una ‘regia’ mafiosa dietro la presenza su Facebook di gruppi che inneggiano a Riina e agli altri boss. Ci auguriamo che anche altri esponenti politici prendano posizione sulla vicenda, sostenendo le nostre prossime iniziative parlamentari. Bisogna impedire le infiltrazioni mafiose e criminali sulla rete, costringendo i gestori di Facebook a ripulire il ‘social network’ da chi esalta e si mette, non solo virtualmente, a disposizione dei boss mafiosi».

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