2012: riflettori della Procura accesi sulla formazione professionale

2012: riflettori della Procura accesi sulla formazione professionale

Redazione

2012: riflettori della Procura accesi sulla formazione professionale

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lunedì 31 Dicembre 2012 - 16:02

Fra le numerose inchieste del 2012 spicca quella che ha acceso i riflettori sul mondo della formazione professionale. Le indagini avviate dalla Procura sull'Ancol hanno spinto anche il governatore Crocetta a prendere posizione sulla gestione di un settore che ha gestito decine di milioni di euro.

Il 2012 è l’anno delle numerose inchieste giudiziarie che in tutta la Sicilia hanno investito il settore della formazione professionale. Una bufera che ha portato il neo governatore della Sicilia, subito dopo il suo insediamento, a licenziare il Direttore Generale del dipartimento della formazione professionale della Regione, Ludovico Albert. Anche la Procura di Messina accende i riflettori su questo vasto territorio di caccia per molti esponenti politici. A novembre il sostituto procuratore Camillo Falvo invia un avviso di conclusione delle indagini all’ex assessore comunale alla Viabilità, Melino Capone nella sua qualità di ex commissario regionale dell’Ancol. Secondo l’accusa l’Associazione Nazionale delle Comunità di Lavoro, avrebbe percepito indebitamente 13 milioni e 600mila euro dalla Regione Siciliana dal 2006 al 2011. L’Ancol Sicilia è una onlus senza scopo di lucro ma in questi anni sono stati assunti familiari di noti politici messinesi e siciliani. Nel provvedimento firmato dal sostituto procuratore Falvo viene ipotizzato per Capone il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Nell’Ancol erano stati assunti i genitori di Capone, il fratello, la cognata e tre cugini. Indagate anche due funzionarie della Regione che avrebbero coperto Capone. E a proposito di illustri politici siciliani a luglio arriva il rinvio a giudizio per l’ex deputato regionale Cateno De Luca, oggi sindaco di S.Teresa di Riva e per altre 117 persone. Si tratta dell’inchiesta sul sacco edilizio di Fiumedinisi nella quale il leader del movimento “Sicilia Vera” era stato arrestato nel giugno dell’anno scorso. Il rinvio a giudizio, disposto dal gup Massimiliano Micali, raggiunge anche Tindaro De Luca, fratello dell’ex deputato. Al centro dell’inchiesta i lavori per la costruzione a Fiumedinisi di un albergo con annesso centro benessere della società “Dioniso srl”, l’edificazione di 16 villette da parte della coop “Mabel”, e la realizzazione di muri di contenimento del torrente Fiumedinisi. Secondo l’accusa gli indagati avrebbero agevolato l’ex sindaco del comune ionico, De Luca, mediante l’approvazione della variante al Prg, per la realizzazione dell’albergo di contrada Vecchio con i finanziamenti per la messa in sicurezza del torrente e del “Contratto di Quartiere II”. Un altro rinvio a giudizio eccellente è quello che il 17 maggio raggiunge l’on Sebastiano Santarello con l’accusa di concussione. Il provvedimento scaturisce dall’inchiesta sulle tangenti pagate per anni dall’Aias di Barcellona. Secondo l’accusa Santarello avrebbe intascato nell’arco di sei anni circa un miliardo di lire, oltre al pagamento dell’affitto di un appartamento e mille euro al mese. Ad accusarlo l’ex presidente dell’Aias di Barcellona, Luigi La Rosa. Raccontò che l’Aias pagava tangenti per ottenere dalla Regione i rimborsi per le prestazioni sanitarie erogate, sfruttando gli strettissimi rapporti che intercorrevano fra il vicepresidente dell’Aias, Messina e Santarello. Ma anche a seguito di queste elargizioni la sezione Aias di Barcellona nel 2010, in pieno dissesto finanziario, finì commissariata. Una fine che ebbe gravi conseguenze per i disabili e per le loro famiglie. A ottobre esplode il caso Bruzzano. L’ex commissario capo della Polizia Municipale, Aldo Bruzzano viene arrestato e finisce ai domiciliari per una lunga serie di reato che vanno dalla ricettazione, al falso, peculato ed omessa denuncia del pubblico ufficiale. Con Bruzzano la Procura indaga altre otto persone fra le quali il figlio Giuseppe ed altri tre Vigili urbani in servizio alla sezione Tutela del territorio, la stessa comandata da Bruzzano. L’ex commissario capo è accusato di alcuni reati commessi nella sua qualità di pubblico ufficiale ma anche di ricettazione di alcuni oggetti d’oro che sarebbero stati acquistati dalla società di compro oro “Carpe Diem srl”.
E mentre l’inchiesta sul caso Bruzzano è ancora agli inizi nelle aule di giustizia procede quella sulla gestione dell’Atm. A maggio il gup Maria Vermiglio rinvia a giudizio il direttore generale dell’azienda, Claudio Conte ed altre cinque persone che erano state arrestate con lui. L’inchiesta della Procura ipotizzava truffa ai danni della Regione e dell’Agenzia delle Dogane, «indotte», a fornire all’Azienda trasporti maggiori contributi pubblici, attraverso la presentazione di false attestazioni sui chilometri effettuati dagli autobus a Messina, aumentandoli rispetto a quelli effettivamente percorsi. E sempre a proposito di enti o aziende pubbliche a dicembre desta scalpore l’inchiesta sull’assenteismo all’IACP. Inizialmente la Guardia di Finanza arresta quattro persone (per una il provvedimento è annullato), 56 hanno l’obbligo di firma nella caserma dei carabinieri, 23 vengono denunciate a piede libero. Grazie ad una telecamera nascosta si scopre che molti dipendenti non si recano al lavoro e si fanno timbrare il badge da colleghi compiacenti, altri escono durante l’orario di lavoro per andare al bar o fare la spesa, altri ancora non rientrano in ufficio dopo la pausa pranzo. 81 dipendenti su 95 finiscono indagati nell’inchiesta del sostituto procuratore Carchietti, qualcuno è accusato di aver accumulato anche 90 ore di assenza in un mese. E in tema di soldi pubblici va citata un’altra inchiesta del sostituto procuratore Falvo. E’ quella che vede indagato il presidente di Confindustria Messina, Ivo Blandino, e gli imprenditori messinesi Antonino e Giacomo Giordano. Questi ultimi sono accusati di aver acquistato lo yacht di lusso “Cinzia” utilizzando un finanziamento regionale di oltre mezzo milione di euro. Con quei soldi Antonino Giordano, amministratore della società Blue Dream srl, avrebbe dovuto acquistate 24 imbarcazioni da destinare a noleggio e che avrebbero dovuto attraccare nel porto di Terrasini. Secondo l’accusa, invece, avrebbe comprato lo yacht “Cinzia” utilizzandolo a fini personali. Per ottenere il finanziamento avrebbe dovuto far risultare come porto d’ormeggio quello di Messina mentre in realtà lo yacht era attraccato a Milazzo. Secondo l’accusa Blandina, amministratore della Comet srl la società che gestisce la Marina del Nettuno, avrebbe stipulato con Giordano un falso contratto del posto barca nel porticciolo turistico messinese per la durata di 5 anni.
Fra le tante sentenze che hanno fatto scalpore nel 2012 ne scegliamo solo alcune. Come non ricordare l’orrore destato da quel manovale 22enne di Spadafora che si appartava in auto con la nipotine di otto anni e la toccava nelle parti intime. Un orrore che il gup Maria Teresa Arena ha punito con una condanna ad otto anni di reclusione. L’uomo era stato arrestato nel maggio scorso dopo che la bambina raccontò alla mamma di quelle strane abitudini dello zio. Il 19 luglio patteggia due anni di reclusione Letterina Audina la 62enne insegnante della scuola elementare Luigi Boer, accusata di picchiare gli alunni. Ad incastrarla una telecamera nascosta installata dalla Polizia. Le immagini documentano momenti in cui la maestra schiaffeggia e spintona alcuni bambini, altri sono costretti a restare a lungo in piedi, altri ancora vengono presi per le orecchie o per i capelli. A far scattare le indagini la denuncia di alcuni genitori. Ed a novembre l’ex vicepresidente del FC Messina, Vincenzo Franza viene condannato ad un anno di reclusione dai giudici della Corte d’Appello per abuso d’ufficio. Si tratta della vicenda giudiziaria relativa alla convenzione stipulata fra Comune e FC Messina per lo sfruttamento commerciale degli stadi San Filippo e Celeste. L’accordo, secondo l’accusa, sarebbe stato siglato senza tenere conto delle norme che richiedono l’evidenza pubblica.
Il 28 marzo la Corte d’Assise d’appello di Reggio Calabria infligge la condanna a 18 anni e 8 mesi a Rosario Floramo. L’operaio il 7 ottobre 2007 uccise a Falcone con una fucilata il calciatore dilettante 25enne Stefano Salmeri. Un delitto assurdo che Floramo motivò con alcuni atteggiamenti di Salmeri che lo avrebbe più volte schernito in pubblico. Ma erano solo farneticazioni. I giudici di secondo grado hanno riconosciuto all’operaio di Falcone la seminfermità mentale.
Una condanna a 3 anni e 4 mesi viene inflitta il 23 novembre all’ex fisioterapista del Centro Neurolesi, il calabrese Stefano Violi. L’uomo era stato arrestato nel luglio scorso nell’ambito dell’inchiesta condotta dal sostituto procuratore della DDA Giuseppe Verzera. Violi nel 2006 avrebbe favorito la latitanza del boss della ‘Ndrangheta Francesco Pelle. Il padrino, ferito in un agguato mentre era latitante, fu ricoverato al centro neurolesi sotto falso nome. Fu proprio Violi, durante questi sette mesi, ad accudirlo e a tenere i contatti con i suoi familiari. Per questa vicenda il fisioterapista era stato arrestato nel luglio scorso. Il 25 ottobre è una data importante nella impari lotta alla immigrazione clandestina o meglio alla tratta di esseri umani. L’anno scorso era scattata l’operazione Rais che aveva smantellato un’organizzazione internazionale che faceva arrivare in Italia migliaia di disperati dall’Africa e dall’Asia. Ora uno degli artefici di quel traffico di essere umani, l’egiziano Salid Osman Gabir viene condannato a 20 anni di reclusione, due anni vengono inflitti alla figlia Redi. Altri nove mercanti d’uomini vengono rinviati a giudizio. Sono boss, scafisti e fiancheggiatori. Gravissime le ipotesi di reato contestate: associazione a delinquere e sequestro di persona a scopo di estorsione.
Nella lotta alla criminalità organizzata locale sono numerosi i sequestri di beni, in linea con la politica adottata dal procuratore capo Guido Lo Forte di aggressione ai patrimoni mafiosi. Sequestri che a poco a poco si trasformano in confisca. Nel 2012 sono tornati allo Stato beni per 25 milioni di euro appartenuti all’imprenditore edile milazzese Vincenzo Pergolizzi. Erano stati sequestrati nel 2010. Pergolizzi è ritenuto dagli inquirenti vicino alle famiglie mafiose dei Cappello di Catania e dei Foti di Barcellona. Si tratta della più cospicua confisca di beni mai eseguita in provincia di Messina.

Un commento

  1. giovanni salvatore 1 Gennaio 2013 09:50

    URGE COSTRUIRE A MESSINA TANTI INCENERITORI IN QUANTO C’E’ TROPPA SPAZZATURA POLITICA IN CIRCOLAZIONE.

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